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Vi racconto il nuovo inizio dell’Udc

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All’Hotel Parco dei Principi di Roma si è svolto negli scorsi giorni il consiglio nazionale dell’Udc. Un nuovo inizio, con amici antichi e giovani neofiti, qualche pezzo, strada facendo, si è perso, ma c’è la speranza di recuperarne tanti altri nel lungo cammino. Un’idea si riaffaccia. E’ quella democratico-cristiana, ma prima ancora “popolare”. Un’idea antica valida sempre per il passato, per l’oggi e per il domani, essa si incarna nel rispetto della dignità della persona umana con le sue esigenze, i suoi bisogni, le sue necessità, non solo di ordine materiale ma morale, spirituale, religioso.

La persona, quindi, al centro dell’azione politica, attraverso la partecipazione dei cittadini al governo della cosa pubblica. Da qui scaturisce l’utopia popolare, che si concretizza nell’organizzare una legge elettorale di tipo proporzionale con preferenze, in modo che la trasformazione dei voti in seggi sia il più possibile aderente alla volontà dei votanti; che il ruolo delle “autonomie locali” sia imprescindibile e rappresenti la spina dorsale istituzionale che sostiene l’intero Paese; che la partecipazione diventi condizione reale anche in campo economico con il coinvolgimento del lavoratore nei processi produttivi dell’impresa e nella distribuzione degli utili dell’azienda.

Un partito, quindi, democratico, popolare, europeo, d’ispirazione cristiana la cui prospettiva è favorire l’inserimento nella vita pubblica dei cittadini comuni, esclusi sino ad oggi da questo falso e becero bipolarismo da maggioritario, che niente esprime e niente propone. Ci sarà di certo chi obietterà, senza tante perifrasi, che proprio non si sente il bisogno di avere l’ennesimo partito, caso mai pure piccolo cespuglio. E’ vero, chi può affermare il contrario?

Esiste comunque un però. Dal 1994 ad oggi abbiamo assistito a una strana condizione: avere partiti senza culture e nel contempo culture senza partiti, è il caso del cattolicesimo politico. Per un lungo periodo di tempo il pensiero popolare/democristiano è scomparso dalla scena politica italiana, tanto è vero che in Parlamento tuttora è assente un gruppo politico proveniente da quella cultura di riferimento. Sarà utile, dunque, la riflessione su valori e principi che applicati in anni lontani hanno aiutato il popolo italiano a fare un bel balzo in avanti verso la crescita, lo sviluppo, il benessere? Può darsi, nessuno può avere certezze, il dubbio è nelle cose, ma constatato il desolante panorama che esiste in politica interna, ma anche fuori dalle mura italiche, vale la pena di tentare, soprattutto per rendere meno infelice la vita al ceto medio produttivo e a quei tanti concittadini diseredati, disagiati, poveri.

L’Italia deve puntare sulle politiche socio-economiche di inclusione, senza mai smarrire la via di scelte solidaristiche. Se è vero che viviamo oggi in questa società dei due terzi, è vero anche che gli esclusi non debbono essere abbandonati al proprio infausto destino, ma devono anch’essi essere partecipi del benessere che tocca i più fortunati. Nella storia dell’umanità è stato sempre così. Considerata l’esperienza dei partiti che sono attivi sulla scena politica, poco c’è da sperare, non avendo mostrato fino ad oggi di essere in grado di esercitare quella grande e peculiare virtù chiamata mediazione, tanto importante quanto essenziale, e che durante gli anni della cosiddetta prima repubblica fu utile a fare sintesi e a tenere insieme il sistema, grazie soprattutto agli uomini illuminati della Dc.

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