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Mps, il paracadute del Tesoro e le commissioni per Jp Morgan e Mediobanca

Di Pietro Di Michele e Bruno Guarini
Marco Morelli

Corsa contro il tempo per tentare di salvare Mps e per dare un futuro all’istituto senese guidato dall’amministratore delegato Marco Morelli. Dopo che Jp Morgan e Mediobanca si sono sfilati dal consorzio di garanzia per l’aumento di capitale, la ripatrimonializzazione connessa alla vendita di uno stock di sofferenze è sempre più in bilico. Così si attende ora in particolare l’intervento del governo per mettere in sicurezza l’aumento di capitale da 5 miliardi di euro per il Monte con progetti e procedure ancora tutte da finire in un decreto in gestazione al Tesoro e che vede una continua interlocuzione con la Commissione europea. Nel frattempo si scoprono numeri eccentrici (la ricapitalizzazione serve soprattutto a coprire gli oneri per la vendita delle sofferenze) e s’avanzano domande su alcuni aspetti tecnici di tutta l’operazione relativi alle entrate di advisor e banche d’affari. Ma andiamo con ordine.

COSA STA STUDIANDO IL TESORO

Il quotidiano Repubblica oggi parla, a proposito dei piani allo studio del dicastero dell’Economia retto da Piercarlo Padoan, di “paracadute da 95 miliardi di euro per azioni e liquidità delle banche più fragili è già pronto”. Il paracadute si comporrebbe “di 15 miliardi che potranno essere usati per l’intervento pubblico in eventuali aumenti di capitale delle banche più fragili; altri 80 miliardi, invece, serviranno a garantirne la raccolta di liquidità sui mercati”. E’ un paracadute, aggiunge Andrea Greco di Repubblica, che si aprirà da giovedì 22, salvo miracoli privati che fino a mercoledì si tentano per trovare 5 miliardi sul mercato per Mps”.

GLI ONERI PER MPS

Ma quanto costa l’operazione in ballo per Mps? “La complessa operazione che condurrà in salvo il Monte dei Paschi di Siena – ha scritto negli scorsi giorni Carlotta Scozzari sul Messaggero – costerà alla banca 3 miliardi e 875 milioni. Cifra a cui l’istituto di credito guidato da Marco Morelli conta di fare fronte con l’aumento di capitale fino a 5 miliardi che partirà entro l’anno e che costituisce esso stesso il passaggio-chiave del salvataggio (insieme con la maxivendita di sofferenze che saranno cartolarizzate)”. A riportare la cifra è la stessa Mps, hanno sottolineato Federico Fornaro e Fernando Pineda di Formiche.net, tra le righe del documento di offerta di riacquisto delle obbligazioni subordinate (Lme) partita lunedì: “I costi complessivi dell’operazione (dove per operazione si intendono sia la cessione di sofferenze, sia l’aumento di capitale sia lo stesso Lme, ndr) sono dati da effetti economici pro-forma, al 30 settembre 2016, pari a 3.705 milioni e da effetti patrimoniali pro-forma, al 30 settembre 2016, pari a 170 milioni. Tali impatti saranno fronteggiati mediante un aumento di capitale da 5 miliardi”. Quindi, se ne evince, l’aumento di capitale da 5 miliardi servirà a pagare quasi 4 miliardi di costi del salvataggio.

LA MAXI CARTOLARIZZAZIONE

Gran parte dei 3,875 miliardi di costi complessivi del salvataggio servirà per la cartolarizzazione delle sofferenze. Sì, perché va ricordato che questi crediti saranno trasformati in titoli da “piazzare” tra gli investitori, ha scritto Formiche.net. “Si evidenzia – si legge sempre nel documento di offerta – che la cartolarizzazione comporta per la banca, al 30 settembre 2016, un effetto economico pro-forma negativo non ricorrente per 2.720 milioni, che include 179 milioni di svalutazione dei finanziamenti subordinati concessi al veicolo per la cartolarizzazione, che l’emittente (Mps, ndr) ritiene non recuperabili, stante il livello di subordinazione. L’emittente metterà a disposizione del veicolo di cartolarizzazione una linea di liquidità stimata in circa 235 milioni”.

I RILIEVI DI MUCCHETTI

A porre domande sull’impianto dell’operazione orchestrata da Mps con l’ausilio di Jp Morgan e Mediobanca è oggi Massimo Mucchetti, giornalista di economia e finanza, ora senatore del Partito democratico e presidente della Commissione Industria di Palazzo Madama: “Come mai – dice oggi al Fatto Quotidiano intervistato da Stefano Feltri – il recupero dei crediti in sofferenza costa a Mps 12 basis point mentre a Vicenza 9? Un sovracosto del 25 per cento e cioè 250 milioni sul miliardo dichiarato alla Consob. Chi se li prende? Come mai lo spread sul bridge loan a Vicenza, che è fallita, vale il 4,5%, mentre a Siena, che fallita ancora non è, supera il 5%?”.

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