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Eni, cosa succede nel gas tra Egitto, Israele e Cipro

Claudio Descalzi

“Sviluppi significativi nell’esplorazione delle risorse energetiche nelle acque territoriali di Cipro: il nuovo quadro è in grado di avere un impatto potenziale su tutto il Mediterraneo orientale“: le dichiarazioni negli scorsi giorni del ministro dell’Energia di Cipro, Georgios Lakkotrypis – nell’annunciare l’assegnazione delle nuove licenze per le esplorazioni di gas naturale nella Zona economica esclusiva (Zee) del Paese – già fornivano, due anni fa, una chiara idea di come la strategica e contesa isola del Mare Nostrum stia giocando un ruolo centrale nel ridisegnare gli equilibri geopolitici, oltre che economici, di un’intera regione.

IL RUOLO DI ENI

Il colosso dell’energia italiano Eni è uno dei protagonisti della partita: a inizio marzo si è passati alla fase attuativa dell’assegnazione delle nuove licenze per le esplorazioni di gas naturale nella Zee di Cipro in cui la società del Cane a Sei Zampe ha una gestione in solitario (blocco 8) e ben cinque in partnership con altri soggetti.

Il nostro Paese potrebbe trovare in questa iniziativa un’alternativa alla dipendenza da Mosca e da Tripoli: “L’Italia che dipende dalle importazioni provenienti dalla Russia e dalla Libia, sta implementando un’alternativa per la propria futura sicurezza energetica, affidando all’Eni la responsabilità diretta e indiretta, di gestire equilibri molto fragili e potenzialmente dirompenti sui quali pesa l’incognita di Ankara”, ha scritto Laris Gaiser su La Verità.

Ankara aveva messo gli occhi sul gas di Cipro, con l’invio di una nave oceanografica alla ricerca del petrolio a un passo dalle acque greche e un’esercitazione militare proprio dentro la Zee cipriota. Ma anche Israele e Russia hanno forti interessi nella regione e il gioco delle alleanze e delle contrapposizioni ha esiti non sempre scontati.

LE PAROLE DI DESCALZI

Venerdì scorso il numero uno dell’Eni, Claudio Descalzi, parlando a Vicenza ha citato Carlo Calenda, il ministro dello Sviluppo economico, e «la sua consapevolezza della necessità di attivare il “canale Sud” del Mediterraneo, il grande hub che si sta creando tra Egitto, Israele e Cipro». Il capo azienda del Cane a sei zampe ha poi parlato dei conseguenti contatti con i ministri dell’Energia del nuovo asse energetico, «dove sono già stati trovati 3.500 miliardi di metri cubi di gas ma dove si potrebbe presto salire a 9 mila miliardi». Spiega che è tanto importante che «anche la Russia se ne interessa» e, in ogni caso, non dovremmo vedere il nuovo hub Mediterraneo «come conflittuale rispetto a Mosca: non solo per noi sarebbe complementare, perché ci servono l’uno e l’altra, ma ci eviterebbe di essere nelle mani di un solo fornitore».

LA QUESTIONE CIPRIOTA

Nel caso di Mosca, Cipro da anni rappresenta un solido alleato. È un centro bancario-finanziario strategico per gli imprenditori russi nella regione e una delle principali destinazioni degli investimenti diretti esteri di Mosca (oltre che del turismo marittimo dei russi); Mosca ha anche concesso a Cipro un prestito di 2,5 miliardi di dollari durante la crisi finanziaria del 2011 e i due Paesi hanno firmato un trattato di cooperazione militare nel 2015. La riunificazione dell’isola, in parte controllata dai turchi, faciliterebbe e velocizzerebbe lo sviluppo delle riserve di gas recentemente scoperte al largo di Cipro ma è qui che l’alleato russo potrebbe mettere i bastoni tra le ruote: il gas cipriota finirebbe per essere molto più economico da importare, rispetto a quello russo, per i paesi circostanti. Per questo la Turchia, che importa il 99% del suo gas, di cui metà dalla Russia, aveva un enorme interesse per il gas cipriota – e di qui l’aggressiva reazione all’avvio dello sviluppo di Eni e le altre aziende dell’oil&gas.

LE AMBIZIONI DI ISRAELE

Israele al contrario ha ogni interesse a favorire l’unificazione di Cipro, garanzia di uno sviluppo più agevole dei progetti dell’energia, come dichiarato anche dal nuovo ambasciatore israeliano ad Ankara Eitan Na’eh. Il paese mediorientale sta promuovendo il progetto del gasdotto EastMed che darà sbocco al gas di due vasti giacimenti offshore, di cui Leviathan è il principale, e a inizio marzo il ministro israeliano dell’Energia, Yuval Steinitz, è venuto a parlarne in Italia con le nostre autorità politiche e i possibili partner industriali (Snam).

