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La forza delle tradizioni

Sono passato per l’aeroporto di Bruxelles due volte la scorsa settimana, sapendo che ormai ogni viaggio è a rischio. Pochi giorni dopo l’ennesima strage, che si aggiunge a quelle che insanguinano l’Africa e il Medio Oriente. Millenni di storia di civiltà non hanno cambiato l’animo umano: la barbarie continua a segnare Paesi e popoli, allora come ora.

E, sia ben chiaro, la barbarie non è legata solo a chi si fa saltare in aria per uccidere gente impegnata nel vivere quotidiano, ma anche a chi pensa di risolvere tutto con le armi (a nulla vale renderle intelligenti, se non si fa altrettanto con chi le può usare), a chi costruisce muri invece di pensare a profughi che in parte arrivano per le azioni compiute in nome dell’esportazione della democrazia (che regolarmente lascia intere aree nel caos, ma ancora trova degli estensori), a chi ha lasciato finire le nostre città in mezzo ai debiti e ha tolto i servizi essenziali ai bisognosi solo per arricchirsi illecitamente, a chi continua a compiere errori perché non vuole imparare dalla Storia.

Come tema di maturità scrissi sul divario fra nord e sud del mondo. La tesi era semplice: dove c’è forte disuguaglianza e sfruttamento si creano le condizioni per la diffusione del male. Scrissi di quanto l’uso delle risorse (acqua, ambiente, energia, etc.) era sintomo e causa dei nostri problemi e di come avevamo i mezzi per migliorare. Qualcosa si è mosso, ma troppo lentamente e, grazie anche agli sforzi di chi difende lo status quo per tutelare le sue rendite, le forze della distruzione si sono messe in moto.

L’Occidente è sotto attacco? Sì. Da parte di sé stesso. Se non si capisce questo e ammesso che la situazione sia recuperabile, potremo anche fermare questa ondata di terrorismo, ma non certo evitarne altre. La storia insegna che sono le civiltà forti a vincere ed evolvere. In Occidente negli ultimi decenni si è fatto di tutto per indebolire la nostra, spazzandone via tradizioni e radici in nome di un devastante politicamente corretto. Il risultato è che non abbiamo più un’identità, aspetto che, mischiato alle difficoltà introdotte dalla crisi economica degli ultimi anni, facilita l’adesione degli strati deboli della popolazione a progetti che saranno barbari, ma attirano in quanto offrono un messaggio chiaro e forte che si contrappone all’indecisione e alle lacerazioni indotte dal relativismo in cui galleggia la maggior parte della gente.

I giovani soprattutto soffrono il decadimento dei valori e delle tradizioni, anche se non possono rendersene conto. Niente è peggio che vedere i propri riferimenti che professano fedi (non solo religiose) in cui non credono, valori morali e civici che non rispettano, aspirazioni che non emergono dalla quotidianità. Se vogliamo sconfiggere il terrorismo e l’estremismo che serpeggiano nella nostra civiltà dobbiamo riscoprire i nostri valori e le nostre radici.

Non è tutto negativo, ovviamente, ma la situazione appare preoccupante. La mia idea è che dobbiamo riprendere a vivere e gioire le nostre feste religiose, apprezzare il crocifisso nelle scuole e la benedizione delle stesse (semmai adottando anche altri simboli e illustrandone i significati in un’ora dedicata alla storia delle religioni e delle tradizioni), essere contenti di usare una tazza natalizia a Natale (sapete che Starbucks l’ha sacrificata al politicamente corretto lo scorso anno?) e di difendere le nostre idee anche se non appaiono “moderne” e non si uniformano al flusso delle idee politicamente corrette di cui sono intrisi i media e internet. Dal riconoscimento delle diversità e degli elementi di forza di ciascuna passa l’evoluzione positiva, non dal tentativo di creare una poltiglia indistinta. E penso che dobbiamo riscoprire i valori delle tradizioni cristiane, perché in essi (e nel dialogo fra le grandi religioni) c’è la soluzione ai problemi del nostro tempo.

Buona Pasqua!

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