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Che succede a Pil e occupazione

La seconda lettura del Pil italiano nel 1° trimestre 2016 ha confermato lo 0,3% t/t della prima stima (in lieve ripresa rispetto allo 0,2% t/t visto nella seconda metà del 2015). Anche la tendenza annua è stata confermata, all’1% (da 1,1% precedente, che rappresentava un massimo da 4 anni e mezzo).

Il dettaglio delle componenti è in linea con le nostre attese:

1) I consumi privati sono cresciuti per l’undicesimo trimestre consecutivo, a un ritmo di 0,3% come nel trimestre precedente: mentre continua la crescita dei beni di consumo durevoli (+0,5% t/t e +6% a/a), da notare il rimbalzo dei beni di consumo non durevoli (+0,7% t/t, un record dal 2004). La variazione annua dei consumi è accelerata a 1,5% (da 1,3%), confermandosi superiore a quella del Pil e toccando un massimo degli ultimi 5 anni e mezzo;

2) Gli investimenti sono saliti di 0,2% t/t: pur in rallentamento, si tratta del quinto trimestre consecutivo di espansione. La novità è il rimbalzo della spesa in macchinari e attrezzature (+0,8% t/t, dopo il calo di tutta la seconda metà dell’anno scorso), che potrebbero aver beneficiato del maxi-ammortamento sui nuovi beni strumentali inserito nella Legge di Stabilità 2016. Gli investimenti in mezzi di trasporto hanno continuato a crescere a ritmi lusinghieri (2,3% t/t, sia pure in rallentamento rispetto ai due trimestri precedenti), mentre le costruzioni, dopo avere mostrato un incoraggiante rimbalzo nel secondo semestre 2015, sono tornate (non sorprendentemente) a contrarsi (-0,5% t/t), il che segnala come la ripresa nel settore rimanga contrastata;

3) Il commercio con l’estero ha sottratto come atteso due decimi alla crescita, in un contesto di contrazione per entrambi i flussi commerciali: l’export è calato di -1,5% (un record da oltre tre anni) contro il -0,9% dell’import;

4) Non sorprende nemmeno che le scorte abbiano dato l’usuale contributo speculare a quello del commercio con l’estero: nel trimestre l’apporto dai magazzini è positivo per due decimi (dopo il -0,4% t/t precedente);

5) Infine, la spesa pubblica ha anch’essa contribuito al Pil, crescendo per il terzo trimestre consecutio (+0,2% da +0,6% t/t precedente).

In sintesi, la crescita nel trimestre è venuta pressoché interamente dalla domanda domestica finale, che è cresciuta di 0,2% t/t e su base annua è accelerata a 1,4% (da 1,1% precedente): si tratta di un massimo da quasi 9 anni. Ciò conferma che la ripresa è sostenibile, sebben di entità modesta.

In prospettiva, confermiamo il nostro scenario di base secondo cui il Pil può mantenere in media l’attuale velocità di crociera per l’orizzonte prevedibile. Tuttavia, il rallentamento dell’export (e di alcuni indicatori industriali) segnala che, se ci sono rischi sulla previsione sul trimestre corrente, sono verso il basso (verosimilmente l’intervallo di previsione è 0,2%-0,3% t/t).

Una nota meno positiva è venuta dall’aumento del tasso di disoccupazione, salito a sorpresa all’11,7% ad aprile dall’11,5% di marzo (i dati degli ultimi mesi sono stati tutti rivisti verso l’alto di un decimo).

Tuttavia, l’aumento della disoccupazione è dovuto interamente al calo degli inattivi (-113 mila unità dopo le -32 mila del mese precedente: si tratta della flessione più marcata da oltre due anni e mezzo), che peraltro è stato diffuso in quanto ha riguardato sia gli uomini che le donne e tutte le principali classi di età; su esso può avere inciso una diminuzione dell’effetto-scoraggiamento.

Viceversa, gli occupati sono aumentati per il secondo mese consecutivo (+51 mila unità ovvero +0,2% m/m, dopo le +68 mila di marzo). Come il mese scorso sono aumentati in particolare gli occupati dipendenti (+35 mila da +62 mila di marzo), soprattutto permanenti (+35 mila, circa in linea con il mese precedente). Ciò segnala come non appare svanito del tutto l’effetto dell’incentivo contributivo sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Viceversa, i dipendenti temporanei sono rimasti pressoché stabili. Continua anche la tendenza al recupero per i lavoratori indipendenti, cresciuti per il quarto mese consecutivo (+16 mila unità) ad aprile. Infine, la ripresa degli occupati è diffusa a tutte le principali classi di età, con l’unica eccezione dei 35-49enni (-5 mila).

Anche il tasso di disoccupazione giovanile è salito (a 36,9% da 36,7% precedente, che rappresentava un minimo da quasi tre anni e mezzo). Anche in questo caso però la salita è dovuta al calo degli inattivi (-25 mila unità), nonostante l’aumento degli occupati (+11 mila unità).

