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Ippocrate, tutti i dettagli sulla missione dell’Italia in Libia

Si chiamerà Ippocrate la missione che l’Italia avvierà in Libia costruendo un ospedale militare con 65 medici e infermieri nell’area di Misurata per curare i feriti delle milizie che in prima linea combattono contro i terroristi dell’Isis. I soldati che saranno impegnati complessivamente sono 300, di cui 135 come supporto logistico e 100 per garantire la sicurezza. La comunicazione ufficiale al Parlamento è avvenuta con l’audizione dei ministri degli Esteri e della Difesa, Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti, davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, che successivamente voteranno una risoluzione di appoggio alla decisione del governo. Risoluzione dal sapore solo politico perché, trattandosi di missione umanitaria, non è necessario un voto del Parlamento in attuazione della risoluzione 2259 dell’Onu che consente di intervenire su richiesta del governo libico. Di fatto, comunque, a parte le operazioni delle forze speciali o di agenti segreti dell’Aise inevitabilmente smentite e coperte da riservatezza, per la prima volta militari italiani saranno sul terreno libico con regole d’ingaggio ancora non ufficializzate, ma che consentiranno ovviamente l’uso della forza in caso di attacco. Tecnicamente umanitaria, dunque, ma politicamente e militarmente molto significativa.

LE PAROLE DEL MINISTRO PINOTTI

Il ministro Pinotti ha ricostruito gli eventi partendo dall’8 agosto, quando Fayez al Sarraj, primo ministro del governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu e presidente del Consiglio presidenziale libico, ha chiesto ufficialmente al presidente Matteo Renzi una struttura ospedaliera, visto che la quantità di feriti delle milizie di Misurata era tale da non rendere possibile un continuo trasporto in Italia, come avvenuto in precedenza. Il 15 agosto l’Italia ha effettuato una ricognizione sanitaria, seguita da una logistica il 23 agosto. Contestualmente, il ministro della Difesa libico ha chiesto un nucleo di collegamento. L’ospedale sarà dunque costruito nell’aeroporto di Misurata: in aggiunta al contingente dei 300 uomini (in gran parte del 186° reggimento Folgore) sarà rischierato un aereo C27J da trasporto per eventuali evacuazioni d’emergenza e una delle navi già impegnate nella missione Mare Sicuro (ma non la portaerei Cavour, ha precisato Pinotti) fornirà un supporto aggiuntivo. La missione sarà operativa in tre settimane e a fine settembre comincerà anche l’addestramento della Guardia Costiera e della Marina libiche, com’è stato deciso nell’ambito della fase 2 della missione Eunavfor Med guidata dall’ammiraglio Enrico Credendino.

COSA HA DETTO IL MINISTRO GENTILONI

Si sa che la situazione libica è molto complicata, ma Gentiloni ha sottolineato che l’intervento delle milizie di Misurata (pagato con 400 morti e 2.500 feriti), supportato dagli Stati Uniti e logisticamente dall’Italia “ha scongiurato il rischio di una Libia in mano al terrorismo”, anche se il pericolo “non è del tutto cancellato”. Il governo italiano ha anche stanziato 500 mila euro per uno “sminamento umanitario” nell’area di Sirte dove ormai i jihadisti sono ristretti in pochi caseggiati: “un’area sigillata con un anello di contenimento” per evitare fughe, ha detto Pinotti. Oltre alla lotta al terrorismo, gli altri due obiettivi dell’Italia sono, com’è noto, favorire una stabilizzazione e frenare il flusso di immigrati. Nel primo caso la posizione del generale Khalifa Haftar, capo delle Forze armate della Camera dei rappresentanti di Tobruk, sta creando ulteriori problemi con l’attacco degli ultimi giorni alle postazioni petrolifere, anche se le Guardie petrolifere libiche hanno annunciato di aver recuperato posizioni a Ras Lanuf. Continuano i contatti tra Tripoli e Bengasi per tentare di modificare il governo di al Sarraj e anche di creare una sorta di consiglio militare unificato, ma per ora regna l’instabilità.

IL DIBATTITO SULL’IMMIGRAZIONE

Sul fronte dell’immigrazione, invece, Gentiloni ha ammesso che nelle ultime due settimane il flusso dalle coste libiche è aumentato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e, mentre c’è una collaborazione tra il governo di al Sarraj e il ministero dell’Interno italiano proprio per capire la gestione di questi flussi, il pericolo che l’Italia vuole sventare è la divisione della Libia che causerebbe ulteriori enormi problemi. Tutti sanno che sarebbe fondamentale dare il via alla terza fase di Eunavfor Med, cioè la possibilità per le navi di arrivare a ridosso delle coste libiche e operare contro gli scafisti. Lo ha sollecitato Maurizio Gasparri (Forza Italia) nel dibattito ed è stato poi ribadito da una nota congiunta dei capigruppo di Camera e Senato di FI, Renato Brunetta e Paolo Romani, e dai componenti della Consulta sicurezza, Gasparri ed Elio Vito. Mancano ancora i presupposti, però. I due ministri hanno ricordato che occorre sia una richiesta del governo di al Sarraj sia una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Se sul primo, visti i recenti sviluppi, Pinotti non esclude novità in un prossimo futuro, l’ostacolo è rappresentato dal Consiglio di sicurezza dove, ha detto Gentiloni, si sta tentando di convincere i riottosi come la Russia che teme una riedizione di quanto accaduto nel 2011.

VERSO BRATISLAVA

Il 16 settembre si terrà a Bratislava una riunione dei capi di Stato o di governo dell’Ue e il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre (Pd), ha chiesto che in quella sede si decida di applicare l’articolo 44 del Trattato istitutivo dell’Unione per affidare la missione di scorta all’ospedale militare a un gruppo di Stati membri, creando così una Force protection fatta non solo da italiani. Da un lato, ha detto Latorre, sarebbe un primo esempio della volontà di realizzare davvero una Difesa comune, dall’altro costringerebbe la Francia (sponsor di Haftar) ad assumersi delle responsabilità diverse. Evitando, cioè, un’Italia impegnata in Tripolitania e una Francia in Cirenaica. Pier Ferdinando Casini (Ap), presidente della commissione Esteri del Senato, è stato realista nel dire che “siamo comunque nel pantano libico”, a prescindere da questa nuova missione, e garbatamente critico nei confronti di Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, sponsor di una Difesa comune. “I Paesi europei fanno politiche diverse”, ha detto Casini che ritiene fondamentali, oltre al sostegno del governo di al Sarraj, “il controllo condiviso delle coste e un piano Marshall non solo per la Libia, ma per tutti i Paesi del Mediterraneo. Gli intenti europei sono più importanti dell’esercito europeo”.

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