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Vi racconto il frastagliato fronte anti Erdogan in Turchia

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Si parla molto di brogli e irregolarità in occasione del referendum costituzionale in Turchia. Visto il giudizio dell’Osce e il clima in cui si è tenuta la campagna elettorale, direi a ragione. Ma vale la pena soffermarci sulle due parti in gioco e capire chi sia l’elettore medio del sì e chi l’elettore medio del no.

Per prima cosa, una riforma di tale portata molto spesso coincide con chi la porta avanti, quindi non è un’esagerazione dire che questo sia stato un referendum sul presidente Recep Tayyip Erdogan in persona. Il 51,41% di chi ha votato si fida di lui e delle sue idee e il 48,79% lo vede come una minaccia.

Le categorie che hanno votato sì alla riforma costituzionale sono sostanzialmente conservatori, persone religiose, appartenenti molto spesso alla destra islamica. I partiti a cui fa riferimento questo gruppo sono soprattutto l’Akp, il Partito per la Giustizia e lo sviluppo fondato da Erdogan e in parte il Mhp, il partito nazionalista, che ha appoggiato la riforma turca in parlamento e che però ha un elettorato spaccato a metà sull’approvazione o meno del referendum alle urne. Ci sono poi cittadini che provengono da esperienze politiche più estreme non rappresentate in Parlamento. Le motivazioni per cui hanno scelto di dare la propria preferenza a Erdogan sono legate sostanzialmente alle promesse di stabilità e di sviluppo economico e non disdegnano certo questa nuova identità nazionale che ha una connotazione sempre più religiosa, anti occidentale e con romantici richiami al passato.

Più complesso spiegare il fronte del no, soprattutto a chi pensa che il 48,79% abbia un profilo omogeneo e quindi sia un possibile interlocutore collettivo. Non potrebbe essere fatto errore più rilevante. In questa percentuale ci sono le esperienze politiche più disparate, tenute insieme da un’unica motivazione: la fine della democrazia nel Paese e l’islamizzazione. Ci sono almeno quattro categorie che possono essere individuate in questo 48,79%. La prima è quella di chi vota il Partito repubblicano del Popolo (Chp), sulla carta laico e moderato, ma filoeuropeo fino a un certo punto e legato in alcune sue correnti e programmi a politiche vetero kemaliste. Poi c’è il Partito curdo del popolo democratico (Hdp) che a partire dal 2013 ha cercato di staccarsi dalla lotta armata e che ha un programma aperto anche ai turchi, filo europeo e basato su una forte democratizzazione del Paese e più diritti per tutti. Poi ci sono persone che provengono da partiti comunisti o socialisti non presenti in parlamento o che addirittura non votano. Infine, c’è la seconda metà dei nazionalisti che ha qualcosa a che spartire con il Chp, ma nulla con quelli nominati dopo.

Come si noterà il fronte del sì è più compatto e riconoscibile politicamente. L’assenza di un leader di riferimento e il grandissimo sfilacciamento del fronte del no sono una delle cause per le quali, anche in mancanza di una vittoria netta e senza dubbi, Erdogan può assumere I toni di un trionfatore.

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