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L’America, Trump, Boeing e l’Arabia Saudita

La Boeing si aggiudicata una maxi commessa per 268 AH-64 Apache E, la nuova versione del più tecnologico elicottero da combattimento americano. Di questi 244 andranno allo US Army, mentre i restanti saranno venduti all’Arabia Saudita entro il 2022. Il valore complessivo del contratto è di 3,4 miliardi di dollari. L’intero progetto sarà realizzato a Mesa, in Arizona, anche sulla linea di incrementare la produzione interna fortemente spinta dall’amministrazione Trump. I velivoli che arriveranno in Arabia Saudita sono parte di una volontà nota del Regno di rafforzare il proprio reparto elicotteri.

BOEING DIPLOMACY

Il presidente ha da poco nominato un vice presidente operativo del gruppo BoeingPatrick Shanahan, come numero due del Pentagono (Shanahan dovrà affrontare le audizioni congressuali). Ma c’è un’altra circostanza che collega la notizia dell’affare alle recenti attività dell’amministrazione: il reset con i sauditi. L’amministrazione Obama si era portata dietro una situazione nervosa con Riad, il Regno era piuttosto seccato dall’approccio morbido di BO sulla Siria e soprattutto dal deal sul nucleare iraniano. Ora i sauditi vedono Donald Trump come l’inizio di una nuova stagione proficua nei rapporti; l’affare Boeing è un esempio.

IL RESET

Il presidente ha criticato aspramente l’intesa con l’Iran del suo predecessore, mettendo Teheran in cima alla lista dei nemici (“on notice” per una possibile azione militare punitiva se non rispettano i patti). Trump ha anche dichiarato di voler aumentare il proprio coinvolgimento regionale nella lotta al terrorismo, e per questo il vice principe ereditario Mohammad bin Salman l’ha definito “un vero amico dei musulmani” alla fine di una visita a Washington. Un aiuto davanti alle accuse razziste che hanno seguito i “travel ban”, ricambiando l’aiuto offerto in precedenza da Washington, quando il capo della Cia Mike Pompeo ha premiato il principe ereditario per il suo impegno nella lotta al terrorismo (alla faccia di chi accusa i sauditi di essere finanziatori occulti dei gruppi integralisti armati, per esempio i servizi segreti tedeschi, stando al leak di un rapporto riservato finito nelle mani della Seddeutsche Zeitung, in cui il BfV parlava di timori sulla diffusione del wahhabismo in Germania e di possibili derive violente collegate). David Weinberg esperto di Arabia Saudita del think tank Foundation for Defense of Democracies ha detto alla CNN che le parole riservate dal principe saudita a Trump sono state “adulatorie”, suggerendo che sono “frutto di una strategia” con cui Riad vuole invertire la rotta seguita nelle relazioni con Obama. Bin Salman ha addirittura fatto riferimento all’esperienza del Regno con il muro di contenimento creato al confine con l’Iraq, in una neppure troppo sottintesa benedizione del Wall trumpiano col Messico.

I SOLDI SAUDITI

Il non aver inserito l’Arabia Saudita tra i paesi a rischio terrorismo inclusi nel ban si è portato dietro varie polemiche, secondo cui la decisione di Trump era dettata da motivi di interesse. I sauditi hanno soldi e petrolio e per questo non sono colpiti, dicevano e dicono in critici: e in effetti a margine della visita bin Salman, che è l’ideatore della Vision 2020 (la strategia di differenziazione e ammodernamento dell’economia di Riad che passa per primo per la privatizzazione della petrolifera Aramco), ha annunciato “grosse opportunità” in vista per le aziende americane che intendono fare affari in Arabia e nuovi investimenti sauditi negli States.

LO YEMEN

Ma c’è anche un altro filone di polemiche contro i sauditi. Non da ultimo, in questo clima collaborativo, Trump ha aumentato le attività americane in Yemen, ufficialmente finalizzate alla lotta ad al Qaeda, ma anche come deterrente per le azioni degli Houthi. Sul suolo yemenita l’Arabia Saudita è alla guida della coalizione di paesi sunniti che sta combattendo contro i ribelli filo-sciiti del nord. La guerra si porta dietro una situazione tremenda, popolazioni stremate dalla fame, operazioni militari che spesso coinvolgono i civili, l’emergenza umanitaria abbinata agli scarsi risultati ottenuti da Riad (un Vietnam saudita). Trump sta pensando a sbloccare la vendita di missili guidati della Raytheon, fermata da Obama a dicembre scorso in risposta alle migliaia di vittime civili fatte dai raid indiscriminati dei sauditi – il dipartimento di Stato è già d’accordo. Il 16 marzo una barca con a bordo migranti somali è stata centrata da un missile di un elicottero poco lontano dalle rive yemenite del Mar Rosso. L’imbarcazione si muoveva con documenti dell’Unhcr, l’ufficio per i rifugiati delle Nazioni Unite che si sta occupando –tra le varie cose – di spostare parte dei richiedenti asilo somali scappati in Yemen verso il Sudan (erano fuggiti dalla Somalia per via della guerra, si sono ritrovati in Yemen dove ce n’è un’altra peggiore, sono circa 250mila). Non è chiaro chi abbia condotto l’attacco che ha portato alla morte di dozzine di migranti, ma i testimoni hanno detto che si trattava di un Apache. Dunque possibile fosse parte della squadra aerea dell’esercito e della guardia nazionale saudita che la vendita approvata in questi giorni andrà a rinforzare.

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