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Che cosa ha detto Sergio Mattarella nel discorso di fine anno

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E’ stato un discorso che ha superato quello del 20 dicembre rivolto alle alte cariche dello Stato, che pure era stato definito il più importante. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ormai definito la cifra del suo settennato: punto di riferimento per i cittadini, sempre più infastiditi dalla mancata soluzione ai problemi più gravi, e arbitro per la classe politica che ora, dopo il discorso di fine anno, ha definitivamente capito che chi dà le carte sta al Quirinale. Un ragionamento tutt’altro che retorico, anche se si è aperto con “Patria” e chiuso con “Italia”, parole desuete per molti, e che ha toccato i temi più delicati: dal lavoro al terremoto, dall’immigrazione al terrorismo, dalla legge elettorale all’odio politico.

Il lavoro e i giovani. “Il problema numero uno del Paese resta il lavoro” ha detto Mattarella perché, nonostante l’aumento degli occupati, “non potremo sentirci appagati finché il lavoro, con la sua giusta retribuzione, non consentirà a tutti di sentirsi pienamente cittadini”. Un riferimento, quello alla retribuzione, forse dettato dalla polemica sull’uso, e spesso l’abuso, dei voucher. Dunque combattere la disoccupazione “è il primo orizzonte del bene comune”. Quella tra occupati e disoccupati è una delle “fratture” sociali che preoccupano, come quelle tra Nord e Sud o tra centri e periferie. Mattarella si è rivolto anche ai giovani che hanno ancora più difficoltà a trovare lavoro e ha affrontato una delle polemiche più recenti: studiare o lavorare in altre nazioni europee, ha detto, “è una grande opportunità, ma dev’essere una scelta libera. Se si è costretti a lasciare l’Italia per mancanza di occasioni, si è di fronte a una patologia cui bisogna porre rimedio. I giovani che decidono di farlo meritano, sempre, rispetto e sostegno” e a quest’ultima frase saranno fischiate le orecchie al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.

Elezioni solo dopo una legge elettorale. Il passaggio politicamente più rilevante è arrivato alla fine, ma sgombra il campo da eventuali dubbi e costringe alcuni leader politici a rivedere le proprie strategie. Mattarella non ha nessuna intenzione di sciogliere il Parlamento al buio e ora l’ha detto anche in diretta tv. Dopo la formazione del governo Gentiloni all’indomani del referendum, il presidente ha rivelato di aver ricevuto lettere critiche da chi avrebbe preferito votare a febbraio nonostante la Camera sia oggi regolata da una legge “fortemente maggioritaria” (l’Italicum) e il Senato da “una legge del tutto proporzionale” (il cosiddetto Consultellum). “Chiamare gli elettori al voto anticipato è una scelta molto seria” e dunque “occorre che vi siano regole elettorali chiare e adeguate perché gli elettori possano esprimere, con efficacia, la loro volontà e questa trovi realmente applicazione nel Parlamento che si elegge. Queste regole, oggi, non ci sono”. E’ qui che Mattarella ha aggiunto una goccia di veleno, ricordando che durante le consultazioni per la formazione del nuovo governo “tutti i partiti e i movimenti presenti in Parlamento” gli hanno sottolineato “l’esigenza di approvare una nuova legislazione elettorale”. “Con regole contrastanti tra loro – ha spiegato il capo dello Stato – chiamare subito gli elettori al voto sarebbe stato, in realtà, poco rispettoso nei loro confronti e contrario all’interesse del Paese. Con alto rischio di ingovernabilità”. Detto in altri termini: prima insistete per una nuova legge elettorale e poi fate pressione per andare a votare subito?

Un altro avvertimento ai partiti è stato il riferimento all’odio “come strumento di lotta politica”, un “nemico insidioso” che può intossicare la società minacciandone la sopravvivenza. Deve opporvisi soprattutto chi ha responsabilità, tanto che subito dopo ha fatto cenno al web, chissà se pensando a Beppe Grillo e al Movimento 5 Stelle: Internet è una “grande rivoluzione democratica” che “va preservata e difesa da chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi”. Inevitabile ricordare le polemiche dopo la frase del presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, che al Financial Times ha parlato della necessità di organismi indipendenti che rimuovano le “bufale” dal web, subito attaccato da Grillo in difesa della Rete.

Gli italiani tra crisi e paure. Mattarella dà voce alla realtà: la crescita economica è in ripresa, “ma è debole”. Bisogna ridare fiducia ai cittadini, “a partire dai risparmiatori”, e la società italiana non si rafforzerà “senza uno sviluppo della coscienza civica e senza una rinnovata etica dei doveri. La corruzione, l’evasione consapevole degli obblighi fiscali e contributivi, le diverse forme di illegalità vanno contrastate con fermezza”. Un nuovo riferimento all’evasione fiscale come fece un anno fa. Ma il presidente cita anche i disagi quotidiani, dalle liste di attesa negli ospedali agli anziani da assistere alle carenze nei trasporti pubblici. E se “non ci devono essere cittadini di serie B”, a maggior ragione “sarebbe un grave errore sottovalutare le ansie diffuse nella società. Dopo l’esplosione del terrorismo internazionale di matrice islamista, la presenza di numerosi migranti sul nostro territorio ha accresciuto un senso di insicurezza”: no all’equazione immigrazione-terrorismo, ma bisogna evitare a tutti i costi che in Italia si “radichino presenze minacciose o predicatori di morte”. Un passaggio che gli consente di ringraziare forze di polizia e servizi di intelligence, come le Forze armate impegnate in “missioni di pace” in tante aree del mondo. Sull’immigrazione, inoltre, non è mancato un richiamo all’Ue dalla quale “ci attendiamo gesti di concreta solidarietà sul problema della ripartizione dei profughi e della gestione, dignitosa, dei rimpatri di coloro che non hanno diritto all’asilo”.

Il terremoto. Mattarella ha elencato le vittime italiane di tante tragedie del 2016: da Giulio Regeni alle studentesse Erasmus morte in Spagna, dalle vittime di Dacca e di Nizza (in quanti ricordiamo che anche a Dacca ci fu sangue italiano?) a Fabrizia De Lorenzo morta a Berlino come Valeria Solesin un anno fa a Parigi. Ma, ancora una volta, sono i terremotati del Centro Italia che aprono e chiudono il discorso del presidente della Repubblica: “Non devono perdere la speranza. L’augurio più autentico è assicurare che la vita delle loro collettività continui o riprenda sollecitamente. Ovunque, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nel ritrovarsi insieme. Ricostruiremo quei paesi così belli e carichi di storia”. I bambini della scuola dell’Infanzia di Acquasanta Terme (Ascoli Piceno) pochi giorni fa gli hanno regalato un disegno che ritrae la loro scuola e una scritta: “La solidarietà diventa realtà quando si uniscono le forze per la realizzazione di un sogno comune”. “I sogni dei bambini possono costruire il futuro della nostra Italia” ha concluso. Da un piccolo centro marchigiano è arrivata la più semplice lezione alla politica.

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