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Chi ha fiducia (e chi non ha fiducia) sull’economia italiana

vouluntary bis, Mps, PIER CARLO PADOAN, spending, spending review

La fiducia dei consumatori, dopo il trend di calo costante evidenziato per tutto il 2016, è rimbalzata a sorpresa nell’ultimo mese dell’anno, a 111,1 dopo essere rimasta stabile a 108,1 a novembre. È il primo aumento dallo scorso luglio, e il più marcato da ottobre dello scorso anno. Il livello dell’indice è significativamente superiore alla media storica sia degli ultimi 5 o 10 anni (99,1 e 98,9 rispettivamente) che di lungo termine (102,1).

Il miglioramento è diffuso a tutte le principali componenti in quanto riguarda sia le valutazioni delle famiglie sulla propria situazione economica (a 102,7 da 101,3 precedente) che il clima economico generale (a 133,8 da 127,6), sia i giudizi correnti (a 106,2 da 103,7) che le aspettative per il futuro (a 116,2 da 113,8 di novembre).

Sono migliorate per il secondo mese le aspettative sulla disoccupazione (a 20 da 28 precedente: è il dato migliore dallo scorso marzo).

Le famiglie riportano (come già il mese scorso) un miglioramento della situazione economica personale sia corrente che attesa, ma un lieve deterioramento del bilancio famigliare (peraltro, il relativo indice resta non lontano da un massimo da quasi 8 anni). Migliorano anche le opportunità sia attuali che future di risparmio. Le opportunità attuali legate all’acquisto di beni durevoli sono salite marginalmente da -54 a -53.

Sia l’inflazione percepita dalle famiglie nell’ultimo anno che quella attesa per i prossimi 12 mesi sono calate per il terzo mese consecutivo (a -36 da -34 e a -34 da -28, rispettivamente).

Viceversa, l’indice composito di fiducia delle imprese diffuso dall’Istat è calato per il secondo mese a dicembre, a 100,3 da 101,4 a novembre.

L’andamento è però molto differenziato per le varie componenti dell’indice: il calo è dovuto ai servizi (102,5 da 105 precedente) e alle costruzioni (120,4 da 124,2 di ottobre), mentre il morale migliora sia nel manifatturiero (a 103,5 da 102,2) che nel commercio al dettaglio (a 107,4 da 106,5): in entrambi i casi si tratta di un massimo nell’ultimo anno. In ogni caso, in tutti i principali settori il livello del morale delle imprese è superiore alla media degli ultimi 5 o 10 anni (particolarmente nelle costruzioni).

Nel manifatturiero, il miglioramento è diffuso a tutte le principali componenti in quanto riguarda sia le valutazioni correnti che le aspettative future, sia sulla produzione che sugli ordini. Recuperano in particolare gli ordinativi dall’estero (da -16 a -12, un massimo negli ultimi 12 mesi); più modesto l’incremento delle commesse domestiche (da -17 a -16), che peraltro tornano a un massimo da marzo del 2008. L’unica nota negativa arriva dalla correzione (per il secondo mese consecutivo) delle aspettative delle imprese sull’economia (a -3 da -1); peraltro, nonostante ciò aumentano le intenzioni di assunzione (da 1 a 2, un record pluriennale): ciò potrebbe essere un segnale del fatto che le imprese intendevano sfruttare l’ultima parte dell’anno per approfittare del taglio contributivo generalizzato sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato in scadenza a fine 2016. Infine, al contrario che a novembre, rimbalza il morale delle imprese produttrici di beni strumentali e intermedi (in quest’ultimo caso, ai massimi da 5 anni e mezzo), mentre più limitato è il miglioramento nel settore dei beni di consumo. A livello geografico, l’aumento riguarda in particolare il Nord Est, dove la fiducia tocca un massimo da gennaio del 2011. L’indagine trimestrale rivolta alle imprese 2 esportatrici mostra un aumento sia dei giudizi che delle attese sul fatturato, nonché una diminuzione delle aziende che segnalano ostacoli all’attività di esportazione (in particolare di quelli legati alla qualità dei prodotti e ad altri fattori).

In sintesi, i dati sono risultati migliori delle nostre aspettative (e di consenso). Incoraggiante il rimbalzo della fiducia dei consumatori dopo un lungo trend di calo. Per quanto riguarda la fiducia delle imprese, il miglioramento nel manifatturiero (il settore maggiormente anticipatore) e nel commercio (un comparto che avevano dato nel corso del 2016 segnali di deciso indebolimento) appare più importante della correzione nei servizi e soprattutto nelle costruzioni (dove il livello dell’indice resta sensibilmente superiore alla media storica).

In linea con le nostre attese, l’esito del referendum costituzionale, nonché la successiva crisi di governo (peraltro, risolta in tempi brevissimi), non sembra aver avuto impatto sulla fiducia degli operatori economici.

I dati sono coerenti con una possibile marginale riaccelerazione del Pil a inizio 2017 (in area 0,1-0,2% t/t) dopo il rallentamento atteso per fine 2016 (nella forchetta tra zero e 0,1% t/t). La velocità di crociera dell’attività economica resta modesta, ma il trend di ripresa non sembra essersi interrotto, e i temuti effetti negativi dell’esito del referendum del 4 dicembre non sembrano essersi manifestati.

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