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Papa Francesco, Maurizio Crozza e i murales. Parla monsignor Dario Viganò

La gente veniva a Roma per vedere Karol Wojtyla e per ascoltare Joseph Ratzinger. Oggi, invece, viene a Roma per incontrare Papa Francesco“. Monsignor Dario Viganò ha scelto questa frase pronunciata dal cardinale francese Jean-Luois Tauran per iniziare a raccontare, ieri – nel corso dell’evento organizzato dall’associazione La Scossa – Bergoglio il comunicatore. La sua capacità di rivolgersi agli uomini e alle donne e di entrare naturalmente in sintonia con loro, di “bucare lo schermo con semplicità e normalità“.

E’ l’uomo dell’incontro e della prossimità, in grado di alimentare costantemente un flusso empatico“, ha commentato Viganò, che da giugno 2015 ricopre il ruolo Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede. “Lo spin doctor di Sua Santità“, l’ha definito qualche mese fa il settimanale l’Espresso. Un’etichetta che è sembrato rifiutare quando ha raccontato – intervistato dal presidente de La Scossa Michelangelo Suigo e dal numero uno di Earth Day Italy Pierluigi Sassi – il modo spontaneo e anche istintivo con il quale Papa Francesco comunica e si rivolge agli altri: “Decide quasi tutto lui, sulla base dei suoi criteri. E’ un uomo guidato dallo spirito di Dio. A Betlemme, ad esempio, ha scelto da solo di scendere dall’auto e di avvicinarsi al muro che separa Israele e Palestina e di mettersi a pregare là. Un’immagine che poi è diventata un simbolo“. Un uomo capace di ridere e di divertirsi ma che “si imbarazza anche un po’” di fronte ai murales di Maupal a Borgo Pio o all’imitazione che ne fa Maurizio Crozza intento a portare un frigorifero sulle spalle.

Tratti caratteriali che gli consentono di essere ascoltato da tutti, anche dai più giovani, con i quali ha dimostrato di sapersi mettere in connessione pure attraverso l’utilizzo delle ultime tecnologie, come ad esempio uno smartphone. Oppure con gesti semplici divenuti ormai di uso comune. Sono migliaia i selfie che Papa Francesco si concede con i fedeli e non solo. “Ma non è una questione narcisistica“, ha spiegato Viganò: “C’è l’idea che anche con’esperienza del genere si possa creare un’occasione di partecipazione, vicinanza e condivisione“.

Perché la prossimità anche fisica è uno degli elementi cardine che stanno caratterizzando il suo pontificato. “Anche dal punto di vista della prossemica la distanza con il Santo Padre, ormai, si è accorciata“, ha osservato ancora Viganò. Che ha poi raccontato anche qualche elemento inedito a proposito della macchina della sua comunicazione: “Nei video-messaggio spesso utilizziamo il gobbo: lui si lascia guidare ed è molto curioso“. Un aspetto, quest’ultimo, che lo fa rimanere sempre al passo con i tempi, nonostante la scarsa dimestichezza con la tecnologia: “Dice che, se fosse per lui, uno strumento tecnologico dovrebbe avere solo due tasti: uno per il volume e l’altro per il canale. Si riferisce alla radio“. Però – ha aggiunto ancora il prefetto della Segreteria per la Comunicazione del Vaticano – “Papa Francesco ha fiuto e conosce l’uomo. Laddove non arriva, domanda. E per questo non è mai un passo indietro ma anzi è un compagno di viaggio dei cosiddetti nativi digitali“.

D’altronde – nel corso di questi suoi anni al soglio petrino – è andata compiendosi quella rivoluzione digitale che ha già cambiato in profondità il nostro modo di informarci e di comunicare, e anche la Chiesa, inevitabilmente, si è dovuta adeguare. “Ma per noi la questione non riguarda prioritariamente la tecnologia“, ha commentato ancora Viganò: “La rete, certo, rappresenta un’importante opportunità. Ma non arriveremo mai alla cyber parrocchia. Il vangelo ha a che fare con la vita concreta. La Chiesa si fonda sul contatto diretto con e tra le persone“.

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