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Vi racconto il colpo di coda di Obama in Europa con la Nato

Obama

Mentre alla casa Bianca stanno imballando gli ultimi effetti personali della famiglia Obama, nel porto di Bremerhaven in Bassa Sassonia sembra di assistere a un nuovo sbarco in Normandia.

In queste ore i carri armati, i mezzi logistici e gli equipaggiamenti della Terza Brigata Corazzata della Quarta Divisione di Fanteria USA di stanza a Fort Carson, Colorado, stanno rombando giù dalle navi da trasporto per essere stivati sui treni merci destinati alle nuove basi in Polonia e in Romania. Rappresentano la testa di ponte della operazione Atlantic Resolve e saranno presto affiancati da mezza brigata delle forze di assalto aerotrasportate. Intanto, un reggimento canadese verrà schierato in Lettonia, un’unità tedesca in Lituania, mentre Regno Unito e Francia – le altre due nazioni nucleari NATO insieme agli USA – uniranno le forze per difendere l’Estonia: l’estrema frontiera verso Est dove si sta ultimando la costruzione di nuove basi militari.

Migliaia di nuovi soldati NATO americani ed europei stanno convergendo alle frontiere con la Russia, rinforzati da altri 87 nuovi carri d’assalto Abrams, 144 veicoli corazzati Bradley, 60 elicotteri d’attacco e da trasporto. Si tratta di una totale inversione di rotta rispetto al depotenziamento delle forze armate NATO in Europa che ha portato i più di 300.000 uomini schierati di fronte al confine sovietico negli anni ’80 a scendere a meno di 100.000 all’inizio del millennio.

Perciò non stupiamoci per la standing ovation che l’intero parlamento russo ha tributato a Trump quando è giunta notizia del risultato delle elezioni USA. In fondo, la storia stessa dimostra che proprio coi Repubblicani sono sempre riusciti a mettersi d’accordo ed a firmare trattati di contenimento o almeno di non proliferazione. Ok, Trump è quantomeno un repubblicano anomalo, ma trascurando le sue fanfaronate destinate alla pancia degli elettori, fino ad ora nella scelta dei protagonisti del suo transition team e nelle prime prese di posizione da presidente eletto si è comportato in modo molto più moderato di quanto si temeva.

Fra gli analisti militari è diffuso il detto che, in politica internazionale, il secondo più grande errore che si possa commettere è tracciare una linea rossa senza realmente essere in grado di difenderla. E Obama ha compiuto questo errore ad esempio avvertendo la Siria che non avrebbe tollerato l’uso di armi chimiche sui curdi, ma dimenticandosi di rispondere adeguatamente quando è risultato evidente che l’avvertimento era stato ignorato.

Ma il primo più grande errore consiste nel non fare capire agli interlocutori se la linea rossa c’è o non c’è. In questo momento gli Stati Uniti stanno inviando alla Russia un doppio segnale: da una parte l’amministrazione uscente sta spendendo le ultime ore al potere per militarizzare sempre di più i Paesi a ridosso dei confini russi che la pace di Yalta aveva assegnato alla sfera di influenza sovietica e che avevano garantito – insieme alle corrispondenti zone di influenza americane fra cui l’Italia – a formare quel doppio cuscinetto che nella sua fragilità ha retto per l’intera durata della guerra fredda. In questa ottica si inserisce la nuova base missilistica di Deveselu in Romania integrata nel Complesso Europeo di Difesa Antimissili Balistici (BMD) che sarà completato nel 2018 e l’annuncio dei nuovi cannoni a rotaia (rail-gun) destinati a neutralizzare le capacità di rappresaglia russe in caso di attacco counterforce.

Dall’altra il presidente eletto che sta per entrare nello Studio Ovale continua a mandare segnali distensivi ai russi e ha basato la sua campagna elettorale sul disimpegno degli USA dalla NATO.

Dopo la caduta del Muro nel 1989 – o meglio dopo l’estensione della NATO ad Est del 1997 – gli Stati Uniti e la stessa NATO hanno mandato molteplici assicurazioni alla Russia per garantire che – nonostante questo evidente sconfinamento – la situazione strategica “di Yalta”, non sarebbe sostanzialmente variata. Le truppe occidentali fino ad ora non si erano schierate in modo permanente oltre l’antico confine fra il Patto di Varsavia e la NATO. Caccia e bombardieri con la Rosa dei venti hanno fatto scalo negli aeroporti delle Repubbliche Baltiche e della Polonia, ma non vi si sono trattenuti. Lo stesso George W. Bush ha più volte dichiarato che le difese antimissilistiche installate in Polonia e nella Repubblica Ceca non andavano intese in chiave anti russa ma erano destinate a difendere l’Europa dal lancio di eventuali missili iraniani. I russi comunque non se l’erano bevuta e – per non aumentare la tensione – quegli stessi sistemi antimissile erano stati smantellati e riportati più a ovest.

Fra le ultime azioni del presidente in carica e le parole di quello che guiderà la Casa Bianca per i prossimi 4 anni, fra i colpo di coda destinati ad innalzare sempre di più la tensione e dichiarazioni distensive, l’unica cosa che le diplomazie di tutto il mondo si augurano è che questa transizione americana finalmente si compia e che gli Stati Uniti possano tornare a parlare con una sola voce univoca, prendendo una posizione chiara sui rapporti che vogliono tenere con la Russia e, naturalmente, prendendosi la piena responsabilità delle conseguenze.

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