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I debiti, l’euro e la solidarietà

Si fa presto a prendersela con l’Europa “matrigna”. Ma – come scrive Lorenzo Bini Smaghi nel suo ultimo saggio ‘’La tentazione di andarsene’’ edito da Il Mulino – chi si fa carico dei debiti pubblici accumulati fino ad ora? Alla fine del 2016 il debito pubblico dell’area dell’euro era pari a circa il 92% del Pil, ma in alcuni Paesi superava la soglia del 100%, come in Italia (133%), il Portogallo (130%) o in Spagna (100%), mentre in altri era molto vicino alla soglia del 60%, fissato nel Trattato di Maastricht, in particolare in Germania (68%), nei Paesi Bassi (63%) o in Finlandia (65%) e in altri ancora ben al di sotto di quella soglia, come in Estonia (9%), in Lituania (45%) o in Slovacchia (53%). Come si comporterebbe una qualsiasi persona in società con altre, rigonfie di debiti ed ostinate a vivere al di sopra delle proprie possibilità, tanto da accumulare continuamente passività? Sarebbe solidale? O pretenderebbe una nuova linea di condotta?

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Domani si celebra l’anniversario del referendum istituzionale in cui nel 1946 gli italiani scelsero la Repubblica. È sempre rimasto il sospetto che quella scelta sia stata ‘’aiutata’’ nelle urne, nello scrutinio delle schede (molte furono annullate benché l’espressione del voto fosse semplice), nel ritardo con cui furono resi noti gli esiti delle votazioni (era ministro degli Affari interni il socialista Giuseppe Romita). Tuttavia, non si è mai andati al di là dei sospetti. La Suprema Corte di Cassazione certificò i risultati e il re Umberto II fece le valige e andò in esilio in Portogallo. Pagò le gravissime responsabilità di suo padre che favorì il regime fascista e le sue avventure militari, fregiandosi del titolo di re di Albania e di Imperatore di Etiopia. Poi, dopo l’8 settembre Vittorio Emanuele III volle che il foglio lo seguisse al sicuro a Brindisi, mentre il Paese precipitava nel caos.

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Viva la Repubblica, dunque, voluta legittimamente dagli italiani, tornati liberi dopo vent’anni in un Paese distrutto dalla guerra. Ma se anche – non è mai stato dimostrato – in quel 2 giugno la nascita della Repubblica avesse ricevuto un qualche aiuto, non potremmo che condividere ad apprezzare chi si prese quella responsabilità. La storia non va sempre avanti in modo lineare. Io non avrei nulla da eccepire se qualche mano benedetta provvedesse – qualora ci fosse questo rischio nelle prossime consultazione elettorali – ad evitare che il Paese cada in mano ai sovranpopulisti.

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La democrazia e la libertà, la tolleranza, lo sviluppo sociale ed economico, le regole del vivere civile sono valori troppo importanti per metterli in gioco nelle urne.

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