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Caso Pizzarotti, ecco cosa si dice tra gli ex 5 Stelle in Emilia-Romagna

Un ciclo si è concluso. Con l’addio di Federico Pizzarotti, quel Movimento 5 Stelle cresciuto lungo la via Emilia dopo gli storici V-Day di Bologna tra il 2007 e il 2008 e la nascita delle prime liste civiche può considerarsi finito. Se lo ripetono i tanti ex grillini che affollano l’Emilia-Romagna, molti dei quali espulsi quando il furore di Gianroberto Casaleggio si abbatteva implacabile su chi (a suo dire) sgarrava anche di poco, altri andati via spontaneamente (il sindaco di Parma non è l’unico di questa categoria) perché non più in linea con un gruppo su cui spadroneggia un fedelissimo di Beppe Grillo come il consigliere comunale bolognese e due volte candidato sindaco Massimo Bugani (qui un suo ritratto e qui un approfondimento).

LE PAROLE DI DEFRANCESCHI

L’Emilia-Romagna, dove alle politiche del 2013 l’exploit elettorale ha portato il Movimento a superare il Pd in alcune zone, è la prima regione degli espulsi eccellenti. Tra questi, l’ex consigliere regionale Giovanni Favia, cacciato per quelle parole registrate a sua insaputa dai microfoni di La7 che denunciavano le storture del sistema grillino. Questa mattina Favia su Facebook ha definito Pizzarotti “ultimo samurai emiliano”. “La pulizia etnica dei pensanti – ha scritto -, iniziata nel 2012 da parte dei padroni del marchio, è stata ora portata a termine. Umiliazione dopo umiliazione, hai resistito anche troppo”. Quindi ha postato questo articolo scritto due anni fa. Anche un ex collega in assemblea legislativa regionale, Andrea Defranceschi, è stato messo alla porta, con la scusa di un’inchiesta sulle cosiddette spese pazze che poi l’ha visto assolto (insieme allo stesso Favia). E proprio Defranceschi, amico di Pizzarotti, ieri si è lasciato andare ad alcune riflessioni su Facebook, dove ha parlato di “funerale del Movimento”. Con riferimento al “Movimento del 2009, quello che ha fatto alzare dal divano tanti di noi, che ci ha fatto mettere sudore, fatica, tempo e denaro, quello che ci ha fatto perdere gli affetti, dimenticare di avere avuto degli hobby. C’eravamo tutti a -3°C, da soli in una piazzetta a dare dei volantini. Avevamo tanti ideali, mille speranze, tanta fiducia e ottimismo. Volevamo essere diversi e lo siamo stati. Per poco tempo, ma lo siamo stati”. Defranceschi afferma che “oggi il movimento non è più il Movimento. E questo è un fatto. E’ un’altra cosa, che può piacere e non piacere. E questa è un’opinione”. E ancora: “Non ci aspettavamo di sentir parlare di un ‘capo politico’, di direttori, di staff, di norme ad personam, di regole inesistenti ripetute a pappagallo da leoni da tastiera, di democrazia negata, di gente che falsifica le firme, di assessori presi dal Pd e ‘dai poteri forti’, di votare statuti confezionati, di convention con aree VIP, di consiglieri regionali che si fanno il vitalizio da soli, di ‘uno vale l’altro’. E l’abbiamo avuto.”

LA SALSI RINCARA

Tra le prime espulse a 5 Stelle c’è anche Federica Salsi, ex consigliera comunale bolognese cacciata in un men che non si dica per aver partecipato a una puntata di Ballarò. “Sono contenta della decisione che ha preso il sindaco Pizzarotti perché conoscendo come stava lui all’interno del movimento e conoscendolo come persona capisco la sua fatica e la sofferenza sia di rimanere dentro che di uscire. Non so di preciso a chi possa rivolgersi quando dice ‘io parlo da uomo libero e invece ci sono persone che hanno paura’: io ricordo che in occasione delle prime espulsioni dal Movimento dei parlamentari, alcuni degli eletti in Parlamento mi dissero ‘ma non tutti abbiamo il coraggio di Federica Salsi’”, ha detto in un’intervista. Dopo essersi ricandidata a Bologna senza però venire eletta, la Salsi a Pizzarotti dice che “è giusto che lui continui a occuparsi della sua città, nonostante sia tirato per la giacchetta da quanti lo vorrebbero a capo di un movimento nazionale anche se il sindaco dice che in questo momento non è interessato e vuole fare ciò per cui è stato eletto. Condivido questa sua posizione, anche perché fare il capo di un altro Movimento significherebbe fare la brutta copia del M5S. Le persone che sperano che Pizzarotti, porti avanti questo progetto non hanno capito che gli stanno chiedendo ciò che stanno criticando nei confronti di Grillo, ovvero di essere un capo”.

DA FERRARA A RIMINI

Il primo espulso nella storia dei 5 Stelle, l’ex consigliere comunale di Ferrara Valentino Tavolazzi, peraltro già amico personale di Grillo, per ora si è limitato a condividere sulla pagina Facebook la diretta della conferenza stampa del sindaco di Parma. E come lui ha fatto Marco Fabbri, sindaco di Comacchio, altro ex grillino. In una recente intervista Tavolazzi era comunque arrivato a dire che “oggi per l’Italia il M5S è più una minaccia che una opportunità, tutt’altro rispetto alle premesse iniziali. Non credo più in questo movimento e temo che la ricostruzione dal basso sia una impresa titanica. Ma è la sola cosa in cui sperare”.
Un altro che come Pizzarotti se n’è andato per conto suo dal Movimento è il consigliere comunale di Rimini Luigi Camporesi, già candidato sindaco dei 5 Stelle nel capoluogo di riviera; l’addio del primo cittadino di Parma lo ha commentato con amara ironia, suggerendo a Grillo di prendere “i sali di litio” e proponendogli “una nuova clinica”. Sempre da Rimini, arriva anche il commento dell’eurodeputato Marco Affronte, che del Movimento fa ancora parte: “Al di là di tutto – scrive -, e comunque vada a finire, mi risulta incomprensibile come, in oltre due anni, non ci sia potuti (o non si abbia voluto) sedersi a un tavolo con Federico Pizzarotti e, semplicemente, parlarsi”.

(Foto tratta dalla pagina Facebook di Federico Pizzarotti)

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