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Tutte le sciocchezze contro Alfano e Verdini

Va bene che è Carnevale, e ogni scherzo vale, ma il dibattito politico e giornalistico sta esagerando nella sua illogicità. Diciamo pure nella sua schizofrenia: a sinistra, a destra e al centro.

A sinistra, mentre tutto brucia, e non solo metaforicamente, il problema maggiormente percepito è quello dei mocassini di camoscio blu che calza Denis Verdini. E che lo rendono, secondo lo storico Miguel Gotor nominato a suo tempo senatore dall’amico allora segretario del Pd Pier Luigi Bersani, ancor più “antropologicamente diverso” da lui e da quant’altri si sono assunti il compito di difendere la purezza della razza post-comunista. Che, già seriamente compromessa da più di due anni da Matteo Renzi, arrivato alla guida del partito e del governo per un incidente astrale, sarebbe picconata ogni volta che Verdini e amici uniscono i loro voti a quelli del Pd, al netto naturalmente dei cosiddetti franchi tiratori antirenziani, per aiutare il presidente del Consiglio a conservare la maggioranza al Senato, in attesa di ridimensionarne il ruolo ad un dopolavoro di consiglieri regionali e sindaci.

A destra – udite, udite – la sacralità della famiglia è minacciata da Angelino Alfano e dai suoi amici, che pur di fare incetta di posti di governo e sottogoverno, ormai più numerosi dei voti che prenderebbero nelle urne, fanno finta, solo finta, di resistere alla disciplina delle unioni civili, e annesse adozioni da parte delle coppie omosessuali. In realtà, essi non vedrebbero l’ora di aiutare Renzi, smanioso di fare finalmente con queste unioni qualcosa di sinistra dopo tutte le cose di destra rimproverategli nel partito. E lo aiuterebbero nelle votazioni a scrutinio segreto che attendono i senatori, pur di salvare il governo e i loro incarichi di ministro, vice ministro e sottosegretario.

Eppure l’eventuale bocciatura della cosiddetta legge Cirinnà o incidenti destinati a complicarne il percorso non potrebbero provocare alcuna crisi di governo, diversamente dalla riforma costituzionale e dal referendum confermativo di autunno, su cui Renzi ha scommesso apertamente la sua sopravvivenza politica.

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L’aspetto carnevalesco della campagna condotta dalla destra contro Alfano e amici per la troppo poco convinta azione di contrasto alle unioni civili, e annesse adozioni, aumenta se si considera il fatto che sulla stessa materia non ci sono né chiarezza né compattezza di idee e posizioni in Forza Italia.

Il problema principale degli amici di Silvio Berlusconi rimane quello di togliersi dalle tasche i sassolini accumulatisi con la scissione dell’autunno del 2013, quando Alfano e i suoi uscirono dall’allora Pdl per rimanere nel governo di Enrico Letta, mentre l’ex presidente del Consiglio reclamava la crisi, e conseguenti elezioni anticipate, per ritorsione contro la sua decadenza da senatore per una sentenza definitiva di condanna per frode fiscale. Decadenza contro la quale a viso aperto gli alfaniani votarono lealmente e convintamente, essendosi peraltro proceduto su quella strada con forzature politiche e regolamentari che gridano ancora vendetta. E che furono imposte, nel Pd allora impegnato sulla strada delle primarie e del congresso, dall’aspirante segretario Matteo Renzi. Al quale, curiosamente, l’ormai ex senatore Berlusconi diede poi una mano nella scalata anche a Palazzo Chigi accordandogli il famoso Patto del Nazareno sulle riforme costituzionali.

Nel governo che nacque anche grazie a quell’accordo la componente alfaniana ebbe un ridimensionamento che sembrò appagare il risentimento dei suoi ex colleghi di partito. Gli stessi che adesso rimproverano al ministro dell’Interno, come si diceva, una troppo debole resistenza alla disciplina delle unioni civili, anche omosessuali, e relative adozioni.

Si pretende insomma da Alfano, con il suo scarso 3 per cento attribuitogli dai sondaggi elettorali in compagnia con Pier Ferdinando Casini, ciò che negli anni Settanta neppure l’allora partito di maggioranza, la Democrazia Cristiana, riuscì a fare, disponendo peraltro sia del Quirinale sia di Palazzo Chigi, contro la disciplina prima del divorzio e poi dell’aborto.

Quella sull’aborto fu addirittura una legge portata a casa dai laici, a marce forzate in un Parlamento stressato dal tragico sequestro di Aldo Moro ancora in corso. Questo lo ricordo giusto per rinfrescare la memoria a chi l’ha persa. O a chi, troppo giovane, fa politica senza prendersi la briga di informarsi di ciò di cui parla e pontifica a giorni alterni.

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Delle polemiche che sulla materia delle unioni civili ed altro si sviluppano fra le componenti del cosiddetto centro, composto prevalentemente dalle schegge via via staccatesi dal centrodestra di vecchio conio berlusconiano, e incapaci persino di unirsi per cercare di avere un po’ più di potere contrattuale con Renzi, è forse il caso di dire che ripropongono lo spettacolo manzoniano dei polli di Renzo, al singolare,  che andavano alla morte beccandosi fra di loro.

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