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Un think tank vicino a Putin ha pianificato l’ingerenza russa nelle elezioni Usa. Scoop Reuters

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Tre funzionari e quattro ex funzionari dell’intelligence americana hanno raccontato alla Reuters di aver esaminato due documenti che proverebbero le attività svolte da un think tank russo molto vicino a Vladimir Putin per cercare di influenzare le elezioni americane dell’8 novembre scorso. Reuters dice di non avere ulteriori prove, ma la notizia corroborata da sette uomini dei servizi segreti americani e pubblicata da un’agenzia nota per l’affidabilità di fonti e contenuti è di per sé un fatto rilevante.

IL RISS

L’istituto di cui parla l’esclusiva dell’agenzia inglese è il Russian Institute for Strategic Studies (Riss), diretto ai tempi della redazione dei dossier dal generale Leonid Reshetnikov, già generale della SVR, l’intelligence che si occupa delle questioni estere per la Federazione russa. Dopo un decreto presidenziale del 4 gennaio 2017, è attualmente diretto da Mikhail Fradkov, che dal 2007 al 22 settembre 2016 è stato direttore dell’SVR. Fradkov è un uomo molto vicino al presidente, e il Riss è considerato il laboratorio della politica estera del Cremlino.

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Foto: Kremlin.ru, da sinistra, Mikhail Fradkov, Vladimir Putin, Leonid Reshetnikov

TROLLING E PROPAGANDA

Un primo documento, che dicono i sette funzionari porta la data di giugno 2016 (piena campagna elettorale), conterrebbe un piano strategico per muovere una campagna di propaganda attraverso i social network (e i tanti account controllati dal trolling di stato russo) e i media outlet finanziati dal governo (Russia Today o Sputnik, per esempio) per favorire la vittoria di un presidente che potesse tenere una linea più morbida di quella tenuta negli ultimi anni da Barack Obama – il portavoce di Sputnik ha già commentato che si tratta di un “pacco di bugie”, ma questo genere di attività sono note ai servizi segreti occidentali che le classificano come “active measures. Non si fa direttamente il nome di Donald Trump, ma per quanto noto ai tempi della campagna elettorale, sicuramente il repubblicano aveva intenzione di concedere maggiori aperture alla Russia rispetto alla dem Hillary Clinton, che invece avrebbe ricalcato la linea Obama (forse con atteggiamenti anche più da falco).

LA CAMPAGNA DI DESTABILIZZAZIONE

Il secondo documento è datato invece ottobre 2016 e mette in guardia sulla imminente vittoria di Clinton (in quel momento i sondaggi dicevano che la democratica avrebbe chiuso con un vantaggio di 4-5 punti percentuali), suggerendo di alleggerire le posizioni pro-Trump russe e di iniziare a virare verso un’aggressiva sensibilizzazione dell’opinione pubblica americana sulla possibilità di brogli e truffe elettorali. Così si sarebbe messa in discussione la legittimazione del voto e screditata la reputazione della democratica, dicono le sette gole profonde, anonime per via lo status “classificato” dei documenti, alla Reuters. I funzionari aggiungono: entrambi i documenti sarebbero girati fino alle massime sfere del governo.

L’IMPORTANZA DEI DOCUMENTI

Questi due documenti del Riss ottenuti dalle intelligence americane sarebbero al centro delle conclusioni a cui è arrivata l’amministrazione Obama: la Russia ha costruito una campagna – fake news, disinformatia, propaganda – per favorire la vittoria di Trump e screditare Clinton (alcune informazioni su questo sono state rese pubbliche a gennaio) ha concluso l’Intelligence Community americana. A fine dicembre 2016 Obama aveva punito con sanzioni specifiche alcuni soggetti responsabili di una campagna di attacchi hacker contro i democratici durante la fase elettorale: i servizi segreti americani hanno provato che queste azioni sarebbero state ordinate dal Cremlino. Le fonti della Reuters dicono che sono stati un’attività separata rispetto alla road map proposta dal think tank putiniano – ma comunque le due operazioni si intersecano, perché molte delle fake news diffuse come campagna di disinformazione per colpire i dem arrivano da informazioni sottratte negli hacking e poi alterate ad uopo.

LE INDAGINI SULLE COLLUSIONI DEI TRUMPIANI

Sullo sfondo di queste ingerenze, le indagini dell’Fbi e delle Commissioni Intelligence del Congresso continuano a cercare eventuali collusioni tra la Russia e gli uomini di Trump. Su questo la notizia del momento riguarda Carter Page, un consulente per la politica estera della campagna Trump-2016, considerato uno degli uomini che potrebbe aver curato relazioni sporche tra il candidato repubblicano e i servizi russi mossi dal Cremlino. Page sarebbe finito a luglio sotto i radar dell’Fbi per un suo sospetto viaggio a Mosca, ma era già un elemento sensibile dal 2013, quando era stato chiamato a testimoniare sul caso di un’indagine di controspionaggio sua un agente dei servizi russi operativo negli Stati Uniti che avrebbe cercato di reclutare Page come spia. Secondo le informazioni pubblicate mercoledì dalla CNN, l’Fbi ha usato i dati contenuti nel discusso dossier redatto da un ex agente inglese (quello dei kompromat con cui i russi avrebbero ricattato Trump) per richiedere di mettere sotto controllo Page. Da lui, spiega il New York Times, sarebbero iniziati i sospetti sulle possibili collusioni al centro del Russiagate.

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