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Tutte le baruffe di carta post terremoto

marco travaglio peter gomez

Almeno nei fatti, col riconoscimento della necessità di “uno spirito bipartisan intorno alla ricostruzione dei paesi distrutti” dal terremoto purtroppo ancora in corso, visto il susseguirsi delle scosse, e al piano di sicurezza e prevenzione antisismica da lui già chiamato “Casa Italia”, Matteo Renzi ha per fortuna dissipato, o quanto meno attenuato, lo “spirito” per niente bipartisan intravisto, a torto o a ragione, dietro le critiche mosse a caldo, fra le nuove macerie in Abruzzo, a ciò che si decise e si fece all’Aquila nove anni fa, quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Al quale – va ricordato anche questo – l’allora opposizione di sinistra non perdonò neppure il discorso che 19 giorni dopo il terremoto l’ancòra Cavaliere pronunciò ad Onna, già martoriata negli anni dell’occupazione nazista dell’Italia, per cercare di costruire un clima di solidarietà e unità nazionale anche attorno alla celebrazione del 25 aprile. Che non doveva più essere la festa di una parte contro l’altra, sia pure giustamente vincente nella lotta di resistenza al nazifascismo, ma la festa di tutti per la comune, riconquistata libertà, cambiando persino il nome alla ricorrenza.

“Non ci pensiamo proprio”, gli rispose sprezzante l’allora segretario pro-tempore del Pd Dario Franceschini, fresco di successione al dimissionario Walter Veltroni. Si tratta naturalmente dello stesso Franceschini oggi ministro dei Beni culturali, anche di quelli distrutti dal terremoto.

Spero che lo spirito bipartisan chiesto da Renzi, ma prima ancora di lui auspicato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, gli venga responsabilmente accordato. E non negato per il timore, per esempio, ch’esso possa in qualche modo aiutarlo anche sulla strada del referendum confermativo d’autunno sulla sua controversa riforma costituzionale. Un timore emergente, per esempio, dalle critiche mosse dal solito Marco Travaglio sull’altrettanto solito Fatto Quotidiano al titolo invece lodevole di Alessandro Sallusti riservato al presidente del Consiglio sul Giornale della famiglia Berlusconi su tutta la prima pagina: “Forza Italiani – Forza Renzi”.

A Travaglio evidentemente interessa e piace solo il Sallusti che non piace invece a me e che all’occorrenza viene generosamente intervistato dal Fatto: il bastone, per quanto incartato, che usa abitualmente contro gli avversari o i critici di turno. L’idea che ne possa ora essere risparmiato il presidente del Consiglio ha fatto saltare anche i sismografi del quotidiano fondato da Antonio Padellaro.

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D’accordo, le opposizioni non possono rinunciare, come scrive Travaglio, al diritto e al dovere di “controllare” il governo. Un diritto e un dovere, a dire il vero, che non spetta solo alle opposizioni, ma anche agli altri organi istituzionali e persino alla stessa maggioranza parlamentare che al governo ha accordato la fiducia. Non è, per esempio, che un deputato o un senatore della maggioranza per il solo fatto di avere accordato appunto quella fiducia non possa più presentare un’interrogazione, che fa parte delle funzioni “ispettive”, e non solo legislative, del Parlamento.

Purtroppo la polemica e, più in generale, la lotta politica in Italia è degenerata da tempo in una rissa continua e spietata. Che ha fatto perdere letteralmente la testa a tutti, protagonisti o semplici attori che siano della scena, inabissatisi persino nella ignoranza istituzionale, facendo credere che per un pugno di voti, da strappare al concorrente di destra o di sinistra, si possa fare e dire di tutto.

La testa l’ha persa, in questi giorni e in queste ore d’immane tragedia nazionale, con morti e vivi –si spera in quest’ultimo caso- ancora da estrarre dalle macerie, persino un prete ligure giustamente pizzicato sulla Stampa da Massimo Gramellini. Un prete, noto solo come don Cesare, che probabilmente vota per la Lega ed ha accusato il governo e gli organismi locali di trattare meglio gli immigrati, sistemandoli in alberghi o in case confortevoli, come quelle di Capalbio – deve avere pensato il sacerdote – destinate alla cinquantina di stranieri che sta cercando di mandarvi il prefetto di Grosseto fra le proteste della sinistra chic che trascorre da quelle parti le vacanze, anziché nelle tende allestite per i terremotati. Da qui la proposta talare di mandare questi ultimi negli alberghi per sostituire gli immigrati, che potrebbero essere sistemati invece nelle tende.

Evidentemente questo sciagurato prete, che mi auguro non sia parroco, non ha la minima esperienza di queste cose. Non sa, per esempio, che i primi a preferire di rimanere sul posto, anziché allontanarsene, sono proprio i terremotati.

Poteva mancare a questo sprovveduto e cinico sacerdote, che dovrebbe essere cacciato a calci nel sedere dal Papa in persona, la solidarietà, la condivisione, chiamatela come volete, di Matteo Salvini, segretario del Carroccio? No. Non poteva e non è mancata.

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In attesa e nell’auspicio dello spirito bipartisan chiesto da Renzi per la ricostruzione di ciò che è stato distrutto anche da questo terremoto, mi sembra ragionevole che il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio tenga ad agire in sintonia con i sindaci: categoria, peraltro, di cui lui e lo stesso Renzi hanno fatto parte.

Ma anche i sindaci debbono darsi una mossa e cambiare registro, se è vero, com’è purtroppo vero, che sono ben 1759 i Comuni italiani che non hanno provveduto a predisporre i piani di emergenza imposti dalla legge. Non lo hanno ancora fatto nonostante siano trascorsi quattro anni dalla scadenza, anch’essa imposta dalla legge.

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