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26 aprile, il giorno della liberazione dei dubbi sul decreto Irpef?

Ci vuole pazienza, tanta pazienza, e in questi giorni di legittimi dubbi sui nostri conti e sui conti di Padoan che è salito “routinariamente” al Quirinale dove il famoso provvedimento IRPEF è stato firmato, qualche dubbio ci rimane. E cerchiamo di spiegare il perché senza tanti giri di parole.

Le coperture per il 2014 sono legate a tagli della spesa pubblica e a entrate una tantum con tante incertezze soggette a possibili contenziosi che saranno sollevati da alcune categorie come gli istituti bancari ai quali si è imposto “Il rientro“ di quei miliardi che noi, su queste pagine, indicammo come “sospetti di essere stati favoriti dall’operazione rivalutazione quote  Banca d’Italia”, operazione che ha sollevato dubbi persino dalla UE. E ora si chiede alle stesse banche private favorite (il 93% di Banca Italia non è pubblica!) di partecipare giustamente allo sforzo di rimettere in circolo risorse per il debito pubblico. Oltretutto se questi benedetti 80 euro che comportano la bellezza di 14 miliardi di euro di copertura dal 2015 in poi non dovessero essere strutturali, è chiaro che le persone NON li spenderebbero ma li risparmierebbero. E dunque i dubbi rimangono tutti che sia una manovra elettoralistica e il 25 maggio sarebbe comunque un cul de sac.

E’ giusto infatti sapere che i consumi  si contraggono, ma il risparmio gestito cresce e molto. Nel solo mese di marzo sono stati raccolti 18,8 miliardi di euro. Il dato migliore dal 1999 ma gli italiani  hanno paura  e cercano di difendersi. Certo ma impoverendosi risparmiando. Infatti la ricchezza non è aumentata, sia pure solo per alcune fasce di reddito, e i soldi vengono dai conti correnti e dai depositi monetari. Le famiglie italiane risparmiatrici li avevano tenuti da parte, pronti ad essere usati, poi hanno capito che gestendoli in quel modo perdevano delle occasioni,  e sicuramente non li hanno messi nei consumi. Quindi cercano gestori capaci di valorizzarli. Nel solo mese di marzo (ma la proporzione è abbastanza stabile) 14,5 miliardi vanno ai fondi comuni.

Fra questi la parte del leone la fanno i fondi obbligazionari, raccogliendone 7,9 (quasi 9 miliardi da gennaio). Significa che la gran parte del nostro risparmio confluisce verso strumenti finanziari che hanno una quantità considerevoli di titoli dei debiti sovrani. E ciò significa che i guadagni dei risparmiatori sono pagati dai contribuenti, quindi dai risparmiatori stessi, che, però, fanno un discreto affare rispetto ai contribuenti che pagano e non risparmiano. Insomma un delirio di ingiustizia.

Un’altra parte viene investita in fondi bilanciati o azionari. I risparmiatori non fanno  direttamente delle scelte, si rivolgono  a intermediari professionali, i quali hanno il compito di far fruttare al meglio quei risparmi. Per ottenere il risultato li portano dove la crescita produttiva c’è  e cioè nel mercato globale che intanto cresce. In buona sostanza  i nostri risparmiatori finanziano la crescita di paesi lontani, puntando a un guadagno finanziario inferiore al guadagno produttivo che quelli ne traggono. Dunque siamo chiaramente i camerieri del sistema  provando a campare di rendita finanziando quelli che si arricchiscono. Qui da noi si investe poco, perché rende poco ed è rischioso.

Mentre le aziende italiane che fanno risultati fantastici sono quasi tutte escluse da quel flusso di denaro. Il 70% di quei risparmi sono raccolti da fondi di diritto estero. Vuol dire che operatori internazionali si sono messi a fare la raccolta porta a porta, ma non  in Italia perchè chi fa quella raccolta si è dotato di veicoli non italiani,perlopiù lussemburghesi. Così che  il risparmiatore pagherà le tasse in Italia, con aliquote e patrimonialii (bolli e altro) fra le più alte dell’Unione europea, i gestori che compaiono come lussemburghesi irlandesi etc. pagheranno le tasse in quel Paese, approfittando delle aliquote più basse.

E intanto il governo aumenta retroattivamente la tassazione delle banche e delle compagnie assicurative, per la rivalutazione delle quote Bankitalia, consente a quelle stesse di avere società estere con le quali azzerano i versamenti fiscali in Italia. Insomma  il risparmio degli italiani è tassato in capo agli italiani medesimi, ma non a chi lo gestisce.

In Europa la materia fiscale non è oggetto di cooperazione e armonizzazione, ma di differenziazione e concorrenza e chi lo accetta passivamente, continuando a tassare spropositatamente, impoverisce l’Italia. Dunque entrare in Europa significa abbassamento della pressione fiscale, abbattimento del debito e taglio della spesa pubblica.

Ecco perché i dati sul risparmio ci serve conoscerli. Dunque informiamoci bene su tutto perché è utile sapere e capire per essere veramente cittadini e non sudditi ebeti.

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