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Simpson, Moore, Saxo bank e i robot, ecco chi e come aveva previsto il trionfo di Trump

In principio furono i Simpson. Più accurati di una Goldman Sachs – che non sempre in effetti ci prende – più realisti di quello che la realtà, 16 anni più tardi, ci avrebbe mostrato.
Nell’episodio 17 dell’undicesima serie, Bart to the future, trasmesso nel 2000, il figlio maggiore dei Simpson fa un viaggio nel furto e scopre che 30 anni dopo una Lisa (sua sorella) molto simile a Hillary Clinton è diventata presidente degli Usa, succeduta a Donald Trump da cui ha ereditato la crisi di bilancio. “Era la persona più assurda alla quale potevamo pensare – così ha commentato Matt Groening nel corso della campagna elettorale – Ed è ancora così. Va oltre la satira”.
Ma se i Simpson ci vedono lungo (prepariamoci: la prima donna presidente degli Usa potrebbe arrivare tra 14 anni!), non si può dire lo stesso per sondaggisti, economisti, strategist delle case d’affari e giornalisti. Quasi nessuno aveva scommesso sulla possibilità che il magnate conquistasse sul serio la Casa Bianca. Ipotesi sulle conseguenze se ne facevano, ma con l’avvertimento che fossero “altamente improbabili”.

DA NOSTRADAMUS A OGGI

Pare ora, con il senno di poi, che invece persino Nostradamus, nella Prima Centuria (Quartina 40) conoscesse l’esito di queste elezioni: “The false trumpet concealing madness will cause Byzantium to change its laws (la falsa tromba che cela la follia farà sì che Bisanzio cambi le sue leggi)”. Un – chiarissimo – riferimento al presidente e alla sua intenzione di fermare i migranti (che arrivano a Occidente attraverso la Grecia, Bisanzio nella quartina). Nostradamus, si sa, è fortemente criptico e in genere le sue profezie vengono smascherate a evento avvenuto (mai prima). Non si può dire lo stesso di Allan Litchman, professore alla facoltà di legge della American University che dal 1984 non sbaglia un colpo. Usando un metodo matematico, che risponde al nome di Keys to the White House e che spiega diffusamente in un libro: si tratta di farsi 13 domande su partito e candidato del presidente ancora in carica e su quelli dello sfidante; sulla variazione dei seggi a metà mandato, su condizioni di economia, successo/insuccessi in politica estera, carisma dei candidati. A ognuna di queste domande si risponde con vero o falso, se più di sei sono false, vincerà il candidato dell’opposizione. Così Litchman sapeva già due mesi fa il nome del trionfatore e l’ha scritto su Twitter.
Su Twitter aveva detto lo stesso ad aprile Piers Morgan, editorialista dello Us Mail Online e supporter sfegatato del nostro.

LE CINQUE RAGIONI DI MICHAEL MOORE

E poi c’è il regista Michael Moore, che in lungo articolo pubblicato sull’Huffington Post a luglio spiegava i cinque motivi per cui avrebbe vinto Trump, sperando di poter essere smentito. “Questo miserabile, ignorante, pericoloso pagliaccio part-time, e sociopatico a tempo pieno, sarà il nostro prossimo presidente. Presidente Trump. Forza, pronunciate queste parole perché le ripeterete per i prossimi quattro anni: PRESIDENTE TRUMP”, scriveva Moore. E sapeva persino dovrebbe la fortezza sarebbe stata espugnata, ovvero “nella cosiddetta Rust Belt a nord dei Grandi Laghi: Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin. Quattro stati tradizionalmente democratici che hanno eletto governatori repubblicani dal 2010… Da Green Bay a Pittsburgh, questa America, amici miei , è come il centro dell’Inghilterra: al verde, depresso, in difficoltà, le ciminiere che punteggiano la campagna con la carcassa di quella che chiamiamo Middle Class. Lavoratori arrabbiati, amareggiati, ingannati dall’effetto a cascata di Reagan ed abbandonati dai Democratici che ancora cercano di predicare bene ma, in realtà, non vedono l’ora di flirtare con un lobbista della Goldman Sachs che firmerà un gran bell’assegno prima di uscire dalla stanza”. Quattro Stati che avrebbero fornito a Trump i 64 voti necessari a vincere, quelli che 2012 aveva causato la sconfitta di Mitt Romney. Senza considerare che la Clinton, non piaceva ai Millenials né alle donne, è una guerrafondaia ed è “incredibilmente impopolare: quasi il 70% degli eletteori pensa che sia disonesta e inaffidabile. Rappresentante della vecchia politica, che non crede a niente se non alle cose utili a farsi eleggere”.

FINE DEL PATTO SOCIALE, IL VATICINIO DI SAXO BANK

E poi ci sono gli esperti di finanza. Qualcuno avrà scommesso sulla vittoria di Trump? Probabilmente Saxo Bank, il cui capo economista Steen Jacobsen scriveva – a marzo – che la fine del patto sociale, il tacito accordo tra governati e governanti che dovrebbe definire diritti e doveri e che si è ridotto a un prendere ordini e accettare un costante stato di emergenza da parte dei governati, era la causa dell’ascesa di Trump e Le Pen in Francia e della Brexit. “Gli elettori di tutto il mondo stanno rifiutando le strutture tradizionali – scriveva Jacobsen – Questo è il motivo per cui Hillary Clinton non può vincere le elezioni americane: è l’emblema dell’ordine precostituito ed elitario. Trump, d’altra parte, è così lontano dall’idea di un politico da rappresentare l’elemento di disturbo in un mondo di ordine: proprio ciò che gli elettori statunitensi desiderano. Sembra che né politici, né BCE riescano a comprendere le semplici basi dell’economia: l’inflazione deriva dalla velocità di circolazione della moneta, che nella sua forma più semplice è trainata dalla domanda di credito -non dalla sua offerta! Incentivando investitori e consumatori a spendere e investire, la domanda di credito sale. Sostenere il settore bancario invece non supporterà né inflazione né crescita, ma renderà il contratto sociale ancora più fragile. Oltre a non funzionare risulterà addirittura controproducente, sia per le banche, sia per un obiettivo di normalizzazione”.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Infine, c’è un ultimo oracolo a cui faremmo bene in futuro a prestare molta più attenzione: si chiama intelligenza artificiale. Quella di MogIA, per esempio, un sistema sviluppato da Sanjiv Rav, fondatore della start-up indiana Genic.ai. Che ha analizzato il comportamento degli elettori su Facebook, Twitter, YouTube e altre piattaforme online, scoprendo che Trump otteneva un maggior tasso di coinvolgimento, la variabile che da 12 anni fa dire correttamente a MogIa chi vincerà le elezioni. Il tasso di coinvolgimento verso Donald Trump era del 25% superiore rispetto a quello verso Barack Obama nel 2008. Alla vigilia delle elezioni infine Kaufmann & Partners, società londinese specializzata in strategica e financial advisory è riuscita a prevedere sulla linea del traguardo il risultato sempre sfruttando una piattaforma di Artificial Intelligence e strumenti di text analytics proprietari, questa volta made in Italy. Basati cioè sulle potenzialità cognitive della tecnologia Cogito di Expert System: anche in questo caso un’analisi comparata fra i risultati dei sondaggi e gli esiti delle attività di social media hanno aiutato a capire quello che gli americani non osavano dire. Fino all’8 novembre, appunto.

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