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Ecco come Papa Francesco richiama all’ordine i Cavalieri di Malta

Tra dichiarazioni ufficiali, lettere riservate, commissioni e contro-commissioni, non si allenta il braccio di ferro tra la leadership dei cavalieri dell’Ordine di Malta e il Vaticano.

IL VATICANO TORNA A CHIEDERE COLLABORAZIONE

L’ultima nota della Santa Sede pubblicata martedì 17 gennaio va nel segno di non screditare la commissione voluta direttamente da Papa Francesco per fare luce sulla crisi dell’Ordine dopo la cacciata del barone tedesco Albrecht von Boeselager, ex gran cancelliere maltese, estromesso a inizio dicembre per non avere impedito la distribuzione di profilattici quando era grande ospedaliere. Il Vaticano ha chiesto ancora di collaborare con le indagini in corso da parte del Gruppo dei cinque nominati da Francesco. Ma soprattutto “rifiuta, in base alla documentazione in suo possesso, ogni tentativo di screditarne le figure e l’opera”.

CAVALIERI CONTRO: CI SONO CONFLITTI DI INTERESSE

La nota vaticana è un chiaro riferimento all’ultima mossa del gran maestro dell’Ordine, Matthew Festing che, stando a quanto riportato lunedì 16 dal britannico The Tablet, avrebbe scritto una lettera ai leader dei cavalieri, denunciando l’inadeguatezza del Gruppo vaticano ad indagare, perché alcuni dei suoi membri (tre dei cinque) avrebbero collegamenti con un fondo a Ginevra, rendendoli così in conflitto di interesse e incapaci a valutare serenamente la situazione. Festing non fornisce i nomi. “Nulla di sconveniente”, preciserebbe il gran maestro, ma una situazione che lo avrebbe comunque indotto a formare una contro-commissione di inchiesta.

CHI SONO GLI 007 DEL PAPA

Il Gruppo costituito dal Papa il 21 dicembre è guidato dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, già Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra. Gli altri membri sono il gesuita Gianfranco Ghirlanda, canonista e rettore emerito della Gregoriana; l’avvocato Jacques de Liedekerke, gran cancelliere dell’Ordine dal 2002 al 2005; il banchiere Marc Odendall, membro del cda dell’Aif (l’Autorità di informazione finanziaria del Vaticano); Marwan Sehnaoui, presidente dell’Ordine di Malta in Libano.

LE STRADE PER GINEVRA

I link con Ginevra del Gruppo voluto dal Papa sarebbero da ricercare almeno nelle persone del nunzio Tomasi e di Odendall, tesoriere della Fondazione Caritas in Veritate con sede nella città svizzera, di cui lo stesso arcivescovo è stato presidente. Si tratta di una fondazione impegnata a guidare la promozione dei valori cristiani e del pensiero sociale della Chiesa nella Ginevra internazionale. Come osserva The Tablet: non vi è alcuna indicazione che il coinvolgimento di Odendall in questa fondazione provochi un conflitto di interesse a raccogliere informazioni sull’Ordine per conto di Francesco. Se non per il fatto che la fondazione opera presso organismi internazionali e l’Ordine di Malta ha sue rappresentanze diplomatiche.

IL GRAN MAESTRO INVOCA IL DIRITTO INTERNAZIONALE

Già alla notizia della formazione del Gruppo, il gran maestro aveva risposto picche, rivendicando come la sostituzione di von Boeselager fosse un “atto di amministrazione interna al governo del Sovrano Ordine di Malta” e di conseguenza di sua esclusiva competenza. Festing parlava di “un equivoco della Segreteria di Stato” e di una sua mossa “inaccettabile”. Il gran maestro aveva quindi scritto ai cavalieri per annunciare il rifiuto a cooperare con la Commissione vaticana. In punto di diritto, ribadiva che “l’Ordine ha una rappresentanza diplomatica presso la Santa Sede, secondo le norme del diritto internazionale”. Stando a quanto trapelato, tuttavia, il Gruppo di informazione – che si è già riunito il 5 e il 16 gennaio – avrebbe ricevuto testimonianze scritte provenienti da membri dell’Ordine, anche ad alto livello.

“IL PAPA HA IL DIRITTO DI SAPERE”

Il Vaticano ha da sempre insistito che ha il potere di indagare sulle circostanze intorno all’azione contro von Boeselager, in quanto i cavalieri costituiscno sì una sorta di Stato senza patria e confini con ambasciatori accreditati, ma anche un ordine religioso cattolico che, in ultima analisi, devono obbedienza al Papa. Come già anticipato da una nota preparata dal Gruppo e diffusa dall’agenzia Usa Catholic News Service, la Commissione non è iniziativa della Segreteria di Stato, ma direttamente del Papa, che ha tutto il diritto di essere informato delle circostanze che circondano la rimozione del barone von Boeselager per “l’autorità che esercita direttamente ed immediatamente su tutti battezzati, siano laici o chierici”.

FINANZA, MORALE O SILURO?

Von Boeselager era stato estromesso dal gran maestro Festing alla presenza del cardinale Raymond Burke, patrono presso l’Ordine per conto del Papa. Il gran maestro avrebbe rivendicato l’azione sostenendo un appoggio della Santa Sede, citando anche una lettera di Francesco in cui si invocavano le dimissioni del barone. Una lettera, però, che non sarebbe mai esistita. Secondo una narrazione piuttosto diffusa la crisi sarebbe un pretesto per far fuori il cardinal Burke, uno dei firmatari dei dubia all’Amoris laetitia con conseguente promessa di “correzione formale” al Papa se non risponderà ai quesiti. La vicenda tuttavia sembra portare anche dentro i gangli della finanza vaticana. Tra Ior e Aif: nel cda dello Ior siede da poche settimane il fratello di Albert, Georg von Boeselager. E all’Aif rimanda uno dei cinque del gruppo voluto da Francesco, Odendall.

NECESSITA’ DI RICUCIRE

Nel felpato linguaggio della diplomazia, se il Vaticano fa la voce grossa rigettando le illazioni della leadership dell’Ordine sui componenti del Gruppo voluto dal Papa, allo stesso tempo ribadisce il suo “appoggio ed incoraggiamento all’encomiabile lavoro che membri e volontari realizzano in varie parti del mondo, in compimento delle finalità dell’Ordine: la tuitio fidei (la difesa della fede) e l’obsequium pauperum (il servizio ai poveri, ai malati e alle persone più vulnerabili)”. E anticipa che adotterà “le decisioni più opportune per il bene del Sovrano Ordine Militare di Malta e della Chiesa”.

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