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Start up, storia di ordinaria burocrazia regionale

Se il Pil italiano rimane incatenato a una crescita da zero virgola e la disoccupazione giovanile su livelli indegni dell’Europa, perché pari al 40 per cento, la colpa è oggi sempre meno dei politici e sempre più dei burocrati. La Regione Lazio offre l’ennesimo paradosso di questo confronto tra una classe politica modernizzatrice e una macchina burocratica intenta a seguire solo interpretazioni formali e antisviluppo. Il governatore Nicola Zingaretti sta facendo oggettivamente un buon lavoro in materia di startup. Primo in Italia, ha recentemente annunciato di voler perfino rimborsare l’Irap pagata nell’ultimo biennio dalle startup con una sede operativa nel Lazio. Peccato che la cinghia di trasmissione delle sue politiche si chiami LazioInnova (il brand è stato scelto dallo stesso Zingaretti che ha fuso Filas e Sviluppo Lazio, due vecchie spa laziali), una tradizionale macchina burocratica che impiega quattro anni a liquidare un progetto di ricerca della durata di ventiquattro mesi. I funzionari sono anche bravi, lavorano con abnegazione e non sono minimamente corrotti (negli anni non ho mai registrato una condotta irregolare, ndr.), ma la cultura dominante è quella giuridico-amministrativa finalizzata alla minimizzazione dei rischi e a non a favorire gli investimenti, lo sviluppo e l’occupazione.

Così capita che un giovane sviluppatore, Simone Jacoella, decida di partecipare al bando di LazioInnova per i Creativi Digitali. Come spiega il sito della Regione Lazio, dedicato al bando, deve realizzare un prototipo di app in fase Beta e pubblicarlo su uno store per ottenere il finanziamento. Una società tutor, che anticipa i soldi al giovane sviluppatore, dopo essere stata richiesta dalla regione, perché tali bandi non sarebbero possibili senza il supporto e gli investimenti dei privati, sviluppa la app Geeob in circa sei mesi e la pubblica su GooglePlay. Nel frattempo Jacoella, come avviene in tutti i mercati avanzati, si mette in moto per trovare dei veri finanziatori per la sua idea e questi gli suggeriscono, per non perdere il vantaggio competitivo, di non renderla gratuitamente accessibile a tutti. La pubblicazione su GooglePlay, dovuta per il bando di LazioInnova entro il 31 ottobre 2015, avviene sullo store Google in modalità condizionata di accesso, così da poter controllare chi accede all’uso dell’app il 29 ottobre, come documentato dai log di Google.

Come pensate che la burocrazia di LazioInnova abbia interpretato questa situazione? Nel modo burocraticamente più ottuso, negando il diritto al contributo a Jacoella, e alla società tutor che con lui ha investito, perché secondo loro, dimostrando anche una certa ignoranza delle opzioni di pubblicazione, cioè di messa a disposizione di una app tramite uno store, l’app non è stata mai pubblicata. Se il Pil non cresce non prendetevela con i politici perché la responsabilità oggi è tutta dei super burocrati che guardano solo alla forma e mai alla sostanza.

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