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Perché sono triste per la crisi del Sole 24 Ore (e dei giornali di carta)

Vincenzo Boccia, sole 24 ore

La crisi del Sole 24 Ore ha trovato un momento di tregua, ma non si intravvede ancora la prospettiva di una soluzione. Gli incarichi ad interim possono svolgere soltanto l’ordinaria amministrazione. È sempre più evidente che la carta stampata è un residuo del secolo scorso. Per uno della mia età è una constatazione triste. Basti pensare che nel 1950 (io c’ero già) in un tipico paese sviluppato venivano venduti tra i 300 e il 350 giornali per ogni mille abitanti (uomini, donne e bambini inclusi). Nel Regno Unito addirittura gli acquisti salivano a 600 copie.

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Lo stesso rimpianto vale per l’arte tipica del XX secolo: il cinema. Nel 1937 Hollywood sfornava 567 film, quasi più di 10 ogni settimana. Anche in questo settore il capitalismo batteva il socialismo reale. L’Urss, l’anno successivo, dichiarò di aver prodotto solo 41 film.

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Con l’istituzione della Coppa del mondo nel 1939 (vinta dall’Uruguay) il calcio divenne uno sport internazionale. Le grandi stelle dello sport erano ancora in prevalenza dilettanti. Nel caso dei professionisti venivano pagati più o meno con uno stipendio di poco superiore a quello di un operaio specializzato, come nel calcio britannico.

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Ogni giorno ha la sua pena. E noi dovremo scontarne tante durante la campagna congressuale del Pd.

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Dagli antri muscosi e dai fori cadenti è riemersa, in una intervista a La Stampa, Maria Elena Boschi. A suo parare sono state questioni di scenario politico a far prevalere il No nel referendum del  4 dicembre. I contenuti della riforma invece erano validi, tanto che la sua bocciatura è stata un’occasione perduta. Certamente per lei. Non per gli italiani. Il giudizio sui contenuti della riforma l’hanno dato loro.

 

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