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L’esempio della Lega del filo d’oro all’evento organizzato dalla Link Campus

Rossano Bartoli, lega filo d'oro

Il 27 marzo all’Università degli Studi Link Campus University si è svolto il primo incontro di una serie di eventi che saranno dedicati alla collaborazione e all’open innovation.

”Modelli di gestione avanzata d’impresa: l’evoluzione manageriale delle organizzazioni no profit, il caso della Lega del Filo d’Oro”, questo il tema del primo appuntamento che ha radunato studenti, docenti universitari, startup e imprese.

L’innovazione sociale e la digital transformation non sono decisive solamente nei nuovi modelli di business, ma anche nelle organizzazioni senza scopo di lucro e nelle pubbliche amministrazioni, tenendo sempre come obiettivo finale modelli di organizzazioni che puntino a essere sostenibili, competitivi e inclusivi, con sempre le persone al centro, come auspicato dal World Economic Forum e ricordato dal presidente della Link Campus University Vincenzo Scotti e dal direttore del dipartimento di ricerca Carlo Medaglia.

I temi che riguardano la managerializzazione del terzo settore, dell’innovazione dei processi e dei prodotti, così come del fundraising, sono fondamentali adesso.

Tra i relatori del convegno c’era proprio il segretario generale della Lega del Filo d’Oro Rossano Bartoli (nella foto)Uno dei pionieri del fundraising in Italia – ha vinto l’Italian Fundraising Award 2015 nella categoria Fundraiser professionista – Bartoli ha spiegato che l’esperienza maturata in oltre 50 anni di attività dimostra che grazie al forte contributo della raccolta fondi, circa il 65% dei ricavi, si può realizzare un significativo sviluppo dei servizi.

La Lega infatti è presente in Italia in otto regioni, con l’obiettivo di mantenere un elevato standard del personale per rispondere ai bisogni degli utenti sordo-ciechi e pluriminorati psicosensoriali e delle loro famiglie. Ad esempio ogni persona ospitata nelle strutture residenziali dell’associazione è seguita da almeno due operatori professionisti.

Per tornare al campo del terzo settore, c’è da sottolineare che secondo l’ultimo censimento dell’Istat, relativo al 31 dicembre 2011, le istituzioni sono aumentate del 28% in dieci anni. Le istituzioni no profit contano infatti sul contributo lavorativo di oltre 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 271mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei. Inoltre, il peso della componente no profit nell’assistenza sociale risulta rilevante anche in termini di occupazione: 418 addetti no profit ogni 100 addetti nelle imprese.

Sul tema dell’innovazione digitale a servizio dei bisogni sociali è intervenuto anche Nicholas Caporusso, ceo della startup Intact e inventore di DbGlove, un dispositivo indossabile che digitalizza diversi alfabeti esistenti basati sul tatto, come Malossi e Braille, per consentire alle persone cieche e sordo-cieche di utilizzare tutte le funzionalità di un dispositivo mobile. I messaggi possono essere visualizzati sullo schermo, possono essere tradotti in discorso, oppure possono essere trasmessi via Internet.

È necessario quindi che di pari passo alla trasformazione digitale ci sia la conseguente preparazione e alta qualifica del management. E questo vale sia in generale sia quando si parla di no profit, dove la valorizzazione della persona trova la sua massima espressione sociale, etica e manageriale.

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