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La nuova legge risolverà l’annoso problema del rischio sanitario?

legge Gelli,

Il Ddl. 2444, dopo l’approvazione del Senato, torna alla Camera. Dopo anni di discussione di decine di testi, di interferenze di vari ministri della Salute e dell’Economia, il testo in questione (relatore il responsabile della Sanità del Pd, Federico Gelli) si avvia verso la fase conclusiva.
Già oggi si sono alzate “voci entusiastiche” sulle proprietà taumaturgiche del testo, da parte di parlamentari, esperti assicurativi, sindacati, associazioni dei malati.
Ci permettiamo di dire la nostra, frutto di una esperienza diretta in tema di responsabilità professionale dei medici. Esperienza sia come docente in corsi di formazione sia come soggetto coinvolto professionalmente in grane professionali, che ci hanno distrutto 6 anni di vita. Per finire in una bolla di sapone. Nella disamina del Ddl. 2444 ci limiteremo perciò a una sintesi tecnica.
Si tratta di 18 articoli che – secondo Alcuni – dovrebbero eliminare 4 criticità del settore: la medicina difensiva; l’accanimento verso gli operatori; la poca offerta assicurativa; l’eccesso dei risarcimenti.
Non è così e non sarà così!

1) La legge prevede che le nuove disposizioni non causino nuovi/maggiori oneri per la finanza pubblica (art. 2 ,art.5, art. 18), ma le regioni e province autonome possano derogare dalla legge stessa (art.17). Ebbene, già questi 2 articoli neutralizzano gli entusiasmi ingiustificati. Infatti, se la situazione è oggi critica e fuori controllo, lo si deve – in massima parte – al fatto che tutte le strutture sanitarie, oggi, sono in condizioni di rischio.
Lo sono sia per il mancato adeguamento dal punto di vista logistico (edifici, percorsi, attrezzature, norme di sicurezza) sia dal punto di vista assicurativo. Il Ddl sembra ignorare oggi che, in molte Regioni, le polizze assicurative ospedaliere prevedono franchigie consistenti (fino a 500mila euro) ai fini del contenimento dei costi.
Ebbene, nel Ddl manca la cosa fondamentale: l’obbligo, per le Asl e per le strutture sanitarie, di attivare polizze assicurative senza franchigia a copertura totale – e non parziale – dei rischi RCT/RCO. Da questo punto di vista il Ddl “pecca”, soprattutto nell’art.10.

2) Il Ddl, in altri termini, non fornisce ai professionisti ed ai cittadini la certezza che – chi lavora od utilizza le strutture sanitarie pubbliche o private – sia realmente tutelato da una assicurazione “globale ed ottimale”, qualunque cosa avvenga: per casualità, imperizia, dolo, colpa grave.
Pochi esempi. Le assicurazioni coprono anche i trasporti dei malati e del personale ? In caso di incidente durante il trasporto, la polizza vale?
Ancora. In presenza di medici senza laurea (caso recente ed eclatante, a Bassano del Grappa) quali sono le responsabilità della struttura, che non ha verificato l’assenza della laurea? Ginecologi, cardiologi, ortopedici, laboratoristi senza laurea.

3) Non sono chiari i rapporti tra le polizze assicurative delle strutture e quelle individuali dei singoli professionisti. Chi garantirà che le 2 tipologie di polizza si integrino totalmente e che la loro gestione non dia (come avviene oggi) adito a contenziosi infiniti tra l’assicurazione della struttura e quella del professionista ?

4) Dovrà assicurarsi tutto il personale sanitario o solo quello medico? Siamo sicuri che il personale sanitario non medico possa assumersi un siffatto onere economico, soprattutto per quanto riguarda il personale ausiliario, i fattorini, gli autisti , chi lavora nei magazzini (es. materiale scaduto)?

5) Difensore civico, centro regionale per il rischio: “possono” essere attivati, ma a costo zero (art.2). Lo stesso dicasi per l’Osservatorio nazionale (art.3).

6) Linee-guida (art. 5). Giusto affidarsi a linee-guida (DMSalute, 90 gg). Ma resta il punto cruciale, irrisolto. Quali saranno le linee-guida ottimali, in presenza di linee-guida “contrastanti tra loro” varate dalle numerose società scientifiche italiane. Si pensi, ad esempio, a possibili indicazioni contrastanti in tema di bilancio idrico, di terapia antibiotica, di metodologie diagnostiche e chirurgiche. Ottima l’identificazione delle regole statutarie e della rappresentatività delle società specialistiche, meno scontata l’assenza di contrasti operativi, che dovrebbero essere integrati dal sistema nazionale delle linee-guida, da vararsi entro 120 gg dal varo della legge. 120 giorni!

