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Riforma Madia, cosa non capisco delle intemerate contro la Corte Costituzionale

Matteo Renzi, Spread

Per delegittimare qualcuno è sufficiente, ormai, accusarlo di essere un burocrate. Il giovane caudillo si accanisce a definire ‘’burocrati’’ i commissari dell’Unione, dimenticando che ciascuno di loro potrebbe sbattergli in faccia un cursus honorum, acquisito nel Paese di cui è rappresentante, ben più fornito del suo. Dopo la sentenza sulla legge Madia sono diventati ‘’burocrati’’ anche i giudici della Consulta. Il fatto è che questo epiteto sprezzante non è scaturito soltanto da una bravata in più del premier, ma ha trovato riscontro, più o meno esplicito, sui quotidiani e le tv. In alcuni casi, qualche commentatore si è cimentato nella conta dei giudici renziani e di quelli antirenziani, attribuendo al prevalere di questi ultimi le sentenze che hanno messo in difficoltà il Governo. Quando Silvio Berlusconi si azzardava a sostenere che la Corte Costituzionale era in mano alla sinistra, arrivavano da tutte le parti delle sonore reprimende. E quando il Cavaliere invocava, a sua difesa, di essere espressione della sovranità popolare (e, in effetti, a Palazzo Chigi non era entrato – come Renzi – mediante una congiura di partito, ma grazie a milioni di voti), gli si faceva giustamente notare che l’articolo 1 della Carta sancisce con chiarezza che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei limiti previsti dalla Costituzione.

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Ad essere pericolosa e mefitica è l’aria che tira anche nella nuova cultura costituzionale. Sta passando l’idea giacobina della Convenzione, come unico organo del potere. Che poi era l’idea del PCI nell’Assemblea costituente: una sola Camera eletta dal popolo, senza il Senato, le Regioni e la stessa Corte Costituzionale. Una sorta di Palazzo d’Inverno da conquistare, una volta per tutte. Ma almeno i padri costituenti comunisti non intendevano privare il popolo dell’elettorato attivo. L’onnipotente Camera dei deputati del disegno renziano – grazie all’Italicum – sarà nominata, nei fatti, dal capo del Governo, che è anche leader del partito che vince le elezioni e che, nel compilare le liste, decide chi saranno i deputati. Non toccherà quindi la Camera, dopata dal premio di maggioranza, di votare la fiducia al Governo; essa dovrà dare prova di meritare la fiducia che il ‘’comandante in capo’’ ha posto in essa.

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Nei commenti della sentenza della Consulta in tanti non hanno esitato ad intingere la penna nel veleno della demagogia, prendendosela con la solita “casta’’, con i “mandarini’’, con i “privilegi’’, come se ci fosse un comune senso di giustizia che va oltre le leggi e viene prima dei diritti. La caratteristica dei regimi totalitari è quella di una completa dissociazione tra legalità e giustizia (non a caso Palmiro Togliatti invocava la ‘’legalità socialista’’ quando accusavano l’URSS di violare le libertà fondamentali). In uno Stato di diritto i concetti di legalità e di giustizia coincidono. E così ‘’si fa giustizia’’ applicando la legge.

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Quando si va in televisione bisognerebbe avere la battuta pronta. Purtroppo non sempre ci si riesce. La scorsa settimana a “L’aria che tira’’, Myrta Merlino ha infilato prontamente una mia intemerata contro Beppe Grillo, ricordando che io, nel referendum, voterò No come lui. Se fossi stato più presente a me stesso avrei dovuto rispondere così: “No. Io voto come Mario Monti e come consiglia la Cgil’’.

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Con l’intesa contrattuale dei metalmeccanici non nasce soltanto un più avanzato modello di relazioni industriali, ma si afferma anche quello che sarà, tra breve, il nuovo gruppo dirigente del sindacalismo confederale.

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E’ morto Fidel Castro. Fu un grande rivoluzionario o uno spietato dittatore ? Si è detto di lui che sarà giudicato dalla storia. Essa, però, guarda le cose dall’alto e spesso non riesce a scorgere o considera effetti collaterali le tragedie e i misfatti che i contemporanei, invece, non possono ignorare.

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