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Raffaele Cantone, l’Anac, i politici e le brache

Usa mattei, Giuliano Cazzola, Trump, movimento 5 stelle

Ne hanno fatto una Madonna pellegrina, gli hanno concesso una sorta di “jus primae noctis” su tutti gli atti pubblici, lo hanno elevato a Supremo Custode della moralità. Così hanno attribuito a Raffaele Cantone il diritto di veto sui provvedimenti legislativi che da lui possono essere “messi all’indice”, come facevano le autorità ecclesiastiche con i libri ritenuti pruriginosi o politicamente scorretti.

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La presa di posizione di Cantone sul decreto correttivo in materia di appalti pubblici (abbiamo dimenticato il pasticcio che il governo fece nella prima stesura, dove c’erano più errori che pulci nel pelo di un povero cane randagio?) mi ha ricordato un altro episodio di analogo tenore di 25 anni or sono, quando i componenti del pool di Milano (che si occupava dell’inchiesta Mani pulite) si presentarono in televisione – alla stregua di eroi omerici – a leggere un comunicato (incaricato fu Antonio Di Pietro che lo fece da par suo, incespicando sulle parole e gli accenti) contro il decreto Conso. Di fronte a quella reazione la politica calò le brache. Non è mai più stata in grado di riallacciarsi i calzoni.

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In una trasmissione televisiva dove si parlava di vaccinazioni, a me è stato chiesto se sono stato vaccinato. Ho dovuto dire di no per un fatto molto semplice: nell’immediato dopoguerra quando io ero bambino esisteva soltanto la vaccinazione contro il vaiolo (era un procedimento parecchio invasivo che lasciava grandi cicatrici sulle braccia). Così ho ricordato di aver sofferto di quasi tutte le malattie esantematiche, garantendo, però, che non fu un’esperienza piacevole, ma assai meritevole di essere evitata. Per fortuna, diversamente da tanti miei coetanei, non ho avuto la poliomielite. Altrimenti me la sarei tenuta perché anche il vaccino Sabin non era ancora stato scoperto e diffuso. La sperimentazione umana iniziò nel 1957; quel vaccino miracoloso venne approvato nel 1962.

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Attentato sugli Champs Elysées nel cuore di Parigi a poche ore dalle elezioni presidenziali. Ormai è chiaro: il terrorismo vota Marine Le Pen.

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Ma se a votare (indirettamente a causa della loro negligenza) la candidata del Front National fossero anche i Servizi? Già poche ore dopo la sparatoria la stampa internazionale era in grado di fornire notizie dettagliate sull’assassino: che era conosciuto e considerato molto pericoloso, che aveva postato su Facebook la sua intenzione di ammazzare dei poliziotti e quant’altro. Eppure nelle tecniche antiterrorismo si dà molta importanza alla prevenzione. Basterebbe agire come in Italia, dove le intercettazioni telefoniche sono usate a man bassa allo scopo non solo di scoprire e prevenire, ma anche di inventare di sana pianta dei possibili reati.

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