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Tutte le tensioni tra Germania e Turchia su migranti, gas e base Nato di Incirlik

La Germania sta valutando se ritirare i propri Tornado di stanza a Incirlik, la grande base Nato in Turchia, operativi nella guerra allo Stato islamico.

LE VISITE E IL MANDATO PARLAMENTARE

La motivazione? I turchi, che hanno il patrocinio della base, impediscono la visita di parlamentari e funzionari tedeschi all’impianto e al proprio contingente (la scorsa settimana è stato il primo ministro Binali Yildirim, durante un incontro con i giornalisti stranieri, a ribadire il concetto a proposito di una visita prevista ad ottobre). Rainer Arnold, esperto di Difesa dei socialisti dell’Spd, ha rivelato allo Spiegel la riflessione politica in atto a Berlino, annunciando un voto a settembre: “Per ottime ragioni storiche”, come ha scritto Christoph Strack sulla Deutsche Welle, la Bundeswehr è un “esercito parlamentare”, sono dunque i legislatori a deciderne le azioni volta per volta. L’Spd è il partito più attivo, ma siccome la presenza dei caccia tedeschi è garantita da un mandato parlamentare che scade nel 2016, se l’ala sinistra dell’intesa di governo dovesse far mancare il proprio appoggio, tutta l’impalcatura della missione verrebbe meno, per questo si stanno valutando già nuove opzioni; in testa Giordania e Cipro, dove ci sono già gli inglesi (“Il governo federale deve ora cercare immediatamente altre sedi per i soldati tedeschi” ha detto Arnold). Il motivo del divieto alzato da Ankara sarebbe da ricercare in una sorta di rappresaglia politico-diplomatica (non dichiarata) legata alla decisione presa da Berlino a giugno con cui il Bunderstag ha definito ufficialmente la persecuzione turca contro gli armeni, avvenuta sotto l’Impero Ottomano, un genocidio; posizione disprezzata da Ankara.

I PROBLEMI, ANCHE TECNICI, DI UN RICOLLOCAMENTO

Se sembra presente a Berlino un asse politico che oltre alla sinistra di governo è composto anche da parlamentari di altri partiti, inclini allo spostamento, i militari si schierano sul fronte opposto. Muovere il contingente “anti-IS” (sei Tornado, aerei cisterna e 250 soldati per la logistica) dalla Turchia significherebbe interrompere per un paio di mesi le missioni (e questo è un dettaglio non relativo, che avrà valutazioni politiche da condividere con gli alleati della Coalizione), e soprattutto vorrebbe dire perdere il contatto diretto con gli americani. Attualmente a Incirlik i tedeschi, come tutti gli altri contingenti presenti, possono godere di canali di comunicazioni aperti e usufruire della condivisione immediata dei dati di intelligence raccolti dagli aerei americani: il ricollocamento in altre basi renderebbe questo passaggio di dati più complicato e rallentato.

LE MEDIAZIONI

Mercoledì, però, l’unico paese che insieme agli americani ha immediatamente dato il proprio sostegno all’operazione Scudo dell’Eufrate lanciata dalla Turchia in Siria è stato la Germania: il portavoce del ministero degli Esteri Martin Schaefer ha definito la campagna “in linea con gli obiettivi e le finalità della coalizione anti-ISIS” dicendo che Ankara ha tutto il diritto di combattere contro “queste” organizzazioni terroristiche che si trovano ai propri confini. Il plurale “queste” ha un significato, perché sottintende che Berlino avalla anche la decisione turca di muoversi in anticipo contri curdi siriani, che stanno guadagnando terreno nell’area di confine turco-siriana in cui si svolgono le attività dello “Scudo”. Da una parte il genocidio armeno, che ha generato formalmente l’alterco, dall’altra la lotta ai curdi, come calumet per la pace, perché forse i problemi tecnici elencati dalla Bundeswehr hanno più valore della rappresaglia politica (d’altronde anche Ankara, che ha fatto il pieno di critiche per le purghe governative dopo il fallito golpe di quaranta giorni fa, ha bisogno di qualcuno che si faccia sponda, a livello internazionale, alle proprie azioni). Due giorni fa la Cancelliera Angela Merkel dichiarava di augurarsi di risolvere le incomprensioni con Ankara e poter superare le posizioni interne permettendo al contingente tedesco di restare a Incirlik: Merkel ha spiegato che le visite delle Commissioni parlamentari sono di “vitale importanza” dato che è proprio il Parlamento ad autorizzare la missione militare e su questo cercherà mediazioni con Ankara; anche la ministro della Difesa Ursula von der Leyen ha detto che è nell’interesse di entrambi i Paesi mantenere buoni rapporti. Merkel e il presidente russo Recep Tayyp Erdogan hanno affrontato la questione anche al vertice Onu di Varsavia.

SFONDI E SCENARI DI UN RAPPORTO AMBIGUO

Sullo sfondo una competizione tra i due paesi, che potrebbero diventare in un progetto nemmeno troppo lontano, gli hub europei del gas russo, assumendo centralità geostrategica. Da un lato il progetto Nord Stream 2 (nota: non piace agli americani), sposato da Berlino in quanto raddoppierebbe le linee del gasdotto esistente convogliando l’80 per cento del gas spedito da Mosca in Europa tutto in Germania, facendo diventare Berlino il polo strategico dei nodi di distribuzione energetica nel resto del continente. Dall’altro il Turkish Stream, rotta che sceglierebbe la via meridionale per portare il gas naturale della Gazprom verso la Turchia. Altro contesto, la Germania è sede di una forte comunità composta da circa tre milioni di turchi: citando documenti classificati sempre lo Speigel ha rivelato che i servizi segreti turchi hanno avanzato la richiesta agli omologhi della Bnd tedesca per collaborare nella ricerca di alcuni elementi che Ankara considera collegati al FETO, l’acronimo turco diFetullahçı Terör Örgütü, Movimento terroristico gulenista, ossia i sostenitori del predicatore Fetullah Gulen, auto-esiliatosi negli Stati Uniti (con cui è in ballo una polemica sulla richiesta di estradizione), e considerato dalla Turchia l’organizzatore del fallito golpe del 15 luglio; non è chiara la risposta tedesca, ma Ankara ha inserito Berlino tra le cancellerie che non hanno espresso solidarietà alla Turchia per il tentativo di colpo di stato. Altro aspetto: il ruolo della Turchia nella crisi dei migranti e il flebile accordo con l’Europa di cui Merkel s’è fatta promotrice, questione su cui Erdogan potrebbe calcare a secondo dei propri interessi. Invece ad aumentare le criticità dietro questo rapporto fatto di ambiguità e mediazioni pragmatiche (paradigma di quello più ampio tra Turchia e Occidente), la reazione furiosa di Ankara dopo che era trapelato un rapporto segreto prodotto dal ministero dell’Interno tedesco in cui l’intell analizzava come la Turchia fosse diventata “una culla per i gruppi islamisti”: “Come risultato della politica interna ed estera di Ankara, che è stata islamizzata passo passo soprattutto a partire dal 2011, la Turchia ha sviluppato una piattaforma di azione per gruppi islamici nella regione del Medio Oriente” scrive il documento, che elenca il sostegno di Ankara ad organizzazioni politiche militanti non proprio irreprensibili, come i Fratelli musulmani o Hamas.

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