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Perché Donald Trump ha nominato Callista Gingrich ambasciatrice Usa in Vaticano

A quattro giorni dall’atteso e travagliassimo incontro riservato tra il Papa e Donald Trump, la Casa Bianca ha ufficializzato che Callista Gingrich, moglie dell’ex speaker repubblicano della Camera dei Rappresentanti, sarà il prossimo ambasciatore presso la Santa Sede. A Washington sono convinti d’aver messo a segno un bel colpo: riempiendo la casella, si dimostra che Trump alle relazioni con la Roma d’oltretevere ci tiene, è che sua intenzione dimenticare l’incidente dello scorso anno quando reagì male a quella frase pronunciata in aereo dal Papa – “chi costruisce muri non è cristiano”.

LA RICERCA DI UNA SPONDA

Con le ultime note vicende che interessano la Casa Bianca, con lo spettro dell’impeachment ad aleggiare sul presidente in carica da quattro mesi, l’udienza con Francesco può tornare utile a Trump per distogliere l’attenzione dai problemi gravi che lo riguardano e per recuperare terreno e credibilità tra i cattolici americani. Insomma, l’idea sarebbe quello di un chissà quanto praticabile “gioco di sponda” con Bergoglio. Almeno così è nelle intenzioni dello staff presidenziale. Da appuntamento vissuto con fastidio, richiesto con enorme ritardo e considerato un elemento aggiuntivo, quasi un corredo al primo tour internazionale di Trump, ecco che l’udienza di mercoledì alle 8.30 del mattino assume tutt’altro valore.

IL CURRICULUM

Ed è in questo quadro che si inserisce la nomina di Callista Gingrich. Se confermata dal Senato, sarà rispettata la tradizione americana di inviare ambasciatori cattolici presso la Santa Sede. Cosa che accade fin dal 1984, anno dell’apertura delle piene relazioni diplomatiche tra Washington e il Vaticano. Dal 2007 Callista è presidente della Gingrich Productions, che produce documentari filmati, anche su tematiche religiose. Tra i suoi libri, “Riscoprire Dio in America”. E’ stata lei, terza moglie dell’ex speaker, a favorire la conversione al cattolicesimo del marito, avvenuta nel 2009. Si sono sposati nel 2000, un anno dopo il divorzio di Newt dalla seconda moglie. Dubbi, però, circolano da tempo riguardo alla domanda su quanto qualificata sia la prescelta per un ruolo che comunque è assai delicato. “Non è Mary Ann Glendon”, sussurrano in Vaticano, ricordando l’ex qualificatissima ambasciatrice mandata da Bush a Roma nel 2008 e sostituita un anno dopo da Obama. I commenti, però, al momento si fermano qui. Troppo caotica la situazione per poter esaminare con chiarezza il quadro completo.

RICOMPENSA ALL’AMICO NEWT?

Il nome di Callista Gingrich circolava dallo scorso gennaio, quando era stato incluso – avevano rivelato diverse fonti d’informazione – nella short list ristretta finita sul tavolo della Casa Bianca. Un modo per ricompensare anche l’ex speaker, fin da subito uno tra i pochi repubblicani ad appoggiare la candidatura di Trump alle primarie. Poi, però, anche a causa degli altri problemi e delle varie tempeste che si sono abbattute su Pennsylvania Avenue, l’iter ha subito un forte rallentamento, tant’è che si era anche vociferato di una Callista pronta a ritirare la propria candidatura (non ufficiale).

“BUON SEGNALE”

“E’ un buon segnale”, ha detto al sito cattolico Crux Francis Rooney, già ambasciatore americano presso la Santa Sede durante il secondo mandato di George W. Bush. Una posizione che, a suo giudizio, “ha bisogno di una forte relazione diretta con la Casa Bianca”, visto che “non comporta attività economiche”. E poi, “il personale al Dipartimento di Stato non è esattamente amico della Santa Sede”, ha chiosato Rooney. Tutto l’opposto dei coniugi Gingrich, come s’è visto. Cattolici e sostenitori di Trump dalla prima ora.

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