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Ecco come Trump combatte Pyongyang fra sottomarini e retorica

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Mercoledì tutti i cento senatori degli Stati Uniti sono stati invitati per un briefing riservato alla Casa Bianca concentrato “primariamente” sulla Corea del Nord.

L’incontro — una rarità, perché di solito i congressisti ricevano le informazioni a Capitol Hill — sarà condotto dai segretari alla Difesa Jim Mattis e di Stato Rex Tillerson, dal Director of National Intelligence Dan Coats e dal Chairman of the Joint Chiefs of Staff, General Joe Dunford. Domenica il capo delle forze armate Dunford ha avuto un incontro diretto allo Studio Ovale, e successivamente il presidente Donald Trump ha cenato con John McCain e consorte e con Lindsey Graham, due influenti senatori repubblicani, membri senior della Commissione Forze armate e ferventi oppositori del trumpismo.

Forse questi incontri domenicali hanno convinto il presidente a rendere partecipi direttamente i senatori su quello che sta accadendo e sui piani americani in atto. Una scelta certamente apprezzata dai legislatori, che prepara il terreno alle operazioni congressuali che si terranno in settimana. Mercoledì è stata anche annunciata la presentazione del memorandum per la riforma fiscale, per esempio, ed entro il 28 si dovrà votare il budget.

Il vertice dei cento ha un forte valore simbolico ed è indicativo che la concentrazione dell’amministrazione sul dossier-Nord è alta. E solleva un sospetto: Trump li ha riuniti per farsi autorizzare l’azione militare contro il Nord?

Oggi, 25 aprile, è un’altra delle date annunciate come possibili per un test nucleare di Pyongyang, che sarebbe celebrativo per festeggiare l’85esimo anniversario della nascita dell’apparato militare della satrapia. Nei giorni scorsi il dittatore Kim Jong-un ha assunto atteggiamenti da cattivo dei film. Prima ha partecipato a una pacchiana presentazione di un video dimostrativo su un attacco nordcoreano a San Francisco. Poi ha dichiarato di voler rispondere anche con le armi atomiche a un eventuale attacco americano e “cancellare gli Stati Uniti dalla faccia della terra” (toni da film, appunto). Poi ha detto di poter affondare in un sol colpo il gruppo da battaglia della “USS Vinson”, la portaerei nucleare che Washington aveva annunciato diretta al Nord ma che in realtà si trova ancora in acque lontane; ha partecipato a un’esercitazione a largo dell’Australia e ora incrocia con la marina giapponese nelle acque delle Filippine.

Pyongyang, oltre alle attività nel sito nucleare di Punggyie-ri, dove potrebbe essere di nuovo imminente il test, ha alzato il livello delle provocazioni arrestando domenica un cittadino americano, un insegnante di un’università cinese impegnato in programmi assistenziali (i detenuti con passaporto Usa in mano ai nordcoreani salgono così a tre).

Lunedì al porto di Busan, in Corea del Sud, è apparso il sommergibile nucleare americano “Uss Michigan”, e pare essere una di quelle armi nascoste di cui Trump aveva parlato giorni fa quando annunciava l’invio al Nord di una “grande armata”. Washington ha tutto il suo potenziale pronto all’azione, compresi i bombardieri strategici transatlantici B-2 Spirit, che insieme ai missili cruise delle navi nel Pacifico, sono l’opzione d’attacco principale.

Mentre pare che anche i russi abbiano mosso unità nella sottile striscia che lega la Federazione al regno di Kim, i cinesi, pedina fondamentale per sbloccare la situazione, avrebbero messo in allerta alcune basi aeree, dice la CNN. Informazioni entrambe smentite ufficialmente, invece negli ultimi giorni la Cina ha parlato di un proprio piano per demilitarizzare la penisola — pensando anche al massiccio dispiegamento americano in Corea del Sud, che disturba Pechino. Il piano ha un presupposto complicato che però solo i cinesi possono raggiungere: far rinunciare Kim all’Atomica. Il punto, come suggerisce un’analisi di Guido Olimpio del Corsera, è che al momento la Bomba “non è solo uno strumento bellico, ma anche uno studio per la sopravvivenza del suo potere davanti a minacce esterne”.

Lunedì, in un lunch con gli ambasciatori internazionali all’Onu, Trump ha invitato il Consiglio di Sicurezza ad alzare nuove sanzioni contro Pyongyang e ad affrontare il dossier con più solerzia e rigore. L’ambasciatrice americana al Palazzo di Vetro Nikki Haley domenica ha detto: “Un altro test missilistico da parte del Nord porterebbe ad una risposta militare da parte degli Stati Uniti. Stessa cosa se dovessero attaccare una nostra base”.

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