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Ecco gli ultimi subbugli del M5S a Genova, Roma e Strasburgo

BEPPE GRILLO m5s

I sondaggi continuano a premiarlo: l’ultimo di Index Research lo attesta al 30,2% dei consensi, stabilmente in testa alla classifica dei partiti, al momento, preferiti dagli italiani. Eppure non c’è quasi giorno in cui il M5S non sia costretto – a qualunque latitudine – ad affrontare grane, subbugli e convulsioni. La pena di oggi arriva da Genova, la città natale di Beppe Grillo, che in queste ore ha deciso di far sentire tutto il suo peso nella corsa per la scelta del nuovo sindaco del capoluogo ligure: dal suo blog – che poi non è suo il fondatore del MoVimento 5 Stelle ha lanciato il suo anatema contro Marika Cassimatis, l’attivista che lo scorso 14 marzo aveva vinto le comunarie pentastellate per la selezione del candidato alla successione del primo cittadino uscente Marco Doria.

LA SCOMUNICA

Una scomunica in piena regola (“ho deciso di non concedere l’utilizzo del simbolo alla lista di Genova con candidata sindaco Marika Cassimatis“), secondo Grillo giustificata dagli atteggiamenti e dalle simpatie poco grilline della cinquantatreenne professoressa di geografia. L’ormai ex candidata alla guida della città della Lanterna e alcuni altri esponenti della lista pentastellata alle elezioni genovesi sono stati accusati dal leader del M5S di aver “ripetutamente e continuativamente danneggiato l’immagine del MoVimento 5 Stelle, dileggiando, attaccando e denigrando i portavoce e altri iscritti, condividendo pubblicamente i contenuti e la linea dei fuoriusciti dal MoVimento 5 Stelle“.

L’INTELLIGENZA CON IL NEMICO

L’accusa è la più pesante che il codice pentastellato contempli: il tradimento, o meglio, l’intelligenza con il nemico. Con l’aggravante che si tratta di ex militanti usciti dal movimento tra le polemiche e dopo l’elezione nel consiglio comunale genovese ottenuta grazie ai voti del M5S. Secondo Grillo, Cassimatis e i suoi avrebbero avuto rapporti troppo stretti con Paolo Putti, Emanuela Burlando Mauro Muscarà, i 3 consiglieri del gruppo consiliare Effetto Genova, creato nel gennaio scorso anche sulla scia dell’espulsione di Federico Pizzarotti a Parma.

IL PUGNO DURO DI BEPPE

Una decisione irrevocabile – ha sottolineato ancora Grillo – in linea con la regola aurea del movimento in fatto di candidature: la decisione finale spetta solo e soltanto al garante. E cioè al leader. E quindi, ovviamente, allo stesso Grillo. Che ha anche richiamato il principio nel comunicato diffuso sul blog: “Il Garante del MoVimento 5 Stelle si riserva il diritto di escludere dalla candidatura, in ogni momento e fino alla presentazione della lista presso gli uffici del Comune di Genova, soggetti che non siano ritenuti in grado di rappresentare i valori del MoVimento 5 Stelle“.

STRATEGIA & TENSIONI

A questo punto, sarà un’altra votazione online degli attivisti genovesi a stabilire il da farsi (sempreché, beninteso, la decisione non dispiaccia troppo al fondatore): ritirare direttamente la lista del M5S dalle elezioni comunali del capoluogo ligure oppure candidare a sindaco Luca Pirondini, il secondo classificato alle comunarie di tre giorni fa. “Non lasciamo la mia Genova senza questa possibilità“, ha commentato Grillo, facendo chiaramente intendere per quale opzione batta il suo cuore. Una frase quasi sibillina, utile, però, a ricostruire l’assetto dei rapporti all’interno del movimento 5 stelle genovese. Nel quale – prima del voto sul web – si confidava che a trionfare sarebbe stato proprio Pirondini, anche forte della sua vicinanza a quella che viene ritenuta la principale rappresentante ligure dei pentastellati: la consigliera regionale Alice Salvatore. Una figura – raccontano i ben informati – fortemente in ascesa nel M5S e nelle preferenze di Grillo. “Il risultato della votazione degli iscritti non è quella preventivata dai vertici? E allora, via il simbolo“, ha commentato la vicenda genovese il quotidiano La Repubblica.

LE SOMIGLIANZE CON IL CASO BEDORI

La vicenda, almeno in parte, richiama alla memoria quanto accaduto lo scorso anno a Patrizia Bedori, che dopo aver vinto le comunarie milanesi, fu messa a tal punto sotto pressione da convincersi al passo indietro. Il successivo voto degli iscritti decretò così la candidatura di Gianluca Corrado, il quale però poi raccolse soltanto il 10,6%.

L’ULTIMA GRANA EUROPEA

Il tutto mentre a Strasburgo l’eurodeputata Daniela Aiuto annunciava la sua autosospensione dal movimento 5 stelle dopo essere stata coinvolta nell’inchiesta dell’Unione Europea sull’utilizzo dei fondi assegnati ai parlamentari. “Ho preso questa decisione per tutelare la mia persona e soprattutto l’immagine del Movimento 5 stelle“, ha commentato Aiuto su Facebook. Il sospetto è che si sia fatta pagare da Strasburgo uno studio sul turismo che sarebbe stato poi copiato, almeno in parte, da Wikipedia. Nel difendersi l’esponente pentastellata si è definita “parte lesa” e ha sottolineato le responsabilità della sua società di consulenza. “Provvederò personalmente a rimborsare le fatture già saldate“, aveva aggiunto ancora Aiuto.

I TRANSFUGHI DI STRASBURGO

Non un periodo felice, dunque, per il gruppo pentastellato a Strasburgo, lo scorso gennaio al centro delle polemiche per l’alleanza poi saltata con i liberali dell’Alde. Operazione politica che aveva creato non pochi malumori nella base e pure nella pattuglia europea dei cinquestelle, che in quell’occasione perse anche due membri: gli europarlamentari Marco Affronte e Marco Zanni. Il primo passato ai verdi, il secondo all’Enf di Matteo Salvini e Marine Le Pen. Entrambi in disaccordo con la decisione dei vertici del movimento di allearsi con Guy Verhosfadt, salvo poi tornare dallo Ukip di Nigel Farage dopo il no dei liberali.

LE FACCENDE ROMANE

In questo quadro si inseriscono infine le faccende romane di Virginia Raggi che, oggi – come da programmi – ha visto il presidente americano della Roma James Pallotta per discutere del nuovo stadio. “E’ stato un ottimo incontro“, ha commentato soddisfatto il numero uno della società giallorossa. “Il dialogo prosegue“, gli ha fatto eco in una nota il Campidoglio. Che, nel frattempo, si trova a dover risolvere un’altra questione: quella innescata dalle dimissioni del presidente dell’VIII municipio di Roma, il pentastellato Paolo Pace, di fatto costretto al passo indietro dall’ala ortodossa della maggioranza grillina in consiglio municipale.

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