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Cosa può fare la Nato in Libia. Parola di Jens Stoltenberg

In un’intervista concessa simultaneamente a diversi media europei il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha dichiarato che l’Alleanza è pronta ad espandere il proprio ruolo nel Mediterraneo, nell’ottica di risolvere la crisi in Libia e rafforzare le istituzioni che il premier designato dall’Onu Fayez Serraj sta faticosamente cercando di ricostruire. Una posizione già sottolineata nei mesi precedenti.

LINEA PINOTTI-MOGHERINI

Dieci giorni fa già la ministro della Difesa italiana Roberta Pinotti aveva annunciato in un’intervista alla Stampa la possibilità che navi Nato operassero insieme alla missione europea Eunavfor Med: una linea simile a quella espressa dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Federica Mogherini, quando aveva parlato dal ponte della portaerei Caovur, impegnata per la missione nelle acque di Lampedusa.

PIANIFICAZIONE IN PROGRAMMA, SI ATTENDE SERRAJ

Tre uscite pubbliche del genere sono indice che qualcosa si sta muovendo in questo senso; la ministro Pinotti aveva annunciato che la decisione definitiva sarebbe stata ratificata al vertice Nato in programma a luglio a Varsavia. Quello di cui ha parlato la responsabile della Difesa italiana è un piano per affrontare, attraverso il contenimento marittimo, la crisi migratoria che la buona stagione potrebbe far esplodere dalla Libia, strutturato sulla falsa riga (se non proprio un’espansione) della missione Nato di sicurezza marittima Active Endeavour che opera tra Grecia e Turchia. Per renderla funzionale, però, serve un riferimento istituzionale in Libia, che, come i turchi, accetti di riprendersi sul proprio territorio i migranti bloccati. Questo è il lato su cui occorre lavorare maggiormente, visto che a Tripoli il governo stenta a prendere vento.

IL BLOCCO DALLA CIRENAICA

Nonostante il sostegno ricevuto da Serraj da istituzioni locali (la Noc, la Banca centrale, la Lia) e diplomazie internazionali, ancora il suo esecutivo non ha il voto decisivo del Parlamento legittimato, in esilio volontario a Tobruk. Proprio dalla Cirenaica, la regione orientale, arrivano i principali problemi per il governo unitario pensato dall’Onu: i parlamentari che fanno riferimento al generale Khalifa Haftar hanno messo sotto scacco il Parlamento, impedendo già per sette volte la votazione sulla fiducia. È notizia degli ultimi giorni che una possibile nuova riunione si terrà mercoledì, spostata a Ghadames, città vicino al confine con Algeria e Tunisia, per volontà di un’ampia parte di parlamentari (circa cento) che vorrebbero votare il sostegno a Serraj, sostenuti anche dal delegato Onu Martin Kobler. Non è ancora chiaro l’esito e il raggiungimento del quorum, visto che sulle volontà personali pesano molto le influenze di Haftar, Agila Saleh, Abu Bakr Buera, gli uomini forti dell’est libico, protetti da Egitto e Emirati Arabi. Omar Aswad, membro che aveva boicottato il Consiglio presidenziale, ora rientrato nell’organismo guidato da Serraj, ha chiesto a Saleh di organizzare invece una riunione “trasparente” a Tobruk, al più presto, invitando nello stesso tempo il futuro premier a sospendere le sue attività “provocatorie”, ossia ricevere personalità diplomatiche straniere e prendere possesso degli uffici ministeriali di Tripoli, prima del voto definitivo.

AIUTO NATO, SE HAFTAR NON LA SPUNTA

Se dovesse crearsi il presupposto politico e la richiesta esplicita, per Stoltenberg la Nato potrebbe “avere il mandato” per fornire assistenza a Serraj, il quale avrà anche il compito di ricostruire, oltre che istituzioni ed economia, il sistema di sicurezza. Le forze armate dovranno essere addestrate perché si troveranno ad affrontare l’altro grande bubbone libico, lo Stato islamico, che controlla un’area piuttosto circoscritta intorno a Sirte, importante città portuale (addestramento e lotta all’IS sono argomenti su cui c’è un continuo rimbalzo di informazioni e smentite disorientante, molto alimentato dalla stampa occidentale). I messaggi propagandistici dall’est e dall’ovest della Libia hanno messo la battaglia contro i baghdadisti in cima alla lista delle priorità: da giorni si susseguono informazioni sulla partenza imminente di un’offensiva disgiunta da occidente e da oriente sulla roccaforte locale del Califfato. Il fine è chiaro: l’Europa e le nazioni occidentali considerano la presenza degli uomini di Abu Bakr al Baghdadi in Libia la principale delle minacce, e dunque chiunque (Serraj o Haftar) dovesse riuscire a sconfiggerli otterrebbe automaticamente in cambio un peso di affidabilità e legittimazione. Se dovessero riuscire le forze del generale Haftar, però, sarebbe anche un punto a favore di chi ha mire separatiste e federaliste sulla Cirenaica, da cui oltre che preparare l’offensiva e impedire il voto decisivo, si procede anche a pianificare la vendita indipendente di petrolio; e pare che da maggio possano essere immessi sul mercato cirenaico 7 milioni di dinari, stampati in modo autonomo ed unilaterale (e non riconosciuto) attraverso una società russa, per far fronte ad una delle problematiche principali in Libia, ossia la mancanza di contanti.

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