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Perché Atac è fallita da anni

E se Atac fosse virtualmnete fallita da anni? Domanda più che legittima nei caldi giorni di fine luglio, quando si parla della municipalizzata dei trasporti a un passo dal fallimento, anzi, con i libri contabili già pronti per il tribunale. I cittadini romani non sono certo cascati dal pero leggendo in questi giorni dei disastri dell’azienda il cui cda è stato azzerato – al momento a parole – dal sindaco Ignazio Marino, che ha fatto mea culpa per la disastrosa estate del trasporto a Roma. Ma forse nessuno pensava davvero che Atac potesse accumulare la bellezza di oltre 800 milioni di perdite negli ultimi cinque esercizi, a fronte di contributi municipali per circa 3 miliardi di euro. Errore, qualcuno i conti in tasca all’Atac, affossata tra le altre cose da oltre mezzo miliardo di spesa solo per il personale (11.900 dipendenti, più di Alitalia) li aveva fatti per davvero, snocciolando i numeri impietosi di un disastro senza precedenti per l’amministrazione capitolina.

LO STUDIO DI ARRIGO E GIURICIN

Poco più di un anno fa, due ricercatori dell’Istituto Bruno Leoni, Ugo Arrigo e Andrea Giuricin, hanno pubblicato uno studio che circoscrive le cause del disastro, constatando che, a conti fatti, Atac in tutti questi anni è stata afflitta da problemi di inefficienza cronici che hanno vanificato le iniezioni di liquidità, vale a dire i soldi dei contribuenti, susseguitesi ogni volta che Atac chiudeva in rosso. In altre parole, un’azienda fallita già in partenza. Il tutto ruota intorno al costo generato da ogni vettura Atac (circa 3.638 mezzi) per percorrere un chilometro. Ebbene, in Atac ogni chilometro costa 7,3 euro contro i 2,4 spesi dai mezzi pubblici inglesi. Ancora, far percorrere un chilometro ad un autobus a Roma costa quattro volte quanto speso in Svezia, Stoccolma per la precisione. Ma volendo mettere il dito nella piaga, basti pensare che nelle periferie di Roma c’è un consorzio, Roma Tpl, che gestisce alcune linee, vinte a gara nel 2010. Ebbene, qual è il costo per chiometro? 4,5 euro, quasi 3 euro meno di Atac. E pensare che, stando ai calcoli degli esperti del Bruno Leoni, se i costi Atac fossero pari ai costi inglesi il risparmio per Comune e cittadini sarebbero addirittura di 796 milioni di euro. “Di fatto”, conclude lo studio, “i romani non solo potrebbero viaggiare gratis con un’efficienza inglese, ma addirittura la tassazione locale (dall’IMU all’addizionale IRPEF) vedrebbe una riduzione di circa 550 milioni di euro”. Insomma, stando così le cose, è abbastanza chiaro che si possono sborsare tutti i quattrini che si vuole, ma dinnanzi a costi per chilometro talmente fuori dalla norma, tutto risulta vano.

I NUMERI (IN HOUSE) DEL DISASTRO

Ma i numeri del disastro non si fermano qui. In questi giorni su Facebook circola una tabella pubblicata da un gruppo denominato #commissariamoatac, con numeri davvero da pelle d’oca. La tara è d’obbligo ma è bene studiarli. Tra giugno e luglio 2015 si è registrato un aumento del 200% dei guasti con ripercussioni devastanti su tutte le corse e il 40% dei veicoi fermi al deposito. Ancora, dal 2009 al 2015 si sono contati 520 scioperi. Rimanendo nel campo della rete, poi, la vicenda acquista un tono ancora più surreale. Un video diventato subito virale ha per protagonista un autista Atac che spiega il vero motivo – secondo lui – degli scioperi bianchi che hanno mandato in questi giorni i romani su tutte le furie a  suon di corse saltate. Non la colpa degli autisti, bensì dei pezzi di ricambio che mancano e che costringono l’Atac a tenere i mezzi nelle rimesse. L’azienda è in pratica a corto di pezzi di ricambio, così gli autobus sono fermi nei depositi. In un recente articolo del Corriere della Sera poi, si sconfina quasi nella fantascienza. Su 2.300 autobus ad oggi disponibili ce ne sono 600 letteralmente inservibili. E i meccanici? Dove sono? Non si sa, ma quello che è certo è che, sempre secondo il Corriere, gli interventi dei pochi meccanici di piazza sulle vetture rotte hanno una percentuale di successo del 55,1%. E solo da alcuni giorni le officine Atac lavorano nel pomeriggio e non solo la mattina.

SOLUZIONI?

Le strade per uscire dal pantano sono a questo punto due. Da una parte la privatizzazione, con l’ingresso di privati con una quota tra i 40 e il 50%. Dall’altra, soluzione meno praticabile ma suggerita dal Bruno Leoni, la messa a gara del trasporto pubblico romano. Delle due l’una. Intanto però Atac rimane un serbatoio bucato, che si riempie coi (nostri) soldi e si svuota di continuo. Nel frattempo forse i libri in tribunale non saranno portati, visto che la Regione Lazio è venuta in soccorso del Comune, come ha spiegato lo stesso sindaco Marino silurando mediaticamente i vertici Atac e l’ex assessore ai Trasporti, Guido Improta. Al prossimo allarme “falimento”.

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