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Adozioni, pensioni e utero in affitto. Cosa non quadra nel ddl Cirinnà

Un autorevole psichiatra-psicoanalista (di cui non faccio il nome per comprensibili motivi) ha postato su Facebook la storia in sintesi di una sua paziente arrivata omosessuale nel suo studio ed uscita dopo tre anni non avendo più interesse per le donne sul piano sessuale. La terapia risale al 1957 (lo psicoterapeuta ha un’età più che venerabile). Mi sono domandato perché questo signore abbia voluto rivangare adesso quella vecchia storia di altri tempi quando – persino la scienza medica – trattava carte attitudini come devianze da curare. Forse mi sbaglio, ma nel racconto non mi pare di aver trovato cenni di autocritica, ma piuttosto la convinzione che l’omosessualità non sia un dato incontrovertibile di pulsioni naturali.

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Prima che la linea Maginot della contesa sul disegno di legge Cirinnà si spostasse sull’articolo 5 e sulla stepchild adoption, il dissenso riguardava la questione del riconoscimento della pensione indiretta (o di reversibilità) al partner omosessuale superstite (e legato al de cuius da un’unione civile). Il centro destra sosteneva che tale concessione avrebbe sfasciato i conti del sistema pensionistico. Poi è stato l’Inps a diffondere stime più tranquillizzanti. Adesso, però, che l’obiettivo di godersi la pensione non è messo in discussione da nessuno, il governo – in uno degli ultimi provvedimenti adottati – ha pensato bene di introdurre criteri più severi (ovviamente a valere per tutti, etero ed omosessuali) per avere diritto al trattamento agognato, quale riconoscimento di uno stato coniugale.

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Nella precedente legislatura il Parlamento ha varato la c.d. norma anti badanti. Essa, allo scopo di scoraggiare il matrimonio di qualche vecchietto con la prosperosa ucraina che lo assiste, ha stabilito che, se tra i coniugi esiste una differenza di età pari o superiore a vent’anni, il matrimonio deve essere stato celebrato da almeno dieci anni perché il superstite abbia diritto alla pensione. Ovviamente tale norma finisce per colpire anche i cittadini italiani. Così, ad esempio, se un ottantenne (il discorso può essere invertito) convola a giuste nozze con una signora, italiana o straniera di età inferiore di venti o più anni, se dovesse morire prima che siano trascorsi dieci anni di matrimonio l’assegno di reversibilità si ridurrebbe del dieci per cento per ogni anni in meno. La stessa regola dovrebbe essere sancita anche nel caso di unioni civili.

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