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“Guadagno 2.600 euro al mese”. Parla Rocco Palombella, leader della Uilm

La vicenda del Colosseo, gli scioperi selvaggi, i rapporti con la politica. Formiche.net ha intervistato Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, il sindacato di categoria della Uil che rappresenta i lavoratori metalmeccanici.

Una conversazione sui problemi e le sfide che attendono il mondo sindacale. A cominciare dall’ultima polemica sugli stipendi dei sindacalisti che, in alcuni casi, si sono persino rifiutati di svelare la loro retribuzione.

Il Corriere della Sera ne ha parlato domenica con un articolo di Aldo Grasso. Tra i leader sindacali c’è chi ha detto pubblicamente il suo stipendio (Susanna Camusso della Cgil) e chi invece no (Carmelo Barbagallo della Uil). Lei quanto guadagna?

Non ho nessun problema a dirlo, anzi. Guadagno circa 2600 euro al mese. Se qualcuno percepisce uno stipendio esagerato, è giusto che venga richiamato all’ordine. I sindacalisti devono avere una retribuzione equa come qualsiasi altro lavoratore.

Per il sindacato è un periodo travagliato, specie dopo quanto accaduto al Colosseo. Da sindacalista come giudica quell’assemblea dei lavoratori che ha fatto finire l’Italia sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo?

Ritengo che episodi come quello del Colosseo indeboliscano ulteriormente e mettano in cattiva luce il sindacato in generale. Si tratta di un fatto grave. E comunque, in casi del genere, le istituzioni competenti dovrebbero intervenire preventivamente per colmare il vuoto che si viene a creare.

Se una cosa del genere fosse accaduta nel privato, cosa sarebbe successo?

Ci sarebbero state ripercussioni molto serie. Ci sono regole e tempi da rispettare per organizzare un’assemblea. Nell’ultimo accordo che abbiamo fatto con Fiat, abbiamo previsto una sorta di autoregolamentazione sindacale che limita l’insorgere di un conflitto senza le dovute cautele. Questo non significa mettere in discussione il diritto di sciopero ma disciplinarlo nell’interesse di tutti. Lo sciopero non può essere l’obiettivo dell’azione sindacale. Non è uno strumento da utilizzare a prescindere.

Tornando al Colosseo, è giusta secondo lei la scelta del governo di far rientrare i beni culturali nei servizi pubblici essenziali?

Per me è giusto. La cultura è un elemento fondamentale per l’Italia dal punto di vista economico e dell’immagine internazionale. Penso che una regolamentazione del genere sia un fatto positivo.

In questa fase sono sempre più frequenti gli attacchi al sindacato, spesso definito come un fattore di arretratezza del Paese. Vi sentite sotto attacco?

In Italia c’è un problema centrale: il fatto di essere in ritardo su alcune riforme strategiche. Per di più, molte questioni cruciali continuano a non essere affrontate. E in un contesto del genere si cerca qualcuno a cui addossare la responsabilità. Una logica che troppo spesso porta a scaricare le colpe su di noi. Attaccare il sindacato ormai è diventato uno sport nazionale.

Fatti come quelli del Colosseo però non aiutano. Voi per garantire trasparenza nell’esercizio delle forme di protesta sindacale avete lanciato l’idea di un referendum preventivo agli scioperi da farsi tra i lavoratori. Può funzionare?

C’è necessità di democrazia anche nel mondo sindacale. Quando ci sono delle iniziative da intraprendere – come nel caso dello sciopero – è giusto che i lavoratori si esprimano a maggioranza. Ciò non vuol dire ledere l’autonomia sindacale. E’ importante ottenere il consenso preventivo dei lavoratori che devono potersi esprimere.

A proposito di credibilità, il sindacato è danneggiato dalla contiguità che spesso si registra con la politica? Maurizio Landini ne è un esempio evidente.

Il sindacato è più forte e rappresentativo nel momento in cui si tiene distante dalla politica e soprattutto dai partiti. Se invece si fa coinvolgere da questa o quella forza politica, perde la sua autonomia e la sua credibilità. Maurizio Landini purtroppo ha innescato un processo molto equivoco anche con la creazione di movimenti politici. Ciò, inevitabilmente, ha avuto ripercussioni sull’affidabilità del sindacato in generale, sui rapporti tra noi e su quelli con i lavoratori e le controparti. Chi fa il sindacalista non può fare politica.

Parliamo del rinnovo del contratto collettivo dei metalmeccanici in scadenza a fine anno. A che punto siamo?

Stiamo completando le assemblee e contiamo all’inizio di ottobre di presentare la nostra piattaforma a Federmeccanica. E’ una piattaforma fatta solo da due organizzazioni perché purtroppo la Fiom se ne è tirata fuori un’altra volta. E’ importante arrivare al rinnovo del contratto di questa categoria che comprende un milione e settecentomila lavoratori dipendenti. Sarebbe un segnale positivo da dare al Paese anche in termini di crescita e di fiducia.

Il governo sta cercando di mediare per arrivare al rinnovo del contratto oppure ne sta rimanendo fuori?

Il governo per il momento sta a guardare. Qualche puntatina però c’è stata: ha fatto trapelare che, in caso di mancato accordo tra le parti, sarebbe pronto a formulare per legge la modifica dei sistemi contrattuali. Questo però sarebbe un errore. Bisogna lasciare alle parti l’autonomia di rinnovare il contratto come ritengono più opportuno.

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