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Che ruolo ha l’Italia nel possibile avvicinamento tra Serraj e Haftar in Libia?

Giovedì 16 febbraio a Bonn, in Germania, il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano e l’omologo russo Sergei Lavrov avranno un veloce incontro riservato a margine dei lavori del G20 ministeriale. Per quanto noto, il tema dell’incontro (che è stato deciso il 3 febbraio dopo una telefonata tra i due) sarà la Libia, e il tentativo europeo di cui l’Italia si sta facendo vettore (e in buona parte è stata promotrice) di coinvolgere la Russia nella stabilizzazione della crisi. Mosca è diventata un pedina necessaria dopo che qualche settimana fa ha reso esplicito il proprio appoggio al generale Khalifa Haftar, costruito “negli anni recenti” dice Sputinik, un media del Cremlino. Haftar è il generale che mantiene il controllo politico-militare dell’est del paese e fa maggiore opposizione al tentativo di rappacificazione mediato dall’Onu attraverso il premier designato Fayez Serraj.

Tra i due libici, secondo quanto rivelato all’Ansa, oggi, lunedì 13 febbraio, ci sarebbe stato un incontro al Cairo, che se sarà confermato ha un valore importantissimo (anche se l’ultimo faccia a faccia, di gennaio scorso, si era chiuso con un nulla di fatto). Per il momento non ci sono immagini che testimonino il summit, e non è chiaro quanto questo possibile avvicinamento voglia essere pubblicizzato o tenuto discreto: difficile però che dall’Egitto, paese che vuole giocare un ruolo in Libia e che per farlo ha scelto da tempo il sostegno ad Haftar, ma che da una mesata sta annunciando l’incontro, non escano indiscrezioni e foto nelle prossime ore. Intanto però i primi a dirlo sono stati i giornalisti dell’agenzia stampa italiana, grazie a fonti locali (Roma ha ottimi accessi ai lavori negoziali sulla Libia, e i giornalisti italiani buone fonti, di solito).

L’incontro tra Alfano e Lavrov è importante alla pari di quello intra-libico, che gode di queste spinte esterne orientate verso il dialogo. Roma sta scommettendo su un impegno con Mosca, perché i russi non sembrano troppo interessati nello spingere militarmente Haftar? L’Italia ha particolarmente a cuore la riqualificazione della Libia come stato unito, perché con Serraj ha già firmato un accordo sul controllo dei migranti, e l’intesa è stata poi benedetta dall’Unione Europea. L’accordo non gode di buona sorte in Libia, sia per questioni tecniche (sposta solo la crisi migratoria europea sul nostro territorio, dicono alcuni sindaci libici), sia perché viene considerato illegittimo in quanto Serraj non è ancora premier (è così, perché ancora non ha ricevuto la fiducia da parte dell’ultimo parlamento eletto, e anche per questo il peso interno di Haftar negli ultimi sei mesi è aumentato). E le dichiarazioni avverse di alcuni politici libici sono ospitate e riprese dai media russi, che in questo modo aumentano la confusione e permettono al Cremlino di giocare meglio le proprie carte. Sempre Sputnik, per esempio, dice che la Libia è attualmente governata da due esecutivi, uno a est che riceve il sostegno del parlamento eletto che si trova a Tobruk, l’altro a ovest rappresentato dal General National Congress. In realtà entrambi non hanno legittimità, ma quanto scritto non è un dettaglio perché significa che i media del Cremlino che sono imbottiti di narrativa, stanno comunicando che quello di Serraj ancora non può essere considerato un governo, nonostante sia internazionalmente riconosciuto come unico interlocutore.

L’Italia, con l’incontro Alfano-Lavrov, spingerà ancora in avanti il proprio ruolo diplomatico sul processo libico, dopo che già la scorsa settimana il premier Paolo Gentiloni aveva testato la disponibilità di Londra a un’eventuale apertura. Non è chiaro qual è l’ascendente di Mosca su Haftar, che secondo le visioni di Roma dovrebbe accettare l’inclusione nel governo Serraj, magari con un ruolo di comando militare ma inquadrato nelle istituzioni, però Haftar finora ha sempre detto di non voler accettare accordi.

Questo intenso impegno diplomatico sta attirando addosso all’Italia molte iniziative di protesta e segnali di inimicizia. Da qualche settimana, sia le opposizioni tripoline che quelle dell’Est hanno cominciato a battere una propaganda anti-italiana basata sul passato colonialista. Domenica in alcune città orientali ci sono state proteste (di dimensioni limitate e probabilmente orchestrate) in cui si sono di nuovo bruciate le bandiere italiane. Motivo: venerdì è caduto un elicottero Mi-35 impegnato nelle attività di Haftar in una zona desertica a sud di Sirte (Jufra) e un deputato del parlamento di Tobruk, Ibrahim Zagaid, su Libya Channel (tv basata in Giordania, paese che sostiene indirettamente Haftar) ha alzato contro Roma un’accusa surreale. Dice che ad abbattere il velivolo è stato un missile lanciato da una fregata italiana. Zagaid ha dichiarato che la notizia è stata fornita per primi da un giornale russo, l’Italia (ovviamente) nega qualsiasi coinvolgimento.

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