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Perché Farmindustria chiede di archiviare i tagli lineari

Una produzione del valore di 28 miliardi di euro, la creazione di 5mila posti di lavoro altamente qualificati nell’ultimo anno, un programma di investimenti per 1,5 miliardi fino al 2017.

L’intesa Stato-Regioni

Nel giorno in cui il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin ha raggiunto l’accordo con le Regioni per la ripartizione dei tagli per 2,35 miliardi al Fondo salute, le imprese dei farmaci si confermano comparto economico di eccellenza e volano di sviluppo per intere aree del nostro paese.

E ribadiscono, nel corso dell’Assemblea pubblica di Farmindustria tenuta ieri presso il Teatro Argentina di Roma, la loro ferma avversione nei confronti di un ritorno alla logica dei tagli lineari. Ritenuta nociva per il rispetto dello stesso Patto per la Salute.

(CHI C’ERA ALL’ASSEMBLEA DI FARMINDUSTRIA. LE FOTO DI UMBERTO PIZZI)

Cifre eloquenti

La ragione delle loro tesi è nel panorama disegnato da una ricerca sulla competitività delle aziende farmaceutiche italiane realizzata dalla Fondazione Edison. Il cui vice-presidente Marco Fortis, professore di Economia industriale e Commercio estero all’Università Cattolica di Milano, ricorda come a fronte di tante carenze burocratiche, giuridiche, energetiche, infrastrutturali il nostro paese presenti performance lusinghiere in molteplici settori: “Leader europeo nell’agricoltura e nelle fonti rinnovabili, è secondo alla Germania nel manifatturiero e alla Spagna per pernottamenti di turisti”.

Ma è nel mondo dell’industria farmaceutica, rileva lo studioso, che l’Italia può acquisire la leadership nell’Ue grazie ai 28 miliardi di euro di produzione e a una capacità formidabile di attrarre investimenti stranieri creando un circuito produttivo e scientifico virtuoso. Con riflessi positivi nell’indotto come nel terreno del confezionamento e dell’imballaggio.

Il risultato, evidenzia Fortis, è un incremento notevole delle esportazioni: 8 miliardi di euro registrati nel 2014 oltre a un valore aggiunto pari a 5 miliardi. E un tasso di produttività per lavoratore superiore a comparti come la meccanica, il calzaturiero, l’industria del mobile, la fabbricazione di pneumatici e gomma.

“Il merito del Job Act”

Rieletto presidente di Farmindustria per la terza volta, Massimo Scaccabarozzi ricorda che negli ultimi 12 mesi l’imprenditoria farmaceutica ha creato 5mila nuovi posti di lavoro di cui 2mila under 30. Tutti con un’elevata qualificazione, oltre che radicati nelle regioni ad alta presenza e densità di insediamenti produttivi e scientifici.

Un fenomeno, spiega il manager, favorito dalla flessibilità nel terreno occupazionale introdotta dalle riforme del governo Renzi: “E che potrà essere rafforzato dagli 1,5 miliardi di investimenti previsti nel triennio 2014-2017”.

Risorse rilevanti, legate tuttavia a una cornice di regole stabili e a politiche lungimiranti, specie nel comparto dei medicinali di avanguardia come nelle terapie bioetiche. Misure, prosegue il leader di Farmindustria, alternative ai tagli lineari di corto respiro praticati nel passato.

(MINISTRI, MANAGER E MILITARI. TUTTI I VOLTI DELL’ASSEMBLEA DI FARMINDUSTRIA)

“Non è vero che l’Italia spende troppo per i farmaci”

Perché l’Italia possa assumere il primato europeo in un terreno high-tech per eccellenza, Scaccabarozzi auspica che nella Legge di stabilità venga mantenuto il Fondo per i farmaci innovativi condiviso tra Stato e Regioni.

E chiede “scelte coraggiose” nell’autorizzazione dei farmaci innovativi (oggi i ritardi in media sono di 214 giorni rispetto alla media Ue), nel superamento dello “spread sociale e sanitario” fra i territori del nostro paese, nelle garanzie legislative adeguate per la protezione dei brevetti in campo medico.

A chi invoca l’adozione di costi standard nel comparto sanità, il rappresentante di Farmindustria replica infine che la spesa pubblica per l’acquisto di medicinali in Italia è nettamente inferiore rispetto alla media Ue – “un’assistenza farmaceutica di 271 euro annui per abitante” – oltre che la più controllata dalle autorità.

La centralità dell’impresa

Riconoscere e valorizzare un’eccellenza economica e scientifica come l’industria farmaceutica, precisa il responsabile del Welfare Giuliano Poletti, richiede un cambiamento di cultura. L’impresa, osserva, deve essere vista come il luogo ideale per la creazione di lavoro, legata all’organizzazione e agli investimenti in attività produttive: “Anche riconoscendo la legittimità del fallimento e degli errori connessi al rischio, anziché etichettarli con un marchio di infamia”.

Allo stesso modo, evidenzia l’esponente dell’esecutivo, le aziende del farmaco meritano di essere ritenute un’industria che interviene per la tutela della salute dei cittadini e non che specula sulla loro pelle. È in tale ottica, aggiunge, che il governo ha promosso una riforma del lavoro “per superare le forme di precarietà diffuse e rendere il contratto a tempo indeterminato il meno costoso e il più conveniente di tutti i rapporti professionali”.

Le promesse del governo

È per questa ragione – afferma l’ex numero uno della galassia cooperativa – rivedere e snellire il meccanismo di licenze e autorizzazioni per le imprese: “Elemento ben diverso rispetto ai giusti controlli per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro”.

L’ultimo impegno preso dal governo anche nei confronti delle aziende farmaceutiche è “promuovere una rilevante riduzione della pressione fiscale responsabilizzando le istituzioni nazionali e locali per una gestione responsabile dei conti pubblici”.

(ECCO CHI HA VISTO UMBERTO PIZZI ALL’ASSEMBLEA DI FARMINDUSTRIA. TUTTE LE FOTO)

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