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I populismi visti da Occhetta, Baretta e Sereni

FRANCESCO OCCHETTA Populismi

Alla luce di vicende come l’elezione americana e il voto sulla Brexit, dello scenario con un’eventuale vittoria di Le Pen in Francia e dei 5 Stelle in Italia, e del diffondersi sempre più ampio in Europa di movimenti dalle tendenze illiberali, che propongono risposte semplici ma dalla difficile applicazione pratica, la sensazione è che se oggi c’è ancora uno spettro che si aggira per l’Europa, quello si chiama “populismo”. Dell’oggetto che però si cela dietro il termine, delle caratteristiche dei movimenti che vengono così definiti, della loro effettiva pericolosità e di conseguenza delle soluzioni da adottare per scongiurarli, se ne è parlato ieri al Centro studi americani nel convegno organizzat dall’Associazione per il Riformismo e la Solidarietà (Ares) in collaborazione con Comin & Partners, intitolato “Dal populismo al buon governo. Restituire dignità alla politica”.

I POPULISMI SPIEGATI DA PADRE OCCHETTA DI CIVILTÀ CATTOLICA

I populismi “usano il linguaggio della post-verità ma è il linguaggio della post-coscienza”, ha affermato lo scrittore di Civiltà Cattolica Francesco Occhetta. Per essi “il pluralismo è disvalore”, “disintermediano” e considerano le “élite pensanti sempre corrotte”. Il tema che così si ripropone è quello della volontà generale di Rousseau, ha osservato il gesuita, dietro cui però “c’è sempre un generale”: in questo modo il populismo si radica su una funzione moralistica della politica, dove “viene assunta la posizione di vittima e in tale dimensione comunicativa c’è un fondamento hegeliano, di uno spirito puro che si contrappone al materialismo storico”. E qualsiasi cosa viene detta, anche se falsa, “quando condivisa è vera”.

Una soluzione però per padre Occhetta c’è: “Ritornare alla dimensione della comunità, dove la politica deve seguire processi che si generano nella società”. Tornare cioè alla “mediazione politica, mentre si disintermedia tutto. Solo se le élite sono inclusive possono produrre buona politica”, mentre “se sono esclusive generano populismo”. L’esempio del Papa come antidoto ha pertanto una forte presa: “Bergoglio sa parlare ai populismi perché li ha conosciuti, e sa che è un vento a cui non si può rispondere con un vento contrario. Sta perciò a noi decidere ogni giorno quale materiale fornirgli”.

LA VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA SERENI: “VA RIPENSATA LA DEMOCRAZIA VERSO L’ALTO E IL BASSO”

Per la vicepresidente della Camera dei Deputati Marina Sereni (Pd) “il populismo ha delle ragioni legate a verità interne della crisi delle democrazie”, “si sovrappone alla tradizionale dialettica conservatori e progressisti, confondendoli”, e per questa ragione “interroga le famiglie politiche tradizionali”. È a partire, infatti, dal crollo dell’ordine bipolare che c’è stato un problema di governance globale, ha proseguito la deputata Pd di area franceschiana: “E questo i movimenti alter-mondialisti lo avevano intuito prima di altri”.

Per la Sereni inoltre c’è un discorso pubblico che “ci indica di ripensare i paradigmi del nostro benessere”, e con essi la stessa democrazia, “verso l’alto e verso il basso”: “cedere cioè sovranità a qualcosa che funzioni” e “ripensare partiti e cultura organizzativa”, dandosi “strumenti di partecipazione” e “ripensando i sistemi di protezione sociale dalle fondamenta”. Mentre invece, per esempio, “abbiamo regolamentato il traffico di influenze come reato, nonostante queste siano un fattore fisiologico e non patologico”, ha commentato la deputata: “pensiamo all’Alleanza contro la Povertà, che è stata uno strumento fondamentale” nella compartecipazione “all’iter della legge contro la povertà”.

IL SOTTOSEGRETARIO DEL MEF BARETTA: “SFIDARSI SULLE PROMESSE È UN MECCANISMO PERVERSO”

“In ogni tempo la politica ha giocato sulla demagogia per rastrellare consensi”, ha così concluso l’incontro il sottosegretario del ministero dell’Economia e delle Finanza Pier Paolo Baretta. “Quella moderna dell’immediatezza della comunicazione rischia però di tralasciare le visioni di medio periodo, che richiedono risposte strutturali”, ha affermato. E “il meccanismo per cui il popolo premia chi promette di più è perverso. È una condanna a priori, per cui il leader che vince è costretto a tradire”.

Elemento che porta il sottosegretario ad attestare la necessità di “un riposizionamento netto dei valori di fondo in cui crediamo”: “bisogna proporre solidarietà e senso di comunità in maniera radicale, accompagnati da una forte visione riformista”. “Non possiamo rincorrere i populismi”, ha proseguito: “Ho trovato desolante la posizione di Bersani sui 5 stelle. Finiremo per deprimere chi vuole aggregarsi su valori positivi”. Il fatto è che “i populisti danno risposte sbagliate a problemi veri”, ha concluso: “Il tema della rappresentanza è un tema di partecipazione democratica, che significa comunità locali, assemblee, volontariato, e non si risolve nella democrazia diretta e nello strumento del referendum”.

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