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Perché Chiara Appendino a Torino sbuffa contro il governo per il Salone del libro

APPENDINO

Un’altra tegola sul Salone del Libro di Torino. Dopo il benservito rifilato alla Città dall’Associazione Italiana Editori, che ha preferito spostarsi a Milano, la principale manifestazione culturale del Piemonte registra un altro intoppo: il ministero dei Beni culturali si sfila dalla Fondazione del Libro, l’ente che organizza l’evento, dopo che un anno fa aveva annunciato la propria adesione. E con esso, pare pronto a fare un passo indietro anche il ministero dell’Istruzione. Un fulmine a ciel sereno che porta con sé nuovi grattacapi per gli altri soci della Fondazione, Regione e Comune, i quali proprio per fare spazio all’ingresso dei ministeri avevano deciso di modificare lo Statuto.

L’ANNUNCIO DI FRANCESCHINI

Sembrava tutto scritto, anzi, lo era: giusto un anno fa il ministro Dario Franceschini, in una lettera indirizzata al presidente regionale Sergio Chiamparino e al sindaco di allora, Piero Fassino, comunicava la propria adesione, riconoscendo “l’alto valore culturale” e il “costante e diffuso impegno nel campo editoriale svolto dalla Fondazione e dal Salone Internazionale del Libro di Torino, che è la più importante manifestazione italiana del settore e tra le maggiori a livello europeo e realizza un arricchimento culturale che il mondo del libro e della lettura offre a tutta la società italiana”. Il Mibact, assieme all’annuncio, portava in dote 300mila euro, e altrettanti il Miur.

I DUE SALONI

Ma in un anno, a Torino, è cambiato il mondo. Poco dopo vittoria della grillina Chiara Appendino, l’Associazione Italiana Editori, che già da tempo covava perplessità, ha deciso di trasferirsi a Milano. Un mossa che ha scatenato polemiche. Franceschini inizialmente ha provato a mediare: l’ipotesi di un grande salone costruito sull’asse Torino-Milano, con i librai sulla sponda sabauda e gli editori su quella meneghina è naufragata, soprattutto per l’opposizione di Torino, che l’ha vista come un declassamento. Risultato: in primavera ci saranno due Saloni del Libro. L’unico risultato raggiunto – si fa per dire – è stato scongiurare la sovrapposizione delle date. A Milano la manifestazione si terrà dal 19 al 23 aprile, a Torino dal 18 al 22 maggio.

IL DIETROFRONT DEL MIBACT

Se Torino è riuscita a limitare i danni, lo deve in buona parte al fronte compatto che si è instaurato fra la Regione, amministrata dal Pd, e il Comune a trazione grillina. Ma resta il fatto che il dietrofront del ministero ha spiazzato tutti, sotto la Mole. La notizia è arrivata due giorni fa: Rossana Rummo, direttrice del Mibact, pur non chiudendo totalmente la porta all’ingresso in Fondazione, ha lasciato intendere in un’intervista alla Stampa che di possibilità ce ne sono poche. Il motivo addotto è di natura contabile. Lo statuto prevede la responsabilità finanziaria dei soci nella gestione della Fondazione. In poche parole, se il ministero entra nella Fondazione, deve accollarsene i debiti. Gli stessi dubbi li avrebbe il Miur, anche se resta da capire come mai siano emersi soltanto ora.

L’ASSESSORE PARIGI: “IL SALONE DI TORINO HA UNA STORIA”

Insomma, tutto fermo. Certo, i 300mila euro stanziati non sono stati revocati, e dunque arriveranno da Roma, ma c’è una bella differenza fra diventare stabilmente soci di una Fondazione oppure erogare finanziamenti una tantum. E questa differenza l’hanno ben presente a Torino. “Saremmo certamente contenti dell’ingresso in Fondazione dei ministeri, del resto siamo passati da un assetto regionale a uno nazionale proprio per fare spazio a loro – interviene l’assessore regionale alla cultura Antonella Parigi –. Sapevamo che al Mibact erano in corso alcune riflessioni su alcuni pezzi dello statuto, ma tutto è ancora da stabilire. Ne parleremo sicuramente ancora, se ci saranno problemi li valuteremo e capiremo come risolverli. Io insisto nel dire che sul Salone del Libro la collaborazione con il Ministero sta andando avanti, sia sui contenuti che sui contributi. Non sono gli statuti a fare un bel Salone: sono il pubblico, gli editori e i librai”.

Resta il fatto che lo “scippo” milanese potrebbe essere fra le ragioni dei tentennamenti di Franceschini. Parigi, però, smorza. “Io sento un grande fermento nella squadra di lavoro, e sento anche l’affetto da parte del pubblico, non solo torinese, verso il Salone del Libro. C’è stata sicuramente una frattura con un pezzo dell’Aie, ma noi abbiamo deciso di continuare con il nostro lavoro, e io sento un’atmosfera molto positiva. C’è un’adesione anche ideale a ciò che il Salone di Torino rappresenta: l’editoria indipendente, una manifestazione con una forte connotazione culturale, un luogo di dibattito che ha una storia. Noi cerchiamo di sottolinearla al massimo, e ci sono le potenzialità per fare un ottimo lavoro”.

“CON APPENDINO COLLABORAZIONE TOTALE”

Parigi sottolinea la “collaborazione totale” con il sindaco e l’amministrazione comunale targata M5S. “Abbiamo lavorato insieme solo per il bene della città”. E a chi le fa notare che il passo indietro del Ministero potrebbe avere ragioni politiche, dovute proprio alla vittoria della Appendino, Parigi nega: “Non ho mai fatto retropensieri e non penso ci sia questa connotazione politica. Se il Mibact avesse un ripensamento non stanzierebbe 300mila euro. No, forse da parte loro vedo più il problema di voler mantenere l’equidistanza con Milano. Comunque non credo che la discussione sullo statuto possa inficiare il rapporto con il Ministero”.

E per quanto riguarda le motivazioni “contabili”? “Se sono superabili? Io penso di sì, non abbiamo problemi di bilancio”, ha detto Parigi.

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