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Tutti i timori degli 007 della Francia prima di Nizza per attacchi terroristici

Il 12 luglio, ossia due giorni prima dell’attacco Nizza, dove un tir è piombato sulla folla inerme uccidendo oltre ottanta persone e ferendone più di cento, il capo dell’intelligence francese, Patrick Calvar, aveva dichiarato di essere convinto che lo Stato islamico avrebbe potuto compiere altri attentati in Francia. La Direction générale de la sécurité intérieure (Dgsi) aveva informazioni in merito alla possibilità di un cambio di strategia: “Autobombe e ordigni esplosivi” dicevano le soffiate e le analisi dei servizi, che avrebbero permesso agli attentatori di non mettere e rischio la propria vita.

Un combattente baghdadista che decide di compiere un attacco, che sia ispirato oppure pianificato direttamente, sceglie il martirio jihadista, e dunque nelle osservazioni dell’intelligence francese c’è da valutare non tanto l’aspetto di sicurezza dell’attentatore (che vuole la morte ideologizzata), quanto quello del massimizzare gli effetti, magari per compiere attentati multipli, che secondo Calvar attraverso ordigni disposti in vari luoghi attivati a distanza, avrebbero potuto avere “effetti peggiori di quelli del Bataclan”, riferendosi agli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi, nei quali morirono 130 persone sotto le raffiche di mitra del commando suicida, di cui alcuni membri si fecero saltare in aria a fine missione. L’attacco tramite un camion usato come arma contro i passanti, non era stato contemplato dai servizi.

L’aumento del rischio terrorismo in Francia è ormai una costante, è in atto da diversi mesi lo stato di emergenza, e le agenzie tornano periodicamente a parlare di nuovi possibili ondate; a maggio Calvar mise in guardia per attacchi durante Euro 2016, per esempio (per gli Europei di calcio il ministero dell’Interno diffuse anche un’app per smartphone, SAIP, Système d’alerte ed d’information des populations, collegandosi alla quale si ricevono notifiche sulla situazione in corso e sul comportamento da adottare in caso di attentato).

Il giorno successivo, il 13 luglio, è stato diffuso il resoconto dell’audizione di Cristophe Gomart, il capo dell’intelligence militare, la Direction du renseignement militaire (Drm), alla Commissione parlamentare che sta indagando sui fatti di Parigi dello scorso anno. Nella testimonianza, risalente a maggio, Gomart ha annunciato che la Drm aveva sgominato una pianificazione che prevedeva attacchi terroristici contro il team-Francia alle Olimpiadi in Brasile (che si terranno dal 5 al 21 agosto a Rio de Janeiro). Sarebbe stato un militante islamico brasiliano a tramare le azioni contro la delegazione francese, ma non ci sono altri dettagli. È noto che la più grande preoccupazione dei funzionari di sicurezza brasiliani per le Olimpiadi non è la minaccia di un attacco coordinato da parte di militanti già classificati, ma la possibilità che un attore unico o un piccolo gruppo in sintonia con cause estremiste, possa colpire. Ossia, anche a Rio temono l’azione dei cosiddetti “lupi solitari” auto-ispirati dalla predicazione globale califfale.

La stessa Commissione parlamentare a cui Gomart ha comunicato il successo per gli attacchi sventati a Parigi in questi giorni ha “sculacciato” i servizi segreti proprio per le falle sugli attentati compiuto da uomini dello Stato islamico il 13 novembre e a gennaio 2015 (Charlie Hebdo), concludendo che ci sono state lacune, “fallimenti di analisi” e vuoti nella condivisione delle informazioni, che avrebbero potuto aiutare a prevenire gli attacchi. Ancora è molto presto per valutare eventuali responsabilità per quello che è successo a Nizza, e la variabile del “lone wolf”, insospettabile fino al momento del gesto, è ormai troppo aleatoria (l’uomo, pare un tunisino residente in Francia, aveva sì precedenti, ma per reati minori, e sembra non connessi al radicalismo islamico).

Quando dopo oltre un chilometro e mezzo il camion s’è fermato davanti all’hotel Neresco, uno degli slarghi storici del lungomare, alcuni poliziotti hanno sparato, ma non hanno centrato il conducente (la cabina è stata colpita prevalentemente sul lato passeggero). Da lì il tir ha potuto proseguire la sua missione omicida per altri 300 metri prima che altri poliziotti centrassero l’uomo al volante.

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