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Cosa dicono Bini Smaghi e Fitoussi su Europa, euro e Macron

Il saggio uscito per Il Mulino di Lorenzo Bini Smaghi ha un titolo paradossale: “La tentazione di andarsene”. Perché nel libro Bini Smaghi, già membro dell’Executive Board della Bce e ora presidente di Société Générale e ChiantiBanca, invita a fare l’esatto opposto: non solo a restare nell’Europa e nell’euro, ma a restarci convinti, a uscire dall’ambiguità della facile retorica antieuropeista e riportare l’Italia nel posto che le spetta a Bruxelles. Venerdì scorso alla Luiss l’autore ha presentato il libro con i suoi amici e colleghi della Luiss School of European Political Economy: Jean-Paul Fitoussi, Marcello Messori e Gianni Toniolo.

Forse proprio la sua esperienza alla Bce di Jean Claude Trichet, che lo ha confermato tra gli economisti di punta in Europa, ha permesso a Bini Smaghi di vivere il risentimento anti-Ue negli anni peggiori della crisi. Il suo libro ne affronta il volto più evidente, quello della sfiducia nelle istituzioni. In questo l’Italia è tra i primi posti in Europa: dal governo Monti a Letta passando per Renzi, la fiducia degli italiani nelle istituzioni dell’Ue è andata scomparendo. La teoria del “complotto” di un’Ue comandata da Berlino a danno dei paesi del Sud trova però una risposta simmetrica.

Per Bruxelles i Paesi del sud non lavorano abbastanza, non pagano i debiti, e si divertono con le donne, per parafrasare una sortita del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Chi ha allora la responsabilità di questa “dissonanza cognitiva” che porta a dare sempre la colpa all’Europa? In primis quei politici italiani che si dicono “europeisti” ma poi inseguono i populisti nelle critiche all’Ue: “Perfino Mario Monti alla fine del suo governo ha ammesso di aver esagerato con l’austerity rinnegando se stesso”. Poi il riferimento al braccio di ferro con l’Ue di Matteo Renzi negli ultimi mesi a Palazzo Chigi: “Quello di Renzi in Italia doveva essere il primo governo europeista dopo la crisi. Alla fine ha tradito questo suo europeismo per correre dietro ai grillini. Ma gli elettori preferiscono sempre la versione vera rispetto alla copia falsa”.

Per questo l’ex premier non è affatto il “Macron italiano”: “Chi è il Macron italiano? Non esiste, nel dibattito con Marine Le Pen lui non ha mai detto che la colpa di tutti i problemi è l’Europa. Macron è il primo vero candidato francese europeista. Mitterand, Chirac e gli altri prima di lui hanno fatto campagna elettorale contro l’Ue ma poi una volta all’Eliseo hanno cambiato opinione. Macron dice ‘dobbiamo cambiare la Francia per cambiare l’Europa’, nel nostro Paese si vuole cambiare l’Europa per evitare di cambiare l’Italia”.

Anche Fitoussi, che come è noto non è un ammiratore di questa Europa né tantomeno dell’euro, guarda a Macron con speranza e definisce un’eventuale vittoria della Le Pen “una totale catastrofe”. L’economista francese definisce Macron “un amico, uno con una cultura enorme, un riformatore che ha capito che l’Europa è il nostro futuro”. Per Fitoussi le cause della diffidenza delle persone verso l’Ue non sono tanto economiche quanto politiche. Innanzitutto si percepisce una crisi della rappresentanza, una sfiducia circa il reale peso politico del voto nazionale: “La gente ormai pensa che con il voto si può cambiare governo ma non tipo di politica: è quello che è successo con Tsipras quando è stato eletto in Grecia”. A questo si aggiunge che i Paesi membri sono sempre più restii a cedere sovranità a Bruxelles quando non ne scorgono i benefici: la crisi migratoria a cui la Grecia e l’Italia hanno dovuto far fronte da sole è un esempio lampante, “l’Ue è stata così incapace di affrontare il problema che ha dato a un mercenario, la Turchia, il ruolo di gestire le sue frontiere”.

“Ci sono allora due modi di abbandonare l’Ue”, conclude Bini Smaghi, “il primo è quello del Regno Unito: una nazione che fa una scelta difficile, si aggrega dietro al capo del governo e inizia a dialogare con i precedenti partner. Poi c’è quello della Grecia, che si è accorta di voler uscire ma non ha avuto la forza per trovare un’alternativa seria”. L’Italia deve evitare di rimanere in bilico e abbandonare “la tentazione di andarsene” se vuole contare in Europa: “il mio timore è che l’Italia rimanga attaccata all’Ue col cordone ombelicale ma incapace di incidere sul suo futuro: un atteggiamento del genere non farebbe che aumentare l’antieuropeismo e allungare la crisi”.

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