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Cosa deve insegnare il caso Banco Popular all’Eba

Banco Popular

Riprende in questi giorni il dibattito, a livello europeo, sul trasferimento dell’Eba, l’Authority comunitaria per il controllo delle banche, che qualcuno tempo fa ben avrebbe visto come destinata ad aver sede a Milano. A una decisione presto si arriverà. Opportunamente, il governo italiano sembra invece orientato a conseguire il trasferimento nel capoluogo lombardo della più importante Agenzia europea del farmaco, magari sostenendo l’aspirazione della Germania a ospitare l’Eba. Il caso ha voluto, comunque, che il ritorno di attualità dell’abbandono della sede londinese dell’Eba, in conseguenza della Brexit, si verifichi proprio mentre si rileva ancora una volta l’aleatorietà (per non dire la assai scarsa utilità) degli stress test confezionati dalla predetta Autorità. Scoppia in queste giornate, con il crollo del titolo in Borsa, il caso dello spagnolo Banco Popular, ieri comprato dal Banco Santander.

Il fatto clamoroso è che il Banco aveva superato pienamente lo stress test dell’Eba nel 2016. Poiché non si tratta del primo episodio di gravi disfunzioni nell’azione dell’Authority, ancora una volta c’è da chiedersi se non vada colta proprio l’occasione della Brexit per riordinare un architettura istituzionale che vede non solo una molteplicità di autorità e istituzioni europee (oltreché nazionali) tra loro indipendenti i cui processi decisionali sono poco compatibili con la necessaria rapidità degli interventi, come sottolineato dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, ma anche un’azione di alcuni di questi soggetti totalmente inadeguata, come, appunto, nel caso dell’Eba, a proposito della quale abbiamo più volte scritto su queste colonne rilevando la gravità delle carenze.

Che significato può mai avere la pratica dei test da sforzo, ai quali vengono sottoposte periodicamente le banche di rilevanza europea prefigurando scenari fortemente avversi, se poi accadono vicende quale quella del suddetto Banco che smentiscono clamorosamente la validità di tali prove? Oppure il rigorismo, spesso cieco, dei controlli vale solo per gli istituti italiani? Tra questi Soloni europei c’è mai qualcuno che paga per gli errori commessi o, invece, perseverano tutti come se mai nulla accadesse di negativo, nel pretendere di farci la lezione? Per predisporre questi test e per emanare una normativa pletorica, confusa, massimamente rigoristica, lontana dai migliori canoni della normazione, si tiene in piedi un’Autorità che non sarebbe mai troppo presto far scomparire con sollievo anche economico, considerato anche il notevole onere finanziario che verrebbe meno?

Ma se a ciò non si vuole, sbagliando, ancora arrivare, quanto meno la revisione, con relativi accorpamenti e diversa redistribuzione delle competenze tra le autorità e le istituzioni in questione, è un’eventualità che non può essere affatto tralasciata, al di là dell’intento dei tedeschi di vedere una delle istituzioni citate trasferire la sede nel proprio territorio. L’argomento riguarda anche la Vigilanza unica – che ugualmente è stata chiamata in ballo per il caso del Banco Popular – le cui competenze si intrecciano o comunque sono complementari con quelle dell’Eba. Del resto, alla stessa Vigilanza sono richiesti chiarimenti su questa vicenda spagnola, sulla quale farebbero bene coloro ( anche se molto pochi) che attribuiscono meriti a Francoforte a riflettere approfonditamente. È mai possibile che da queste istituzioni vengano solo moniti e presunti insegnamenti quando di questi ultimi esse per prime avrebbero bisogno?

(Estratto di un articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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