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Tutti gli effetti della vittoria di Macron sul centrodestra italiano. Parla il prof. D’Onofrio

L’Europa è diventata un elemento programmatico di fondamentale importanza: è questa la principale novità della vittoria di Emmanuel Macron. Non ha dubbi il costituzionalista ed ex ministro della Pubblica istruzione Francesco D’Onofrio, per il quale le presidenziali d’Oltralpe segnano un netto cambio di prospettiva rispetto al tema dell’integrazione europea. “Non è più il contesto nel quale si collocano gli scenari nazionali, bensì è ormai parte essenziale degli stessi programmi di governo“, ha osservato in questa conversazione con Formiche.net. Nella quale ha fatto anche il punto sull’impatto che il voto francese avrà sulla situazione politica italiana.

Professore, nel centrodestra che succederà? Macronismo o lepenismo?

Il centrodestra ormai è a un bivio, che descriverei seccamente in questo modo: o l’identità o il tentativo di vincere.

In che senso professore? 

Sarà fatta oppure no una lista comune con Matteo Salvini e Giorgia Meloni? Per vincere occorre che il centrodestra faccia una scelta comune e che vada alle elezioni unito.

Un centrodestra unito ma non lepenista?

Necessariamente, visto l’esempio che arriva dalla Francia. L’euro-fobia di Salvini e Meloni dovrebbe trasformarsi in più blando euro-scetticismo. In parole povere, l’Europa dovrebbe diventare un tema sul cercare un’intesa e non essere più considerata come qualcosa a cui essere pregiudizialmente contrari.

La sconfitta di Marine Le Pen offre in un certo senso un assist a Silvio Berlusconi?

Potrà utilizzarla per cercare di ammansire Salvini e Meloni. D’altronde Silvio Berlusconi ha già detto che con l’estremismo nazionalista non si vince.

In questo caso la leadership sarebbe dunque di carattere liberal-popolare?

In un contesto del genere spetterebbe o allo stesso Berlusconi – nel caso in cui il tribunale di Strasburgo lo riabilitasse – o a qualcuno di simile a lui.

Un liberal-popolare?

Lo definirei un riformatore europeo, che potrebbe rispondere al nome di Carlo Calenda o di Stefano Parisi. Per la precisione, più al primo che al secondo.

E se Salvini e Meloni non fossero d’accordo?

Vorrebbe dire che ha prevalso in loro l’idea dell’identità invece dell’obiettivo della vittoria. In questo caso ovviamente non ci sarebbe l’unità del centrodestra perché è facile immaginare che Berlusconi possa decidere di presentarsi in via autonoma, solo con Forza Italia. Di certo, comunque, la sconfitta di Marine Le Pen rende praticamente impossibile anche in Italia la vittoria di un centrodestra in salsa lepenista.

Nell’altro campo – nel centrosinistra – cosa immagina che accadrà?

Da quelle parti la questione che si pone è un’altra: procedere da soli oppure in alleanza con la cosiddetta sinistra-sinistra? La vittoria di Macron ha contribuito a dimostrare che si vince con un partito unito, il quale però si identifichi più con la sinistra classica.

Intende un Pd più centrale?

Intendo un Pd non più alleato stabilmente con la sinistra. Un Pd secondo il modello di Matteo Renzi, che ancora crede alla vocazione maggioritaria.

Vuol dire che non farà alleanze pre-elettorali?

Esattamente, non le faranno. Nessuno le farà: né il Pd, né il centrodestra unito, né il MoVimento 5 Stelle. Perché l’attuale legge elettorale attribuisce ancora un premio di maggioranza a chi raggiunga il 40%. Finché esisterà questa possibilità – che io considero un’illusione – cercheranno di vincere da soli. E non parleranno di alleanze. Solo dopo il voto questo problema si porrà con gravità per tutti e tre i poli.

E il MoVimento 5 Stelle invece? Lo vede più vicino a Macron o a Le Pen?

Non li definirei euro-fobici, ma euro-scettici. Non sono così vicini a Le Pen come alcuni osservatori vorrebbero far credere, soprattutto perché non sono iper-nazionalisti. La loro è una forza politica centrale, ma non centrista, nel senso che è in grado di cogliere pulsioni che definiamo di destra (la sicurezza, taluni aspetti dell’immigrazione) e altre di sinistra (i poveri, gli abbandonati, le periferie). Non commettiamo l’errore di considerarli di destra o di sinistra: sono strategicamente post-ideologici.

C’è qualcosa che li accomuna a Macron? 

L’enfasi con cui parlano della necessità di riformare l’Unione europea a partire dalla necessità di instaurare rapporti diversi e più diretti con i cittadini.

Cosa faranno in questo contesto i centristi? 

Potrebbe succedere qualcosa di simile a quanto accaduto nel 2008 quando non entrarono nell’allora Popolo della Libertà. O Silvio Berlusconi si fa protagonista di una scelta europeista forte oppure potrebbero andare da soli. Molto dipenderà anche dalla legge elettorale: non credo che vinceranno la partita per introdurre il premio di coalizione mentre potrebbero spuntarla sullo sbarramento. E, quindi, ottenere che non superi il 3% né alla Camera né al Senato.

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