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Chi c’era (e cosa si è detto) al welcome to Congress organizzato dall’ambasciatore Varricchio

ARMANDO VARRICCHIO

“Non ho idea su questa nuova amministrazione, vedremo. Ma non ho nessun motivo per pensare che (quello tra Usa e Italia) non sarà un buon rapporto. Noi abbiamo sempre avuto un rapporto sopra le parti, che ci sia un democratico o un repubblicano alla Casa Bianca”, ha detto all’Ansa Nancy Pelosi, ex speaker e ora leader della minoranza democratica alla Camera degli Stati Uniti. Pelosi ha parlato negli scorsi giorni con l’agenzia stampa durante un welcome-to-Congress, un ricevimento inaugurale organizzato nelle propria residenza dall’ambasciatore italiano Armando Varricchio (nella foto).

Al centro dell’evento ci sono state le prospettive di collaborazione tra Italia e Stati Uniti, che restano un punto fermo, confermato dall’affetto e l’entusiasmo con cui i presenti hanno partecipato, sottolinea l’ambasciata. La serata s’è svolta l’11 gennaio, organizzata come “benvenuto” per celebrare l’inaugurazione del 115esimo Congresso degli Stati Uniti. C’erano membri sia repubblicani che democratici, e gli esponenti dell’Italian American Congressional Delegation, associazione bicamerale e bipartisan che raggruppa tutti i membri del Congresso di origini italiane o “amanti” dell’Italia. L’importanza del ruolo degli italiani in America è stata citata anche nel discorso di addio che il presidente Barack Obama ha tenuto a Chicago una settimana fa: parlando degli italiani (e degli irlandesi e dei polacchi) ha ricordato come gli stereotipi sugli immigrati che hanno segnato i nativi americani decine di anni fa sono stati superati perché “questi nuovi arrivati ​​hanno abbracciato il credo di questa nazione, e questa nazione è stata rafforzata”.

Parole che in parte si scontrano con quelle rilasciate dal presidente eletto Donald Trump durante la sua prima intervista con i media europei uscita due giorni fa, quando ha parlato della possibilità che anche gli ingressi per i cittadini europei negli Stati Uniti possano finire oggetto di restrizioni. Nella stessa intervista anche una singolare, rispetto al comportamento storico dei presidenti americani, presa di posizione contro l’Unione Europea (ma nella pragmatica affaristica di Trump l’aspetto ideologico è un elemento relativo).

Pelosi ha anche parlato di un altro tema, più delicato: il rapporto con gli alleati militari della futura Casa Bianca. “Come trattiamo i nostri partner Nato è importante: e questo potrebbe essere diverso”, ha detto riferendosi alle posizioni prese da Trump a proposito dell’Alleanza Atlantico di cui l’America è azionista di maggioranza. Proprio nell’ormai nota intervista rilasciata domenica al Times e alla Bild, Trump è tornato a calcare l’argomento, già battuto in campagna elettorale: la Nato è “obsoleta”, ha ridetto, e gli altri Paesi danno un contributo troppo basso (il termine “obsoleta” lo aveva già usato durante il suo discorso alla convention repubblicana).

L’argomento è caldo, non solo perché è stato subito ripreso dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov come occasione per un attacco (“Trump ha ragione, la Nato è un relitto obsoleto”). La dichiarazione di Pelosi, cronologicamente arrivata prima delle parole di Trump, è anche una sorta di richiamo: perché è vero che il presidente americano che si insedierà tra tre giorni ha come linea conosciuta (si scrive “conosciuta” perché ci stiamo abituando a sorprese e cambi di posizione) il riequilibrio dell’impegno americano a livello globale – dunque anche nella Nato, “in un negoziato, devi sempre essere pronto ad andartene” disse a proposito a luglio, in piena campagna elettorale –, ma la questione è stata sollevata già da Obama in passato. Il fatto che gli alleati non contribuiscano alla propria “fair share“, la giusta quota di spese da investire nell’Alleanza, che è rappresentata dal 2 per cento del Pil in investimenti militari (e rispettata solo da cinque paesi, l’Italia per esempio è ferma all’1,1 con tagli continui causa crisi economica), è diventato un cruccio per Washington, appesantito dalle contingenze economiche globali. È fantascienza politica pensare alla Nato senza una guida americana, o ancora di più a una Nato senza America, ma i segnali che Pelosi sottolinea sulle visioni di Trump continuano a essere abbastanza espliciti. “Con me, il presidente eletto ha espresso grande interesse nel mantenere le nostre relazioni strategiche più importanti e posso testimoniare del suo impegno nei confronti delle Nato e della Trans-Atlantic Alliance” disse Obama nella prima conferenza stampa dopo il voto: ora non c’è da aspettare l’inizio dell’amministrazione.

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