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Rcs, cosa pensano Renzi, Grillo e Berlusconi della vittoria di Cairo al Corriere della Sera?

Di Michele Arnese e Federico Fornaro
Urbano Cairo

Matteo Renzi freddo, o meglio atarassico. Beppe Grillo silente ma non ostile, anzi. Silvio Berlusconi pubblicamente sostenitore del patron de La 7.

La vittoria di Urbano Cairo nella battaglia per il controllo di Rcs, il gruppo del Corriere della Sera, si carica anche di significati politici oltre che economici e finanziari. Vediamo come in dettaglio

I RAPPORTI RENZI-DELLA VALLE

Per capire in che modo, basta concentrarsi sulle parole pronunciate dal premier Matteo Renzi sulla vicenda: zero. Renzi, da quando la battaglia è partita, all’inizio del mese di aprile, non si è mai pronunciato. Né, una volta decretato il vincitore, la settimana scorsa, ha voluto sbilanciarsi con dichiarazioni ex post. L’unico esponente del governo che ha azzardato un commento è stato il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che ha affermato: “Le operazioni di mercato sono sempre positive, di qualsiasi segno siano, ma non sta al governo commentare in alcun modo”. Una dichiarazione, quella di Calenda, di certo non debordante di entusiasmo. Per di più, quel “di qualsiasi segno siano” potrebbe fare pensare ai più maliziosi che i renziani – se non Renzi – tendessero a sostenere gli avversari di Cairo, ossia il finanziere Andrea Bonomi, alleato nella battaglia con Diego Della Valle, Mediobanca, Unipol e Pirelli. A ingenerare questa impressione, c’è stata anche la recente partecipazione del premier alla conferenza stampa per il Colosseo restaurato ad opera della Tod’s di Della Valle dopo rapporti altalenanti, e a volte burrascosi, fra il presidente del Consiglio e l’imprenditore marchigiano. Ambienti di Palazzo Chigi, comunque, rimarcano: siamo stati e siamo fuori da tutto rispetto alla vicenda.

COSA SI DICE NEGLI AMBIENTI DI CAIRO

Come mai il governo appare così tiepido su Cairo, ci si chiede nell’entourage dell’imprenditore? Il motivo, secondo indiscrezioni, è che La7, la rete televisiva di Cairo comprata nel 2013 da Telecom Italia, viene percepita da molti renziani come un po’ “grillina”. In realtà, l’offerta de La7 è molto variegata, ma programmi come La Gabbia di Gianluigi Paragone possono effettivamente essere considerati vicini alle posizioni dei 5 Stelle, o della Lega, o comunque molto lontani da quelle di Renzi. Lo stesso Enrico Mentana, direttore del tg de La7, è percepito come simpatizzante per il Movimento 5 Stelle (e in effetti è tra i pochi giornalisti che sono riusciti a intervistare Beppe Grillo), ma in verità era giudicato renziano anche nel momento dell’ascesa del sindaco di Firenze ai vertici del Pd e poi del governo: siamo semplicemente ecumenici e seguiamo l’attualità, si dice nelle reazioni de La 7. Tra i renziani però si fa notare che il premier Renzi tende a evitare la rete tv di Cairo salvo fugaci apparizioni al programma Otto e mezzo di Lilli Gruber mentre su Cairo si rimarca il commento a favore del nuovo azionista di maggioranza di Rcs firmato da Chicco Testa sul quotidiano di partito l’Unità. Il timore in alcuni renziani, insomma, è che con la vittoria di Cairo nella battaglia per Rcs, il Corriere della Sera, il primo quotidiano italiano che se la gioca con Repubblica, possa diventare in qualche modo cassa di risonanza delle istanze dei grillini. Cairo, nei giorni scorsi, ha tentato di tranquillizzare da questo punto di vista, spiegando che la linea editoriale del quotidiano di via Solferino non sarebbe cambiata con il suo arrivo, né sarebbe stato mandato a casa l’attuale direttore, Luciano Fontana.

