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Perché e in che modo l’Ucraina prende forza

All’aeroporto di Kiev Boryspil, Chiara ha notato che, rispetto a tre mesi fa, i carrelli che si aggirano carichi di bagagli tra gli aerei non sono più trainati da trattori, ma da normali mezzi aeroportuali. Sulla strada che porta da Kiev a Vinnytsia, abbastanza coperta di buche, si trovano cantieri che posano nuovo asfalto. A Vinnytsia, l’albergo della catena austriaca Reikart, sorto dal nulla un anno fa poco lontano dal centro, ha una clientela business e anche un po’ turistica, con Euronews che racconta di Theresa May, di Barroso e della meteo in Spagna.

A due anni da Maidan, con la guerra tuttora attiva per focolai nel Donbass, l’Ucraina sta cambiando volto. Già nell’estate del 2014 si vedevano i segni della modernità: trentenni a far jogging o in mountain bike, il wifi molto diffuso con i Samsung e gli iphone a messaggiare. Era un paesaggio di ottimismo dominato pero da un clima malinconico e persino bello di vecchi autobus, marciapiedi scassati, signore con i sacchetti di plastica e una combinazione di povertà e solidarietà, di vecchia memoria. Oggi, osservando dalla camera d’albergo il signore che guarda nei cassonetti della spazzatura il pensiero non va  più a Viktor Yanukovych e agli oligarchi, ma all’analoga scena che si vede sotto le finestre di via Bodoni, nel pieno centro di Torino.

A gennaio l’Economist aveva fatto notare che la caduta del PIL ucraino nel 2014 e nel 2015 era largamente imputabile alle zone di guerra. In alcune regioni, in particolare a ovest, a Leopoli, Volyn, Vinnytsia il PIL era addirittura in crescita. Lo testimoniano le case in costruzione, i fiori lungo le strade, alcuni ristoranti nuovi, il modo di vestire e qualche capo di abbigliamento firmato tra la gente a passeggio. D’altra parte a Vinnytsia sono collocate da anni alcune grandi imprese del settore agroalimentare come l’austriaca Agrana, e la produzione cerealicola è alle stelle. Nel racconto delle autorità locali e del governatore di Vinnytsia, Valeriy Koroviy (nella foto), il raddoppio della produzione rispetto ai tempi sovietici pare incredibile, a pensare quanta energia e tecnologia si investì allora per risultati che sembravano insuperabili. E’ una consolidata e serena acquisizione del libero mercato, un fatto scontato. Le riforme sono ancora molte, si riconosce l’arretratezza dell’amministrazione ma si vede, nel consiglio regionale e nell’amministrazione statale decentrata un piglio riformatore che ha superato i primi entusiasmi, si è fatto realistico guadagnandone in efficacia. L’apertura internazionale in questo senso aiuta, e la vicina Polonia fornisce i modelli del decentramento regionale, del funzionamento dell’amministrazione, dello sviluppo economico. Nella cooperazione con Lodz, promossa anche dal presidente del Consiglio regionale, Anatolii Oliinyk, la regione di Vinnytsia ha costituito la propria Agenzia per lo sviluppo locale, mentre all’Università si preparano i progetti europei nei programmi Horizon 2020 ed Erasmus plus.

Ormai, nel paesaggio e negli animi, l’Ucraina assomiglia sempre più a uno degli Stati membri dell’Unione di recente adesione. Le cose prenderanno ancor più velocità nei prossimi due anni, gli alberghi di provincia vedranno crescere la clientela business, e anche l’Italia si deciderà a investire. Fino a pochi mesi fa l’aeroporto di Vinnytsia aveva solo qualche charter in arrivo: ora c’è un collegamento regolare con Varsavia. A Leopoli sta per arrivare Ryanair con le sue destinazioni low cost.

E’ pur vero che non si parla della guerra in Donbass. Quasi di sfuggita nella municipalizzata di trasporto locale vi mostrano i pezzi dei missili Grad riportati dal fronte, e recuperati mentre fanno i pendolari portando le scatole di olio di semi o altri generi alimentari per rifornimento. L’assistente del presidente del Consiglio regionale accenna appena ai progetti di microcredito per l’autoimpiego e l’impresa tra gli sfollati. Nelle piazze ci sono i nomi dei morti di Maidan e del fronte, ma sono tracce, e sta a voi scoprirle. Non c’e dubbio o insicurezza sullo sviluppo e sulla stabilizzazione del quadro macroeconomico, ma sta a voi capire che una minaccia esterna esiste, e che dovrebbe esservi ben chiara.

Con tono rassicurante, affermare che “sono state rinnovate le sanzioni per altri sei mesi” genera nell’interlocutore un ovvio e sereno “altrimenti ci avrebbero invasi”. E il conforto del rappresentante politico polacco sottolinea che non si tratta di percezione, ma di un rischio concreto. E’ un po’ quello che notava John Herbst in questi giorni in Atlantic Council, quando spiegava la differenza tra il vertice Nato del 2014 in Galles e quello del 2016 a Varsavia. Nel 2014 sembrava che il vero problema fosse di rassicurare i Paesi orientali, forse troppo preoccupati. Al vertice Nato dell’8 e 9 luglio, a Varsavia, si è passati al riconoscimento della minaccia concreta. Proprio come dicono da queste parti.

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