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Banca Marche, Etruria & Co. Verità e bugie sul salvataggio

Alla fine, il governo italiano ha rotto gli indugi, soprattutto i propri, ed ha legiferato sul salvataggio di quattro banche minori per dimensione ma enormi per il colpo inflitto al sistema. L’intervento di ieri era anche l’unico possibile, e segna la capitolazione del nostro paese alla realtà.

Quindi, anche per esigenze di semplificazione, facciamoci delle domande e diamoci delle risposte.

È una vergogna, hanno salvato i banchieri!
Veramente no, visto che i vertici delle quattro banche sono stati -ovviamente- rimossi da tempo. Semmai il problema è se ci saranno azioni di responsabilità contro di loro, ove se ne accertasse la fondatezza, in un paese che non conosce questa pratica anche a causa dei ricatti incrociati che impediscono di perseguire i banchieri incapaci. Ma questo problema prescinde dall’intervento deliberato ieri.

E gli azionisti? Li hanno salvati?
Anche no, loro sono stati spazzati via, come gli obbligazionisti subordinati, che subiranno il bail-inattraverso decurtazione del valore dei loro bond. E peraltro molti di loro sono piccoli risparmiatori, che nulla sapevano del concetto di subordinato bancario, e che magari hanno comprato queste obbligazioni su “suggerimento” delle banche stesse. Ma anche questo è altro discorso, purtroppo.

Ma non c’erano davvero alternative?
Ah certo: c’era come alternativa che il bail-in si spingesse sino ai depositi oltre i 100.000 euro e magari anche a quelli sotto quella cifra. Uno scenario ben peggiore di quello cipriota del 2013. Pensa ai depositi aziendali: imprese senza più liquidità, che saltano un minuto dopo, con tutto quello che ne consegue.

Insomma, va tutto bene, quindi?
Ma non diciamo sciocchezze! Nulla va bene: se quattro banche minori, dal peso risibile sul sistema, finiranno con l’assorbire anni di risorse, c’è di che star svegli la notte. Ma queste sono le “sorprese” di un paese che trascina i piedi sino ad un minuto prima della catastrofe, perché occorre salvaguardare le bande di predatori (o di incapaci cooptati) che stanno nella stanza dei bottoni.

Ma le altre banche italiane, pagheranno qualcosa?
Si, giusto “qualcosa”. Ad esempio, Intesa Sanpaolo, la prima ad aver indicato l’entità dell’onere che andrà a sostenere, ha stimato un impatto sul proprio bilancio pari a 475 milioni di euro.

Però è nata una bad bank, magari può servire da modello per tutte le altre banche italiane…
Ah certo, come no. Infatti le sofferenze delle quattro banche sono state girate alle bad bank in media al 17,6% del valore facciale. Questo sarà pure un diktat di Bruxelles, ma dà la misura del presumibile valore di realizzo delle sofferenze. Con buona pace di chi vede “fallimenti di mercato” perché non riesce a vendere le proprie sofferenze a 35-40% del valore nominale. Certo, se i gestori della nuova bad bank saranno bravi, magari quel 17% diverrà qualcosa in più, non poniamo limiti alla divina provvidenza.

Quindi non è colpa di Bruxelles, o dei tedeschi, o degli alieni?
Temo di no. Il problema è che il sistema bancario italiano negli ultimi anni è andato incontro ad un processo di grave ammaloramento dei crediti che avrebbe richiesto interventi drastici e drammatici, sul tipo di quelli che la Spagna ha adottato per le proprie banche, richiedendo oltre 40 miliardi di prestiti europei. Ma non lo si è voluto fare, ed ora abbiamo nodi che giungono tardivamente al pettine. E poiché di notte tutti i gatti sono bigi, ora facciamo fatica a separare le situazioni di credito facile, quello erogato agli amici degli amici, dalle conseguenze di una crisi che ha colpito duramente.

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