7) Responsabilità penale (art.6)

Viene inserito, nel Codice Penale, l’art. 590 sexies, che fa riferimento agli art. 589 e 590 del Codice Penale stesso. Viene esclusa la “responsabilità colposa per lesioni sanitarie” in caso di imperizia, in presenza di rispetto delle linee guida e delle buone pratiche clinico assistenziali.
Tutto a posto? Per noi No. Il sanitario potrebbe rispettare le regole teoriche ma potrebbe (in assenza di urgenze reali) aver effettuato, ad esempio, pratiche cliniche per le quali era privo di esperienza. E allora, chi rispondera’?
Qui qualcuno si è dimenticato di citare l’imprudenza, l’imperizia, il dolo e la colpa grave. Tutti elementi presenti nelle norme contrattuali della P.A. e della sanità, in particolare.
Conseguenze? Nel penale si andra’ in modo ancor più determinato ed il penalista dovrà essere molto competente in materia sanitaria. La spiegazione è semplice: le linee guida “salvano” chi è sotto accusa per imperizia. Quindi, il legale e il CT dovranno dimostrare che non si tratta nè di negligenza nè di imprudenza. Secondo Voi, sarà facile dimostrarlo?

8) Responsabilità civile (art.7)

Le strutture sanitarie rispondono , ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del Codice Civile, delle condotte dolose e colpose dei loro sanitari, dipendenti o non dipendenti. Per questo si rinvia al punto 4). Non solo ma il c. 3 dell’art.7 pone subito il problema dei rapporti tra la struttura e chi fa il danno (rivalsa), inserendo il concetto di obbligazione contrattuale con il paziente, la condotta del sanitario e le Tabelle di risarcimento (ex art. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni private). Tabelle tutte da verificare (diciamo Noi) perche’ potrebbero sia sottostimare che sovrastimare il rimborso dovuto.
Che possibilità avrà, il sanitario, di impugnare la decisione del giudice (c.3). E costui (giudice) sarà imperativo (c.5) verso le strutture o verso il sanitario?

9) Tentativo di conciliazione (art.8)

Il soggetto che reputi di essere stato “leso” , prima di iniziare una azione “civile” deve attuare un tentativo di coinciliazione (c.1) od un procedimento di mediazione (c.2). Dopo 6 mesi di mancata soluzione, puo’ partire il ricorso al giudice civile (c.3), all’interno del quale sono coinvolte tutte le parti in causa (c.4), incluse le assicurazioni.
L’esperienza non ha insegnato nulla. In siffate situazioni, gli interessi della assicurazione della struttura e quelli della assicurazione del sanitario sono contrastanti, con una posizione svantaggiata per l’assicurazione del sanitario. La struttura, infatti, ha tutto l’interesse a chiudere il contenzioso e non a cercare la verità dei fatti !

10) Azione di rivalsa (art.9)

Trattasi di articolo non chiaro. Chi esercita la rivalsa? L’azienda ospedaliera o l’assicurazione della stessa?
Bene, che la rivalsa valga solo per il dolo e per la colpa grave. Che essa escluda il sanitario escluso (come parte attiva) dal giudizio. Ma siamo proprio sicuri che la Corte dei Conti, invece, non richiami l’ente al recupero del denaro “erogato” dalla struttura, anche in caso di colpa lieve?
In ogni caso, il sanitario colpevole dovra’ sborsare fino a “3 annualità di stipendio lordo” (!), la cui entità sarà decisa dal pubblico ministero presso la Corte dei Conti.
Sarà possibile impugnare la decisione del giudice “monocratico”? Ne dubitiamo. In ogni caso, anche questi saranno costi per il sanitario.
Ancora, c.5, il professionista vedra’ bloccata la carriera per un triennio.

11) Obbligo di assicurazione (art.10)

In aggiunta a quanto già esposto, andrebbe inserito un comma analogo a questo:” L’autorizzazione all’esercizio della attivita’ sanitaria da parte di una struttura è condizionata all’obbligo di una assicurazione totale dei rischi RCT e RCO. Chiunque eserciti attività sanitaria dovra’ munirsi di polizza assicurativa specifica contro il rischio”.
Cosi’ invece non è e resta la genericità e l’incompletezza della norma.
Non solo ma (c.3) al singolo è richiesta “solo” una polizza professionale per “colpa grave”. Siamo sicuri che, questa regola, tuteli di piu’ i medici ?

12) Requisiti minimi delle polizze assicurative ( art.10, c.6)

Un decreto del Mise (120 gg, previa intesa Stato-Regioni e sentite decine di entità ) determineraà i requisiti minimi delle polizze assicurative, prevedendo l’individuazione di classi di rischio e un fondo rischi per singola assicurazione.
Nulla si dice sulla affidabilità delle imprese assicurative, come se recenti episodi (assicurazioni “fantasma” dell’Est europa) non richiedessero norme stringenti per definire la possibilità di essere assicuratori, in sanità.
Anche qui, ci sarà trasparenza (c.7)?