EastMed sarebbe uno dei gasdotti sottomarini più lunghi del mondo, un progetto lungo, tecnologicamente complesso e costoso (quattro-cinque anni per la realizzazione, almeno 6 miliardi di euro di costi); dovrebbe essere realizzato da Edison, l’azienda italiana controllata dalla società francese Edf, in collaborazione con la società greca Depa, per trasportare il gas naturale israeliano dai pozzi dei giacimenti offshore al largo di Gaza e di Israele – ma anche il gas dei giacimenti offshore a Sud di Cipro – verso Grecia e Italia. Il fabbisogno energetico ellenico potrebbe essere interamente coperto dal gas israeliano e ne resterebbe anche per l’esportazione. “L’Italia e l’Europa hanno interesse a garantirsi un’altra fonte di approvvigionamento di gas, a parte quello proveniente dalla Russia o quella in corso di esaurimento dal Mare del Nord. Israele è un partner energetico serio e affidabile”, ha detto Steinitz.

IL RUOLO DELLA TURCHIA 

Leviathan dovrebbe entrare in produzione a fine 2019, ma Israele deve trovare un modo efficiente e relativamente poco costoso per esportare il gas, non facendosi tagliare fuori dal gas egiziano del giacimento Zohr di Eni, che contiene quantità ancora maggiori. Per far questo, Israele sta cercando accordi anche con la Turchia per un altro gasdotto sottomarino, più piccolo. Yuval Steinitz ha detto che i negoziati potrebbero concludersi già quest’estate; in tre anni, Israele sarebbe pronta a esportare gas verso la Turchia. I partner che stanno sviluppando Leviathan sono la statunitense Noble Energy e l’israeliana Delek Group hanno infatti intenzione di esportare in una prima fase verso la Giordania (accordo già firmato del valore di circa 10 miliardi di dollari) e Palestina ma in una seconda fase anche verso la Turchia, definita “non solo un grande mercato ma una delle principali economie della regione”, e l’Egitto, dove verrebbero utilizzati impianti per la liquefazione del gas ora inattivi. La Turchia, dunque, se da un lato sbuffa per non aver potuto mettere mano sul gas cipriota, dall’altro sarebbe pronta a dare il via libera all’importazione di gas israeliano che comunque le costa meno di quello russo. Un grattacapo per Gazprom: per questo gli osservatori tendono a pensare che l’amicizia della Russia per Cipro non si spinga così in là da favorire il processo di unificazione nazionale che Israele caldeggia.

LA PARTITA DI ENI

Il Mediterraneo si sta configurando come un’area di enorme interesse per l’industria dell’energia. Leviathan in Israele e Zohr in Egitto sono scoperte in grado di alimentare il business dei colossi oil&gas e intere economie per molti anni. Le riserve offshore di Cipro (Aphrodite) completano il quadro. Alla Gulf Publishing Company’s Eastern Mediterranean Gas Conference (EMGC) 2017, che si è aperta il 14 marzo a Nicosia, Luca Bertelli, Chief Exploration Officer di Eni, ha parlato delle attività di esplorazione e sviluppo del colosso italiano nella regione mediterranea, a partir dal mega giacimento Zohr in Egitto, e indicato che probabilmente nella regione ci sono altre risorse da portare alla luce: non a caso Eni chiama il Mediterraneo Orientale “the sea of gas” 

Nuove scoperte giustificheranno meglio gli investimenti in gasdotti per l’esportazione; il gas del Mediterraneo prenderebbe la via del sud per rifornire Turchia e Ue, purché ci siano l’accordo politico e la collaborazione tra i paesi interessati. Eni però non vive (solo) di politica e Gazprom e la Russia restano alleati irrinunciabili; l’italiana è tra l’altro il principale partner del colosso russo nel progetto South Stream, il cosiddetto corridoio del Sud per l’approdo in Europa meridionale di gas russo aggirando l’Ucraina e attraversando il Mar Nero. Non stupisce dunque il memorandum of understanding firmato a Mosca da Eni e Gazprom nei giorni scorsi con cui le due società esprimono il proprio interesse ad analizzare le prospettive di cooperazione che potrebbe portare allo sviluppo del corridoio del Sud di importazione di gas russo verso l’Europa, Italia inclusa, e ad aggiornare gli accordi relativi alle forniture di gas Russia-Italia. Il progetto ha subito diverse battute d’arresto ma, nel risiko del gas naturale del Mediterraneo, anche la Russia avrà le sue carte da giocare.

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