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Ecco perché il Brasile vuole rottamare Dilma Rousseff

Il Brasile non è più l’economia emergente di una volta. Secondo la Banca Centrale brasiliana, il Pil non solo soffrirà una riduzione questo anno (2%), ma la recessione si manterrà anche durante il 2016, con una caduta dello 0,15%. Il rapporto dell’istituto centrale si basa sulle prospettive di investimento privato. Molte imprese di consulenza hanno rivisto i propri affari in Brasile a causa dell’instabilità politica, che tra scandali di corruzione e scontento sociale fa traballare il governo di Dilma Rousseff come mai era accaduto. Se a ottobre del 2014 aveva vinto le elezioni con più del 54% dei voti, oggi non arriva all’9% di consenso.

ECONOMIA (NON PIÙ) EMERGENTE 

Gli obiettivi fiscali del 2015-2016 non saranno raggiunti perché esiste un ambiente di sfiducia nel settore imprenditoriale. Inoltre, l’inflazione arriverà al 9,32% nel 2015 e i prezzi aumenteranno del 5,44%. La disoccupazione continua la sua ascesa (questa è la sesta consecutiva negli ultimi tre anni) e a giugno è arrivata al 6,9%.

LE CAUSE

Ma due fenomeni hanno colpito durante l’economia brasiliana e, di conseguenza, il governo. In un post pubblicato sul Sole 24 Ore, Francesco Lenzi ha individuati le cause: “Il ribasso generalizzato dei prezzi delle materie prime legato al rallentamento dell’economia cinese e la fine del Quantitive Easing statunitense (attraverso il cosiddetto tapering)”. “Il primo fenomeno  – spiega – va a influenzare direttamente la bilancia dei pagamenti, basti pensare che ferro, soia e petrolio rappresentano da soli un terzo dell’export del Brasile”. Il secondo fenomeno, invece, tocca le aspettative di tassi e i flussi finanziari a livello globale, “nel senso che diventa più complicato sfruttare gli enormi flussi finanziari in uscita dai Paesi sviluppati per sostenere il deficit di partite correnti, che nell’ultimo anno ha superato i 100 miliardi di dollari, oltre il 4% del Pil”.

LE PROTESTE

A poco meno di un anno dalla vittoria delle elezioni presidenziali per il secondo mandato, Dilma Rousseff è costretta a fare i conti con i suoi errori e lo scontento del Brasile. Circa un milione di brasiliani hanno protestato due giorni in 250 città di 25 stati. Si tratta della terza grande manifestazione del 2015.

I SONDAGGI

Quella di due giorni fa però non ha raggiunto le dimensioni della prima protesta del 15 marzo: due milioni di manifestanti. La seconda manifestazione è stata il 12 aprile con circa 700mila persone.

Secondo gli ultimi sondaggi, il 71% crede che la sua gestione di governo sia sbagliata o molto sbagliata e il 66% è d’accordo con un impeachment al Congresso. Gli scandali di corruzione all’interno della petrolifera statale Petrobras e la profonda crisi economica nel Paese aumentano le tensioni e le polemiche.

I MOVIMENTI SOCIALI

Comunque, il Brasile sembra volere un processo contro Rousseff, accusata di essere la responsabile della corruzione e della recessione economica. La maggior parte dei manifestanti appartengono alla classe media, molto colpita dalla crisi economica. Le reti sociali che hanno convocato la protesta sono Vem Pra Rua, Revoltados Online e Movimiento Brasil Livre.

L’INCHIESTA

Nonostante si chieda il processo per corruzione di molti membri del governo, nessun riferimento è stato fatto al presidente della Camera, Eduardo Cunha, che si sospetta abbia ricevuto tangenti per cinque milioni di dollari da parte dei fornitori di Petrobras.

È stato ringraziato, invece, il giudice Sergio Moro, incaricato dei casi di corruzione a Petrobras. La sua inchiesta ha portato in prigione diversi ex dirigenti della petrolifera, tra cui l’ex tesoriere del Partito dei Lavoratori, João Vaccari Neto.

LE ALTERNATIVE

Il senatore Aécio Neves (qui il ritratto di Formiche.net), alla guida del Partito della Socialdemocrazia Brasiliana, aveva convinto i mercati internazionali ma non l’elettorato, perdendo con poco margine, il più basso della storia, contro Rousseff lo scorso ottobre.

“Il Brasile troverà il suo cammino grazie alla forza della sua gente, grazie alle manifestazioni in tutto il paese. Non importa la misura della protesta perché l’indignazione oggi è enorme, maggiore che all’epoca delle elezioni. Il Brasile è più forte di tutto. Non so come fare il governo per superare queste proteste”, ha detto Neves.

LA STRATEGIA

Rousseff ha seguito da casa le proteste. Nella sua residenza al Palazzo della Alvorada ha incontrato sabato l’ex presidente Luiz Ignacio Lula Da Silva, il vicepresidente Aloizio Mercadante e il ministro di Comunicazione, Edinho Silva, il ministro di Difesa, Jaques Wagner e il ministro di Giustizia, Eduardo Cardozo. Insieme hanno valutato la rilevanza dell’evento per definire i prossimi passi da fare.

Ma secondo alcune indiscrezioni della stampa, l’ex presidente Lula Da Silva era stato chiaro: Dilma deve viaggiare di più per il Brasile, abbandonare la zona di confort di Brasilia e riconquistare il consenso della popolazione. Ha la possibilità di farlo finché non sarà ufficiale un processo giudiziario contro di lei.

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