Su base annua, l’occupazione totale mantiene un buon ritmo di crescita (+1% ovvero +215 mila posti di lavoro), pur rallentando lievemente rispetto a marzo (+1,2%). La creazione di posti di lavoro resta trainata dagli occupati dipendenti permanenti (+279 mila unità ovvero +1,9% a/a), mentre risultano in calo su base annua sia gli occupati dipendenti temporanei che i lavoratori indipendenti.

In sintesi, il dato conferma, come abbiamo indicato diverse volte nel passato recente, che le variazioni mensili di occupati e forze di lavoro in questa fase sono soggette a un’elevata volatilità: da un lato i primi mesi dell’anno sono stati in qualche modo una fase di “aggiustamento” al nuovo regime (ridotto) di incentivi; dall’altro, le variazioni congiunturali del tasso di attività sono molto accentuate, e la diminuzione dell’effetto-scoraggiamento sta causando una pressione verso l’alto sul tasso dei senza-lavoro.

In prospettiva, confermiamo la nostra idea che tale volatilità possa continuare nei prossimi mesi, e che un più deciso trend al ribasso sul tasso di disoccupazione si possa vedere verosimilmente nella seconda metà dell’anno.

I prezzi al consumo sono cresciuti di 0,3% m/m a maggio, e l’inflazione annua è risalita lievemente a -0,3% (da -0,5% sul NIC e -0,4% sull’armonizzato ad aprile). I dati sono risultati in linea con le attese sull’armonizzato e lievemente superiori al previsto sull’indice nazionale.

Nel mese i rincari sono stati piuttosto diffusi. I maggiori contributi all’aumento dell’indice generale (nazionale) sono venuti da:

1) un aumento di 0,5% m/m dei prezzi dei trasporti (si tratta del terzo consecutivo dopo sei mesi di fila di calo), guidato dal rimbalzo in corso dei prezzi dei carburanti (benzina +2% m/m);

2) una crescita di 0,4% dei prezzi degli alimentari, e in particolare della frutta fresca (+6,2% m/m);

3) rincari dell’ordine dello 0,4% per i servizi ricettivi e di ristorazione (ma in media non superiori alla stagionalità di maggio);

4) il balzo dell’1,6% dei listini di bevande alcoliche e tabacco, principalmente dovuto all’aumento dei prezzi delle sigarette;

5) infine, il rimbalzo dei prezzi delle comunicazioni (+0,9% m/m), dovuto soprattutto agli apparecchi di telefonia mobile.

L’unico capitolo di spesa che ha mostrato un calo dei listini è stato quello del tempo libero e cultura (-0,3% m/m), peraltro mediamente in linea con la stagionalità di maggio.

Il numero dei capitoli di spesa che mantengono una tendenza deflattiva su base annua è sceso ulteriormente, a 2 dai 4 del mese scorso (su un totale di 12): i trasporti (-2,9%) e le spese per abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-2,3%); entrambi sono poco variati rispetto ad aprile. Viceversa, il numero delle componenti che mostrano rincari superiori all’1% è aumentato a 3 (era solo 1 il mese scorso): si tratta delle comunicazioni (+1,9% da +0,4% precedente), delle bevande alcoliche e tabacco (+1,4% da -0,1%) e dell’istruzione (stabile a +1,3% a/a).

L’inflazione “di fondo” (al netto di energetici e alimentari) è risalita da 0,5% a 0,6% a/a (+0,2% m/m), quella al netto della sola energia da 0,3% a 0,4% a/a (+0,2% m/m). L’inflazione sui beni a più alta frequenza di acquisto (importante per le sue conseguenze sull’inflazione percepita e attesa dalle famiglie) è rimasta in territorio negativo (a -0,6% da -0,9% precedente), ma nel mese ha fatto segnare un +0,5% m/m (sulla scia dei rincari di carburanti, frutta e sigarette).

In sintesi, come sottolineavamo il mese scorso, le pressioni deflattive restano confinate nei capitoli di spesa maggiormente legati ai passati cali dei prezzi energetici (trasporti e spese per la casa). D’altra parte è vero che la domanda finale probabilmente non è sufficientemente forte da innescare significative spinte verso l’alto sulle componenti core.

In prospettiva, confermiamo la nostra idea che il mese di aprile (su cui aveva pesato il calo delle tariffe oltre che la collocazione della Pasqua nel 2015) possa aver rappresentato un punto di minimo per l’inflazione italiana. D’altra parte, il CPI potrebbe rimanere in territorio lievemente negativo ancora per qualche mese (verosimilmente sino a settembre). Negli ultimi mesi del 2016 si dovrebbe poi vedere una risalita, che nelle nostre stime porterebbe il CPI a 0,6% per fine anno.

In sintesi, i dati mostrano indicazioni contrastanti, ma in media positive. La ripresa del PIL a inizio anno è confermata, e il dettaglio non appare negativo. La disoccupazione è risalita ma unicamente a causa del calo degli inattivi. Infine l’inflazione, sebbene ben lungi dal riavvicinarsi a livelli “normali”, sembra aver superato il punto di minimo.

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