13) Pregressa e postuma (10 anni, art.11)
Nulla da dire su questo articolo che estende l’obbligo di copertura pregressa e postuma (10 + 10 anni) dalla data della denuncia, durante la vigenza temporale della polizza. Cio’ vale anche in caso di cessazione definitiva dell’attività professionale.

14) Azione diretta del danneggiato verso l’assicurazione (della struttura o del singolo; art.12)

Non si capisce come questo articolo si raccordi con l’art.8. Ci potrebbero essere dei contenziosi. Il danneggiato (vero o presunto) potrebbe evitare il tentativo di conciliazione/mediazione ed agire subito contro l’assicurazione?
Stranamente (c.3) solo l’assicurazione ha il diritto di rivalsa verso l’assicurato…Rivalsa che, invece, non è automatica da parte dell’assicurato verso il “soggetto con denuncia fasulla”.

15) Obbligo di comunicazione (art.13)

Aspetto positivo è l’obbligo di comunicare al professionista l’avvio di una causa professionale, che lo coinvolge. Positivo il suo coinvolgimento attivo.

16) Fondo di garanzia per danni sanitari (art.14)

Bene l’istituzione di un fondo di garanzia. Ma male il fatto che esso non sia a carico del ministero della Salute e venga invece composto da contributi versati da parte delle imprese assicurative. Che, ovviamente, ne faranno ricadere i costi sui professionisti, con rincaro delle polizze professionali.
Bene il fondo, purtroppo (c.3) esso “concorre al risarcimento del danno nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie”.
In teoria esso dovrebbe “coprire” i buchi assicurativi delle aziende o dei singoli (c.7, punto a) o il fallimento delle assicurazioni (c.7, punto b).
È probabile che l’ANIA metta qualche paletto a questa parte del Ddl.

17) Nomina dei consulenti e dei periti (art.15)

Ottimo, questo articolo, con obbligo per il giudice di ricorrere a medici-legali e “a uno o più specialisti nella disciplina con competenza specifica”. Bene l’istituzione di specifici albi. Male la limitazione dei compensi di siffatti tecnici (c.4).

In conclusione

Che una legge sul rischio professionale ci volesse, “nulla quaestio”. Che il Balduzzi avesse risolto i problemi, l’avevamo negato, da subito.
Che il Ddl. 2444 sia dotato di capacità miracolistiche, lo neghiamo.
Che spetti al danneggiato la prova della “colpa del medico” potrebbe apparire ovvio, in un paese democratico.
Che esso, Ddl, blocchi i costi della medicina difensiva, non lo crediamo. Non siamo ottimisti come lo è Ennio Profeta, consulente di SanitAssicura (Sanità informazione del 15/01/17).
Che il livello dei risarcimenti venga calmierato dalla nuova legge, non lo pensiamo, in assenza di ulteriori, pesanti, interventi legislativi nel settore assicurativo.
Che la legge si basi ancor oggi sui “requisiti assicurativi minimi” e non sulla copertura totale del rischio delle strutture sanitarie, appare – a noi- carenza gravissima.
Che non ci sia certezza sui tempi del contenzioso e che le regole contrattuali siano bypassate, appare altrettanto “pericoloso”.
Non la pensiamo come Amedeo Bianco (ora strutturato nel Pd). Per Noi, “i diritti dei cittadini non sono piu’ tutelati ed i percorsi di risarcimento non sono piu’ chiari”.
Non la pensiamo come Guido Alpa: “Cambia l’onere della prova!”. Lo vedremo.

Insomma, dopo tanto tempo, si poteva fare di meglio. Prevedendo anche, ad esempio, un fondo di tutela legale dei sanitari, data la parziale copertura delle spese legali, da parte da qualunque assicurazione di tutela legale e data la previsione contrattuale di mancato rimborso delle spese legali, da parte dell’azienda, in caso di condanna del sanitario ed in caso di spese legali superiori alle tariffe minime.
Ma, da professionista, se devo difendermi voglio un “ottimo e costoso avvocato”, non un legale qualunque!
In definitiva, si tratta di una legge discreta ” ma non miracolosa” come pensa il relatore.
Infatti (e lo ribadiamo) nel penale si andrà in modo ancora più determinato e il penalista dovrà essere molto competente in materia sanitaria. Spiegazione rapida? Le linee guida salvano solo chi è sotto accusa per imperizia. Quindi il legale e il CT dovranno dimostrare che non si tratta nè di negligenza, nè di imprudenza: e secondo Voi sarà facile dimostrarlo?
Oggi, in parecchi, pensano che con questo Ddl i medici abbiano riacquistato la serenità nell’operare,ma tra un pò ci accorgeremo che la realtà sarà ben diversa.
Purtroppo.

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