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Chiusura delle frontiere: l’autotrasporto lancia l’allarme per l’economia

La decisione del governo austriaco di ripristinare i controlli al Brennero colpirà fortemente l’autotrasporto, fondamentale per le nostre esportazioni, e di riflesso tutte le altre imprese

Claudio Donati (Assotir): “Il Brennero si può definire l’autostrada dell’import-export: rallentare il transito delle merci ci riporterebbe indietro di decenni con ripercussioni su tutto il sistema economico italiano”

L’intenzione del governo austriaco di ripristinare i controlli alla frontiera del Brennero dal 1 giugno ha suscitato i più diversi commenti sotto il profilo politico e sociale; ma sono gli effetti economici quelli che potrebbero pesare di più per il nostro Paese. “La prima conseguenza sarà un sacrificio in termini di tempo: per i Tir si allungheranno notevolmente i tempi di ingresso e di uscita dal valico, penalizzando notevolmente l’autotrasporto, anello fondamentale per la distribuzione dei prodotti italiani” spiega Claudio Donati, Segretario generale di T.I. Assotir In Italia. Solo all’interno dei nostri confini, il trasporto su strada rappresenta l’85% dello spostamento di merci. L’autotrasporto si rivela così un anello della produzione e dei consumi imprescindibile.
Il fermo di una o due ore produrrà disagio e un incremento dei costi: “l’associazione belga dell’autotrasporto stima che l’incidenza del costo di ogni ora di lavoro è di circa 60 euro. E si tratta di valutazioni minimali” afferma preoccupato Donati. “Il Brennero è una delle arterie principali in entrata e in uscita dall’Italia, un’autostrada dell’import-export: lì passa un terzo della merce esportata verso il resto d’Europa”. Secondo i dati a disposizione delle associazioni di autotrasporto italiane, la tratta del Brennero è percorsa da oltre 500 veicoli pesanti ogni ora; la attraversano 40 milioni di tonnellate di merci ogni anno, di cui 30 milioni viaggiano appunto su gomma. Al Brennero passa un terzo dell’export italiano verso l’Europa Centrale, di cui i tre quarti viaggia su gomma. Il danno, solo per le imprese di autotrasporto, rischia di essere di oltre 150 milioni di euro, che finiranno per scaricarsi sul valore del trasporto (quindi sui consumatori) o sul trasportatore stesso. Ma le conseguenze sono di portata più generale, essendo destinate a ripercuotersi su tutte le Piccole e Medie Imprese italiane, vera spina dorsale del nostro sistema economico: costi e tempi maggiori implicheranno infatti una perdita di competitività. Ad essere interessate saranno soprattutto imprese del Centro-Nord appartenenti ai più diversi settori; destinati agli scambi con il resto d’Europa sono infatti i prodotti delle industrie agricole, alimentari, metallurgiche e tanti altri.
“Ci aspettiamo che il governo italiano si faccia sentire con l’energia necessaria” lancia l’appello Donati. “Abbiamo chiesto all’esecutivo e in particolare al Ministro Graziano Del Rio che vengano rispettate le regole in vigore (gli accordi di Schengen) per la libera circolazione delle merci, affrontando il problema della sicurezza in altre maniere”. E lancia la proposta dell’autotrasporto italiano: creare una sorta di corridoio di libero scambio per le imprese comunitarie, relegando ai controlli solo quelle extra Schengen, che potrebbero comunque velocizzare le procedure mandando preventivamente i dati agli agenti di frontiera.
A seguito dell’incontro di ieri sera tra Alfano e il ministro austriaco, Donati precisa che il vertice ha sicuramente contribuito a rasserenare il clima. “Tuttavia, le preoccupazioni non sono affatto cessate, perché non c’è grande differenza tra muro fisico e muro virtuale, fatto di appesantimenti procedurali. Facciamo affidamento sul buon senso di tutti e , soprattutto, cu aspettiamo che la UE faccia il proprio dovere”.
Le preoccupazioni sono anche per i potenziali sviluppi, che nessuno è in grado di prevedere. “L’atteggiamento dell’Austria potrebbe essere seguito da altri Paesi, penalizzando ulteriormente gli scambi commerciali e distruggendo quella stessa idea di area di libero scambio e di unione doganale che ha le sue origini ancora prima di Schengen e dell’euro” afferma Donati. “Si andrebbe verso forme di protezionismo e di autarchia ormai anacronistiche e in contrasto con il contesto di globalizzazione in cui ci troviamo”.

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