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Perché le banche popolari sono essenziali per la ripresa economica

Maastricht, popolari

La crisi economica che ha molto indebolito il nostro Paese con un crollo di oltre il 10% della produzione industriale ha sviluppato anche un dibattito sul sistema bancario. Un dibattito che però non è sempre lineare e trasparente come sarebbe invece utile. Con la crisi i problemi di bilancio hanno riguardato indistintamente tutte le banche, grandi e piccole, e a prescindere dalla forma di governance. In questo quadro, complesso, va segnalata la positiva “diversità” del Credito Popolare. Positiva perché non ha mai smesso di sostenere l’economia reale e le famiglie supportando un tessuto industriale fatto soprattutto di Piccole e Medie Imprese. Se il nostro Paese ancora gode di un minimo di coesione sociale, con numerose aziende in grado di competere sui mercati internazionali, buona parte del merito va anche alle Banche del territorio. Questo settore del sistema bancario gode di uno stato di buona salute. I dati di inizio 2017, per le Banche Popolari, sono positivi. Aumentano i depositi di oltre il 3%, quasi il 7% per quelli in conto corrente. Tornano ad aumentare, oltre l’1%, anche gli impieghi. I nuovi finanziamenti alle Piccole e Medie Imprese ammontano, nel solo mese di gennaio, a circa 2 miliardi di euro e confermano il dato del 2016 nel quale il flusso complessivo dei nuovi finanziamenti è stato di oltre 30 miliardi. I nuovi mutui, finalizzati all’acquisto dell’abitazione, che nel 2016 hanno superato 13 miliardi di euro, a gennaio 2017, sono stati pari a circa 1 miliardo di euro. Non solo. Le Banche Popolari italiane possono considerarsi sicure per i risparmiatori. Anche in questo caso parlano i numeri. Grazie a un impegno imponente in termini di patrimonializzazione, il dato medio delle Banche Popolari cooperative del Core Tier 1 ratio è pari al 15,6% – ben più alto del 7% richiesto dalla normativa prudenziale europea – mentre il Total Capital ratio è pari al 16,4%, – anche in questo caso maggiore del limite del 10,5% imposto dalla normativa. Quindi più sicure e più di quanto richiesto dalle regole imposte dall’Europa, che, su questo, dopo la grande crisi, sono diventate ancora più rigide.

Paradossalmente questo stato di equilibrio spiega anche il perché la “diversità” del Credito Popolare non sia né valorizzata né difesa a sufficienza. Le Popolari sono le più patrimonializzate e per questo fanno gola a molti. Ad altri, poi, converrebbe concentrare il mercato creditizio nelle mani di pochi grandi gruppi e creare, così, un oligopolio di facile gestione alla faccia del libero mercato e della concorrenza. Chi, invece, si pone l’obiettivo dell’uscita dalla crisi e della ripresa comprende il valore e l’utilità delle Banche Popolari del territorio. Mai come oggi, infatti, c’è bisogno, prima di tutto, di riprendere a finanziare l’economia reale e i consumi delle famiglie. Proprio quello che, da sempre, fanno le Popolari, punto di riferimento per le imprese, soprattutto quelle Piccole e Medie, e per le famiglie. In Italia, sono rappresentate dall’Associazione fra le Banche Popolari. 51 banche associate; 184 società finanziarie e strumentali; 250 corrispondenti; 5.273 sportelli; 1.028.000 soci; 6 milioni di clienti; 48 mila dipendenti; 270 miliardi di attivo. Nuove e numerose le adesioni da Brasile, Giappone, Thailandia e da diversi Paesi dell’Africa di Banche Popolari e Cooperative internazionali che operano sul mercato italiano. Ma il Credito Popolare e Cooperativo è una realtà in espansione in tutto il mondo. 200 mila istituti con 7000 milioni di clienti e 435 milioni di soci. 9 mila miliardi di euro raccolti e 7 mila di impieghi. Una realtà da sempre radicata per storia in Europa e Nord America ma in rapida e forte espansione in Sud America e in Africa e con una crescita esponenziale di interesse in Asia e particolarmente in Cina.

I circuiti virtuosi di relazioni tra imprese e Banche nei territori, grazie ai quali è possibile ripensare allo sviluppo delle economie locali e dell’inclusione sociale, si realizzano attraverso il coinvolgimento di soci e di clienti, le caratteristiche proprie della “diversità” del Credito Popolare. Oggi è possibile riprendere un cammino interrotto, alla fine dello scorso secolo, dall’euforia per i grandi players finanziari, spesso multinazionali e avulsi da qualsiasi responsabilità sociale d’impresa. Oggi, il Credito Popolare deve tornare ad essere considerato per quello che è: un valore aggiunto che, proprio nelle difficoltà economiche, politiche e regolamentari, ha arricchito il sistema bancario, anche oltre gli indicatori economici; una componente essenziale a sostenere la futura, e speriamo prossima, ripresa economica, in un sistema che, se vorrà essere vincente, dovrà necessariamente trovare nella biodiversità il suo maggiore punto di forza.

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