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Perché è sacrosanto il ceffone di Sergio Staino alla Cgil

Altro che il Massimo D’Alema degli assai presunti anni d’oro, quando da presidente del Consiglio si scontrò a vuoto, perdendo clamorosamente, con il “signor Cofferati” della Cgil! Il cosiddetto “cinese” con le bretelle naturalmente rosse, che ora si gode il Parlamento europeo, e credo anche la buona pensione di sindacalista.
A Sergio Staino, il popolarissimo vignettista creatore di Bobo e felicemente nominato nei mesi scorsi direttore dell’Unità, è bastato un breve editoriale, naturalmente sfuggito alla solita informazione dei giornaloni, per smascherare la protervia politica della Cgil della Susanna Camusso e metterla nell’angolo. Da cui la signora ha cercato di uscire peggiorando la sua situazione.
Indignata a tal punto da non avere ritenuto il vecchio e infaticabile Staino meritevole di una risposta diretta e personale, la Camusso ha voluto lasciarsi difendere con una lettera collettiva da tutti i segretari di categoria della Confederazione, compreso il più noto televisivamente, che è il metalmeccanico Maurizio Landini, come per avvertire che lei non è una persona qualunque ma la signora Cgil: una specie di zarina del sindacato rosso. Per cui il povero Staino avrebbe compiuto un reato di lesa maestà accusandola di aver fatto della sua organizzazione il rifugio del “ribellismo”.
Non si ha infatti memoria di contestazioni che la Camusso abbia ricevuto nelle piazze d’Italia da parte dei più agitati, come accadde invece, a dimostrazione della loro moderazione e responsabilità, a due illustri predecessori citati da Staino scusandosi di averli scambiati pure lui, con la sprovvedutezza utopica degli anni giovanili, per sindacalisti non sufficientemente impegnati nella difesa dei più deboli. Quei giganti del sindacalismo e della sinistra italiana erano Luciano Lama e Bruno Trentin.

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Dopo avere impegnato la sua Cgil sul fronte referendario del no alla riforma costituzionale, come se fossero in gioco le sorti dei lavoratori italiani, e non l’inutile Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, peraltro affollato di sindacalisti, e un Senato costosamente ripetitivo della Camera, la signora Camusso ha allestito contro il governo tre referendum abrogativi, fra l’altro dei cosiddetti voucher, usati per i lavori occasionali. Che la signora ha paragonato addirittura ai “pizzini” dei mafiosi. Eppure tra quelli che ricorrono a questi pizzini c’è anche la Cgil, come non hanno potuto negare gli uffici periferici, diciamo così, del sindacato penosamente invitati da quelli nazionali a minimizzare i casi, riducendoli ad una marginalità credibile come la verginità di una donna di facili costumi.
Un altro dei referendum antigovernativi promossi dalla Cgil tende a ripristinare, addirittura aggravandola, la vecchia e restrittiva disciplina degli scioperi. Dalla quale peraltro erano esonerati i sindacati, che potevano e possono licenziare come e quando vogliono, o quasi.
Il rivendicazionismo esasperato della Cgil è del resto dimostrato dal rifiuto della Cisl di seguirla nella contestazione dei buoni dei lavori occasionali, la cui soppressione restituirebbe alla clandestinità, cioè al nero previdenziale, un bel po’ della pur precaria occupazione.
In queste condizioni a fare gli offesi per le critiche ricevute da un vecchio e genuino uomo di sinistra come il padre di Bobo ci vuole del coraggio davvero.

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È un po’ lo stesso coraggio, inteso come disinvoltura o sfacciataggine politica, con cui Beppe Grillo gioca con tutto quello che gli capita fra le mani e i piedi.
Dopo avere preso a calci il garantismo incautamente attribuitogli per avere tolto dal cosiddetto codice etico delle 5 stelle l’automaticità delle dimissioni dei suoi parlamentari e amministratori locali, solo i suoi, raggiunti da avvisi di garanzia, Grillo ha deciso, fra la sorpresa e le proteste scatenatesi fra gli internauti, di fare accasare i cosiddetti portavoce pentastellati nel gruppo liberale del Parlamento di Strasburgo: il più europeista e convinto della moneta unica, che è invece considerata in Italia dal movimento del comico una mezza disgrazia.
Le alleanze sdegnosamente rifiutate in Italia sono quindi accettate e praticate dai grillini a Strasburgo per fare del loro nuovo gruppo il terzo di quel Parlamento, in grado di partecipare con i nuovi adepti al mercato politico di quell’assemblea più proficuamente di quanto a costoro possa accadere rimanendo con i leghisti italiani e con gli inglesi di Nigel Farage. Che naturalmente non possono dare dei traditori ai grillini senza rimediare almeno un vaffa…di quelli che solo Grillo sa urlare facendosi sentire anche dalle stelle.

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