LE PAROLE DI CAIRO SU RENZI E GRILLO

E al Foglio il nuovo azionista di maggioranza di Rcs ha detto a proposito di Grillo e Renzi: Grillo? “E’ ancora presto per dire cosa è Grillo – ha risposto alla domanda di Claudio Cerasa -. E’ una novità tutto sommato recente del nostro paese che cresce laddove si manifestano situazioni economiche di generale difficoltà che portano le persone a rifugiarsi nel voto a cinque stelle per esprimere una forma generica di protesta. Per me Grillo è questo”. Ecco invece le parole di Cairo su Renzi: “Penso sia, a differenza di Berlusconi e Grillo, prima di tutto un politico. Con idee innovative, che cerca di cambiare il paese, a partire dalla sua architettura istituzionale e che certamente ci sta provando. La sua riuscita però dipende dal fatto che le ricette politico-economiche possano avere successo. Impegno e passione sono importanti ma diventano una miscela che funziona solo a condizione che producano miglioramento del benessere collettivo, a partire dall’occupazione. Capisco perfettamente la sua strategia di voler cambiare la Costituzione per costruire un paese all’interno del quale sia più semplice, secondo la sua versione, fare leggi. Ma il premier deve ottenere anche buoni risultati economici, l’organizzazione della struttura conta fino a un certo punto. Lo chiede chi non ha un lavoro ma lo chiede anche chi il lavoro lo crea come la classe dirigente”, ha aggiunti.

IL RUOLO DI BAZOLI

Anche l’intervista al Corriere della Sera del 14 luglio di Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, la banca prima finanziatrice nonché socia di Rcs che ha sostenuto Cairo nella sua battaglia, ha un fortissimo significato politico. A evidenziarlo è stato nei giorni scorsi Marcello Zacché sul Giornale: “Non è stato certo un caso che alla vigilia dalla scadenza delle offerte, giovedì scorso, il Corriere abbia pubblicato una lunga intervista nella quale Bazoli dichiara l’intenzione di votare sì al referendum costituzionale. Una scelta più da minore dei mali che altro, ma tanto bastava – è parso – per tranquillizzare il governo sulle possibili intenzioni dei probabili futuri nuovi padroni di Rcs. Anche perché, si dice, tra i papabili per la futura presidenza del gruppo sia in pole position Ferruccio De Bortoli, l’ex direttore molto apprezzato e sostenuto da Bazoli, cacciato l’anno scorso con l’ok di Mediobanca, che qualche settimana fa, proprio da La7, aveva invece detto di votare no”. Non solo: De Bortoli, quando lasciò la direzione del quotidiano di via Solferino, scrisse un editoriale di commiato molto velenoso nei confronti di Renzi. Insomma, secondo Zacché, “letta in controluce, l’intervista a Bazoli dà una prima indicazione. Non necessariamente renziana, ma chiaramente moderata”. Un po’ come se si trattasse di un segnale di pace o comunque di pacatezza inviato all’indirizzo di Palazzo Chigi.

CHI HA SOSTENUTO CAIRO

Ma Bazoli non è certo il solo ad avere sostenuto l’editore de La7 nella battaglia per il controllo del Corriere della Sera. Innanzi tutto, c’è il banchiere del medesimo gruppo, Gaetano Miccichè. Di lui Giovanni Pons di Repubblica scrive: “Convinto che per risolvere i guai di via Solferino ci volesse un solo padrone, meglio se anche editore, Micciché ha portato Cairo al cospetto di Bazoli, per anni il garante degli equilibri al Corriere su investitura dell’Avvocato Gianni Agnelli. E l’ottantenne Bazoli – aggiunge Pons – dopo aver incassato i dinieghi di Rocca, Pesenti e dello stesso Bonomi per la sostituzione della Fiat (di recente uscita dall’azionariato del gruppo Rizzoli, ndr), ha fiutato che Cairo potesse essere l’uomo giusto per rompere l’egemonia di Mediobanca”. Oltre ai banchieri, hanno sostenuto Cairo un plotone di avvocati e consulenti finanziari. Scrive Pons: “Con Sergio Erede al proprio fianco, l’avvocato che negli ultimi vent’anni ha consigliato Benetton e Del Vecchio quando comprarono la Sme, Roberto Colaninno quando ha vinto l’Opa Telecom e Pietro Salini nella conquista dell’Impregilo, le maglie inesplorate dei regolamenti Consob diventano più facili e accessibili. La sua interpretazione legale dell’Opa prevalente negli ultimi tre giorni di battaglia ha messo in difficoltà gli arbitraggisti di Piazza Affari, che raccoglievano le Rcs a 0,98 per portarle a Bonomi a 1 euro”. Non solo: al fianco dell’editore e pubblicitario di Alessandria c’erano anche i consulenti di Banca Imi, Equita Sim, Georgeson e Sodali. C’è, infine, un altro grande sostenitore di Cairo nella battaglia per il Corriere: Silvio Berlusconi che, nel bel mezzo della sfida, dal palcoscenico di Virus, il programma di Rai2 condotto da Nicola Porro, aveva dichiarato apertamente di fare il tifo per l’editore de La7, definito per l’occasione “mio allievo” con riferimento ai suoi trascorsi come assistente personale dell’ex premier del centro-destra.

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